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Chi è il pilota...

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Tracciare il profilo delle caratteristiche salienti di chi esercita la professione di pilota forse, più che difficile, è assurdo. In ogni caso, sia nell’immaginario collettivo sia nell’idea che ognuno si fa del mestiere cosiddetto più-bello-del-mondo, c'è un’immagine che mediamente risponde ad uno stereotipo e che merita di essere verificata.

Generalizzando, si può dire che una certa percentuale di piloti, in effetti, risponde a caratteristiche abbastanza omogenee. E questa percentuale, che sia rimarchevole o meno, nel mondo in fondo piccolo del volo determina a grandi linee un clima o meglio un atteggiamento collettivo, uno spirito di corpo, che diviene distintivo del nostro mondo, pur avendo infinite sfumature e diversità com’è naturale che sia.

Veniamo quindi a quel novero di piloti con origini e motivazioni assimilabili.

In genere chi intraprende la carriera del pilota di linea ha motivazioni profonde che originano nell’infanzia. Anche qui siamo di fronte ad un cliché abbastanza scontato, chi da bambino non s’immagina Zorro o cow-boy o poliziotto, medico e così via?

Meno frequenti sono i bambini che divengono monomaniaci, cioè iniziano a costruire modelli di aerei, a leggere di tutto ciò che riguarda il volo a seguire con instancabile passione tutto ciò che vola e coloro che sono coinvolti nel mondo del volo, a disegnare ogni tipo strampalato di oggetto che dovrebbe volare. Se il virus attecchisce e rimane cronico poi s’inizierà a prepararsi per entrare effettivamente nel mondo aeronautico, si sceglieranno le scuole adatte, si seguiranno tutti i percorsi formativi ritenuti utili, addirittura sport ed alimentazione favorevoli a proiettare l’adolescente sulla linea di partenza per la grande avventura.

Se la salute e la volontà rimarranno all’altezza alla fine si tenterà la strada della professione, sempre che nel frattempo le famiglie e gli eventi casuali della vita siano stati propizi. Grande impegno e grandi sacrifici alla fine avranno la meglio sul mondo esterno, questo è a grandi linee il percorso del pilota integrale, vale a dire di quella persona che vede la sua realizzazione interamente legata al mondo del volo, che considera il volo come l’aria che respira e che dedica ogni piega della vita alla realizzazione della “missione”.

Che questo finisca per condizionare se stessi e il proprio comportamento nei confronti della società appare scontato; si produce così quel condizionamento professionale, quella deformazione della normalità, che poi fornisce materiale per la strutturazione dell’immagine del pilota.

L’immagine che viene percepita non è definibile direttamente positiva perché a fianco dell’alta considerazione per una specie di superuomini (e sempre più donne) che officiano il sacro rito della salvezza della vita propria ed altrui, esiste anche la percezione di persone narcisiste, arroganti, sempre dedite al vanesio assalto al sesso opposto, strampalati propalatori di bugie e fandonie varie.

Che in parte quest’immagine scaturisca dagli atteggiamenti di un certo numero di piloti non è negabile. Riuscire a definire meglio le ragioni di questo, forse non è un esercizio possibile. Bisogna anche considerare che, tra le motivazioni profonde che spingono dei giovani ad intraprendere la professione del pilota, ne esistono alcune definibili psicologiche ed in quanto tali legate alle famiglie ed all’ambiente dove si è sviluppata la personalità del soggetto. Alcuni immaginano di superare le inadeguatezze personali tramite il raggiungimento di una professione altamente considerata e questo ovviamente è scollegato poi dalla valenza e dalla caratura professionale che si raggiungerà, però condizionerà certamente i comportamenti.

Per fare un esempio: un pilota narcisista probabilmente eviterà un temporale nella stessa maniera di un pilota “normale”, ma magari parlerà a sfinimento di quanto è stato abile e forse sottoporrà ad un lungo annuncio sulla questione i passeggeri capitati su quel volo. Se un passeggero capita per due volte con un siffatto pilota, sarà tentato di considerare i piloti tutti “fanatici”, anche perché la maggior parte di loro non farà simili annunci e quindi non farà media.

In pratica sostengo che questa professione attira solo un certo numero di persone con un profilo psicologico stereotipato. Che poi la maggior parte dei colleghi non siano delle macchiette, ma dei seri professionisti purtroppo non conta in quanto è inevitabile che a dettare l’immagine non siano le persone “standard”.

(27 febbraio 2010)

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