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Volare senza volare

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Oggi stanno cercando di far passare un messaggio inquietante che ha già messo in allarme i sindacati internazionali dei piloti (ECA e IFALPA): che si possa addestrare un pilota esclusivamente al simulatore, senza passare per le missioni in volo, da solo.

Tutto ciò, sembra, al fine di abituare sin dall’inizio a pilotare un aereo in coppia con un altro pilota. Infatti, secondo questo argomento, oggi sono sempre meno richieste delle qualità stick and rudder (cioè la manualità per portare l’aereo, senza gli automatismi), ma il pilota è sempre più gestore di sistemi complessi ed altamente automatizzati.

Un piccolo problema è rappresentato dal fatto che nei simulatori non si può addestrare bene il pilota al brutto tempo. È, si, possibile simulare la turbolenza, il vento e la bassa visibilità, ma non si possono simulare nubi temporalesche, e soprattutto non si riesce ad avere la giusta percezione di cosa significhi volare in un cumulonembo e della sua pericolosità.

In definitiva, si cerca di far passare il messaggio: si può andare in volo anche senza avere confidenza con l’aria. Come se si potesse portare una nave, un traghetto senza aver speso un’ora in mare. Si è chiesto qualcuno cosa potrebbe succedere se il comandante titolare si sentisse male e i comandi passassero al giovane copilota che è stato addestrato esclusivamente in un simulatore di volo?

Negli addestramenti standard che conosciamo fino ad oggi, il pilota prima andava in aria, prendeva confidenza con tutta una serie di nozioni e soprattutto di sensazioni, come l’accelerazione di gravità, il senso di vertigine, il volo con assetti inusuali (a testa in giù, con virate sostenute, allo stallo), con bel tempo e brutto tempo. Poi si recava in un simulatore per imparare quelli che sono gli impianti e le avarie che, giustamente, non si possono mostrare in volo, come ad esempio fuoco motore, volo single engine, etc.

Se togliamo la parte iniziale, probabilmente, non riusciremo a far metabolizzare che delle nozioni al pilota in addestramento, con il rischio di fornire un errato livello di pericolosità.

Personalmente, da giovane pilota mi trovai in mezzo ad un tempo da lupi, con accanto un comandante esperto. Quando atterrammo lui era pallido, teso, mentre io ero assolutamente sereno. Semplicemente perché non mi rendevo conto.

Ed in questi casi calza perfettamente la massima di Flavio Oreglio: “quando tutti intorno a te perdono la testa e tu rimani calmo... probabilmente non hai capito il problema!”

(7 aprile 2010)

 

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