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Portiere d'albergo

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Non so se questo possa in qualche modo consolare i malcapitati che attendono invano le loro valige davanti al nastro di riconsegna bagagli, ma inconvenienti del genere capitano anche agli equipaggi. A me è successo tre o quattro volte, ma la prima è quella che più mi è rimasta impressa nella memoria.

Ero all'epoca un giovane pilota di medio raggio. Tanto giovane, che stavo ancora facendo quello che si chiama il “periodo di ambientamento in linea”.

Durante i suoi primi voli da “vero pilota”, il neo assunto aquilotto, che ha già superato un corso teorico di base, un addestramento di quaranta ore al simulatore e una nutrita serie di “voli campo” sull'aereo che è destinato a pilotare, viene affiancato, oltre che da un comandante istruttore (o meglio “incaricato di linea”), anche da un altro primo ufficiale, più esperto, che ha il compito di aiutarlo a districarsi al meglio nei suoi nuovi compiti operativi.

Questo pilota in più, che in realtà non mette le mani sui comandi e siede su uno strapuntino alle spalle dei suoi due colleghi, viene scherzosamente definito “il sacco” ed è spesso fonte di preziose dritte e ottimi consigli, oltre che di bonarie prese in giro.

Ebbene, partiti da Linate nel tardo pomeriggio alla volta di Londra, io e il mio “sacco” avemmo la spiacevole sorpresa, arrivati a destinazione, di scoprire che un qualche errore di smistamento aveva fatto arrivare i nostri bagagli a Bari.

Poco male, li avremmo recuperati il giorno dopo al ritorno in Italia, e quella sera, anziché uscire a cena, mi feci portare qualcosa da mangiare in camera.

Ma al mattino dopo (la partenza era prevista nel tardo pomeriggio) ci venne voglia di fare una passeggiata per Londra, e qui cascò il proverbiale asino. Sì, perché il clima non era tanto freddo da giustificare l'uso di un anonimo cappotto (che infatti era rimasto a casa), ma nemmeno tanto caldo da consentirci di uscire in maniche di camicia.

Decidemmo così di affrontare Piccadilly Circus in divisa, col bel risultato di collezionare una ventina di richieste di informazioni in poco meno di un'ora: vedendoci andare in giro in coppia e in divisa, tutti ci scambiavano per un qualche genere di bobby.

Dopo una stoica resistenza, non ci rimase che rifugiarci prima in un negozietto di dischi e subito dopo in albergo. Sulla strada del ritorno, finalmente qualcuno ci riconobbe come piloti: il gestore di un chiosco, peraltro di origine italiana, dove mi fermai a comprare le sigarette.

Ma la soddisfazione durò poco, perché mentre mi attardavo a fumare davanti all'albergo, un tizio appena sceso da un'automobile mi ficcò in mano le chiavi perché gliela andassi a parcheggiare.

“Una carriera fulminante -commentò il comandante quando lo seppe- da pilota d'aereo a portiere d'albergo... complimenti!”

(4 marzo 2010)

 

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