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Un banalissimo bug - III

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(segue) III – Eccoci dunque arrivati, in nome del “far presto” e dello “spender poco” all’ulteriore evoluzione di un progetto, quello del B-737, sicuramente di successo ma ormai datato (ha 50 anni) e, come abbiamo visto, non privo di punti deboli. Un progetto che ora deve affrontare la concorrenza sempre più aggressiva dell’A-320.


Tra l’altro, è stata proprio l’introduzione dell’A-320, con il suo fly-by-wire e la sua elettronica esasperata, a far dimenticare i vecchi difetti del B-737, che per molti piloti è divenuto il simbolo dell’aereo a misura d’uomo… quello dove si può ancora “staccare tutto e andare a mano” senza dover fare i conti con le diavolerie dei computer.

Ovviamente non è così, e l’elettronica ormai la fa da (quasi) padrona su tutti gli aerei di ultima generazione, così come sono ormai universalmente richiesti motori di nuovissima concezione: più silenziosi, più economici e più potenti,capaci di spingere senza problemi un aereo che nei suoi 50 anni di vita è cresciuto di quasi il 50% in lunghezza, del 25% in apertura alare e del 60% in peso massimo al decollo.

Però questi motori sono maledettamente ingombranti, lo spazio sotto le ali è quello che è, e l’ovalizzazione delle gondole motore non basta più a garantire la separazione minima richiesta per evitare contatti col terreno o ingestione di corpi estranei (FOD). E così, come era già successo in passato, i motori vengono spostati un po’ in avanti e il loro asse longitudinale viene leggermente inclinato verso l’alto.

Questione di pochi centimetri e di qualche decimo di grado, ma sono sufficienti ad avere notevoli ripercussioni sulla controllabilità dell’aereo, soprattutto alle basse velocità: con i motori piazzati sotto le ali, è normale che l’aereo tenda a cabrare se si aumenta il livello di spinta, e tanto più lo è a bassa velocità (perché le forze aerodinamiche che si sviluppano sul piano di coda sono inferiori) e con i flap retratti. E alla Boeing si rendono presto conto che questo momento cabrante, nel MAX, è talmente esasperato da richiedere una qualche forma di correzione.

Se così non fosse, le caratteristiche di manovrabilità dell’aereo sarebbero talmente diverse da quelle dei NG suoi predecessori da mettere in discussione la similarità tra i due aerei, con l’inevitabile aggravio dei costi di addestramento e la conseguente potenziale perdita di clienti: ecco dunque che nasce l’idea di un ausilio elettronico che, alle basse velocità, dovrebbe aiutare in maniera quasi “trasparente” il pilota a tenere basso il muso dell’aereo durante il pilotaggio manuale. Il nuovo sistema, che va contro la lunga tradizione Boeing di “dare al pilota il controllo completo dell'aereo”, si chiama Maneuvering Characteristics Augmentation System (MCAS), e viene progettato per agire in background, senza input da parte del pilota umano e indipendentemente da quello automatico.

La Federal Aviation Authority, la mitica FAA, considerata la massima autorità in materia a livello mondiale, che sovrintende al processo di certificazione dell’aereo, accorda in via preliminare il suo permesso all’implementazione del nuovo apparato, ponendo un limite all’autorità di movimento per ogni singolo intervento pari a 0,6 gradi di deflessione dello stabilizzatore, ma lo sviluppo e l’attualizzazione dell’impianto sono passibili di revisioni, e a giudicare dell’accettabilità di tali cambiamenti non è direttamente la FAA, ma un ingegnere “di riferimento” scelto tra i dipendenti Boeing.

Insomma, il controllato è diventato controllore, e quello che più stupisce è che nessuno ci faccia caso più di tanto. La realtà è che a questi livelli di sviluppo tecnologico e industriale il travaso di esperienze tra industria e autorità, spesso giustificato con la scusa della carenza di fondi e risorse da parte della FAA, è negli anni diventato pratica corrente. Gli interessi, industriali in primo luogo, ma anche politici in un settore strategico come quello dell’aviazione (civile e militare, perché Boeing gioca a tutto campo) hanno fatto il resto, destituendo di ogni efficacia il normale meccanismo di controllo che dovrebbe essere garanzia di sicurezza.

E questo spiega l’atteggiamento passivo tenuto dalla FAA dopo il primo incidente e la riluttanza ad intervenire anche dopo il secondo: si è arrivati all’assurdo di vedere compagnie aeree di tutto il mondo fermare i propri aerei senza che nessuna autorità glielo avesse richiesto. (continua)

(5 giugno 2019)

 

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