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Dal Corriere della Sera del 6 maggio 2010: “L’eroe dell’Hudson? Sbagliò manovra”. L’articolo, firmato da Alessandra Farkas, mira a smontare il mito del pilota americano Chesley Burnett Sullenberg, che ha goduto delle luci della ribalta in occasione dell’ammaraggio sul fiume Hudson, in seguito allo spegnimento dei motori del suo aereo.

Ad onor del vero, l’articolo non è originale, ma riprende a sua volta la requisitoria fatta da un giornalista del Wall Strett Journal, Andy Pastor, il quale, basandosi su alcune evidenze a suo dire determinanti, cerca lo scoop, ipotizzando nientepopodimeno che un complotto. Proprio così: un complotto per insabbiare le risultanze di alcune prove al simulatore, fatte da piloti “veterani”, che dimostrerebbero che l“eroe” ha sbagliato.

La cosa curiosa è proprio l’affermazione fatta dal giornalista: “Con il senno di poi, il pilota sarebbe potuto tornare sano e salvo all’aeroporto La Guardia”.  

Appunto.  Tutti sanno che il senno del poi è una scienza esatta. Sarebbe come dire che il capo della difesa aerea statunitense ha sbagliato a non inviare i caccia intercettori appena saputo del dirottamento degli aerei che avrebbero poi colpito le torri gemelle.  L’elemento sorpresa è determinante, quando si parla di fronteggiare un’emergenza. Al contrario, possiamo dire che la situazione affrontata da “Sully” era, oltre che imprevista, assolutamente improbabile.

Riascoltando le comunicazioni tra l’aereo e l’ente di controllo del traffico aereo e soprattutto le conversazioni tra i due piloti all’interno del cockpit, si percepisce una calma nell’affrontare un evento, che possiamo definire potenzialmente catastrofico, che basterebbe da sola a farlo definire eroe. Stava affrontando un ammaraggio, una manovra che non è quasi mai provata nei simulatori di volo, con due motori praticamente spenti. Tradotto per un pilota qualasiasi: ci sono buone possibilità che questo sia il mio ultimo volo.

Ha effettuato una manovra praticamente perfetta, ha istruito l’equipaggio a dare assistenza ai passeggeri, ha coordinato i mezzi di soccorso, comunicando tutto alla torre di La Guardia. Non ci sono stati né morti, né feriti.  In seguito all’incidente non si è mai vantato, non è mai salito sopra le righe anche di fronte alla stampa e alla commissione parlamentare che ha aperto un’inchiesta. Ha spiegato alcuni punti critici della professione pilota come pochi altri piloti potrebbero fare.  Insomma, non è un eroe. Dovrebbero farlo santo subito.  

Non altrettanto fortunati sono stati i due piloti del volo Tuninter 1153 del 6 agosto 2005, protagonisti di un evento simile quando si sono spenti tutti e due i motori a causa di un indicatore carburante non idoneo, installato sul quel particolare tipo di aereo.  Purtroppo, in quel caso non andò bene, anche perché l'ammaraggio in mare è più complicato che su un fiume, causando la morte di alcuni passeggeri. Sono stati entrambi condannati a dieci anni di reclusione sulla base di prove effettuate al simulatore da un ingegnere che, inserendo i dati del volo, è riuscito a dimostrare, al decimo tentativo, che si poteva raggiungere l’aeroporto di Palermo Punta Raisi.

Una vera idiozia, che però non ha ancora avuto una contro-argomentazione efficace.

Nel frattempo, le risultanze dell'inchiesta tecnica condotta dall'NTSB sull'incidente dell'Hudson stanno ormai per essere rese pubbliche, e ci ripromettiamo di illustrarle in queste pagine.

Anche per questo esiste ManualeDiVolo...

(8 maggio 2010)

 

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