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Il Salto dell'Angelo

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Il Salto dell’Angelo è il nome italiano di un luogo che in effetti avrebbe un nome ben differente, benché l’assonanza, sia in spagnolo che in italiano, faccia pensare proprio a questo concetto. In verità in spagnolo si chiama Salto Angel, dove salto significa cascata e Angel è riferito al cognome del casuale scopritore.

E anche se in fondo è stato proprio un volo d’angelo a dare il nome al luogo, ora il presidente del Venezuela pare aver dato termine a questa gustosa schermaglia lessicale: Chavez ha ribattezzato le cascate più alte al mondo Kerepakupai Meru (loro nome indigeno nella lingua Pomon, che significa la cascata nel punto più profondo) "perché -ha detto- sono proprietà indigena, nostra, aborigena”.

Si tratta della cascata più alta del mondo (979 metri, con una caduta ininterrotta di ben 897), e si trova in Venezuela, nella regione di Canaima, nel cuore della foresta amazzonica dello Stato di Bolívar, ed era, insieme alla montagna dalla quale cade, considerata sacra.

La leggenda di questa cascata narra che il suo scopritore, James Crawford Angel, un bizzarro ed avventuroso pilota americano, mentre sorvolava con il suo monomotore nel 1937 la regione venezuelana, fece un atterraggio sul monte Auyan Tepuy (la montagna del diavolo). Questo fatto dai contorni veramente romanzeschi portò a quella che venne definita l’ultima scoperta geografica. Ma gustiamoci questa storia davvero straordinaria.

Jimmy Angel, pilota della prima guerra mondiale, era volato in Venezuela in cerca di avventura e, come logico in un personaggio del genere, anche di oro. Fu l’iniziatore di un’epopea che gli aviatori di tutto il mondo, i pionieri che avevano dato le ali alla prima guerra mondiale, svilupparono sull’area verde più grande del mondo. Questa pagina di storia dell’aviazione, tra le più audaci e sconosciute, è nota come il periodo dei “piloti della giungla” o bush pilot.

Il capostipite dei bush pilot aveva sentito parlare di fiumi che scorrevano in cima ai tepuy, tanto ricchi di pepite d’oro che era possibile raccoglierle con le mani. Grazie alla sua abilità di pilotaggio (si diceva che fosse capace di atterrare su un dime (la moneta da dieci centesimi di dollaro), si arrischiò ad una missione del genere, dopo averne svolte molte altre per conto terzi.

Riuscì a prendere terra sulla cima di uno di questi picchi ma avendo calcolato male l’effetto delle piogge dei mesi precedenti rimase impantanato. Illeso, Angel camminò per oltre 10 giorni lungo il Rio Carrao raggiungendo il primo posto abitato, raccontando che aveva preso terra sulla cima di un pianoro alto circa tremila piedi  che dava origine ad una immensa cascata che arrivava sino ai piedi della rupe.

Quattordici anni dopo la scoperta, il Salto Angel, che nel frattempo era stato battezzato col nome dell'intrepido pilota, fu esplorato da una spedizione che risalì il fiume a bordo di canoe motorizzate e la supposizione di Jimmy Angel trovò conferma: la cascata si rivelò effettivamente la più alta del mondo.

Il pilota morì in un incidente aereo nel 1956 e le sue ceneri furono disperse sul Salto Angel. Ancora oggi sulla cima della cascata vi è una riproduzione dell'aereo che sorvolò il Salto. L’originale, recuperato e restaurato 33 anni dopo, è oggi in mostra  all’ingresso dell’aerostazione di Ciudad Bolivar.

Considerato una delle principali attrazioni turistiche del Venezuela, il sito era divenuto popolare tra gli equipaggi delle compagnie aeree proprio per il fatto singolare di essere stato scoperto da un pilota, e anche perché, almeno fino a qualche anno fa, durante le soste a Caracas era possibile fare una breve escursione nella misteriosa foresta che celava la rupe (Tepuy in lingua locale, una specie di monolito che si erge dalla giungla) dalla quale si getta il corso d’acqua. In genere dopo l’arrivo e un breve ristoro a Caracas, si prendeva un volo per la foresta centrale dell'Orinoco.

La notte passata a dormire in amaca, tra il fiume e la cascata, nel silenzio più totale rotto solo dal continuo scorrere dell'acqua, tramutava la frettolosa gita turistica in un’esperienza fantastica. La passeggiata dietro il ‘Salto el sapo’, alto circa 120 metri con un portata di acqua impressionante e il brivido di lasciar scorrere le acque rossicce sotto una improbabile canoa davano ai due giorni che si passavano a Canaima un sapore di avventura che a volte ha fatto anche nascere qualche improvvisato “amore”.

L’atmosfera in bilico tra natura e leggenda ha anche ispirato molti romanzi, il più bello a mio parere “Cielo verde” di Folco Quilici che è un affresco sui tempi e sui personaggi coinvolti nella leggendaria scoperta delle cascate più alte del mondo.

(17 maggio 2010)

 

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