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Gli stormi del sacrificio

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Le testimonianze sui kamikaze italiani sono frutto delle memorie di alcuni importanti aviatori. E anche se negli archivi non si sono trovate fonti documentali a conferma dei racconti, le ricostruzioni dei fatti sono incontestabili.

Il Generale Pilota Corrado Ricci accenna all’idea italiana degli stormi del sacrificio nel 1935, nell’introduzione all’edizione italiana del libro sui kamikaze “Vento Divino”(Longanesi), scritto da due comandanti giapponesi di quei reparti.

Il Generale Ricci racconta per conoscenza diretta che alla richiesta aderì un buon numero di volontari, ai quali venne promessa, come speciale ricompensa per il sacrificio della vita, una stele-ricordo nella piazza principale del paese natio. In ogni caso, durante la seconda guerra mondiale, anche quando la lotta contro potenti flotte nemiche divenne d’importanza vitale, tali sistemi non vennero mai riesumati e nemmeno ricordati.

In seguito Emilio Bonaiti per l’Istituto di Cultura e Storia Militare scrive: “La Regia Aeronautica del Generale Francesco Pricolo”, in tale articolo si racconta del previsto utilizzo di un tipo di aereo, il  Fiat BR 3. La progettazione di tale aereo risaliva alla fine della Grande Guerra: entrato in servizio nel 1924, fu proposto per costituire gli Stormi del sacrificio i cui piloti, antesignani dei kamikaze giapponesi, erano pronti a schiantarsi sulle tolde della flotta della “perfida Albione” nel corso della guerra etiopica.

La stampa parigina e londinese fece tutta una serie di illazioni su questi piloti, accompagnate da sarcastiche valutazioni della potenza della Regia Aeronautica.:"Antiquati, male armati, di scarsa velocità, di insufficiente autonomia, facile e sicura preda della difesa e della caccia avversaria", era il giudizio reale che decretò l’inutilità, e l’inapplicabilità della strategia suicida.

Un altro documento ci indica che l’idea delle squadre di attacco suicida fu realmente sviluppata per un certo periodo. Il fatto è portato alla luce da un articolo sul Corriere della sera del 2 aprile ’96 a firma di Enrico Mannucci, e si tratta di una lettera scritta al fratello, sempre nel 1935 da Mario Fucini, all’epoca tenente colonnello della regia Aeronautica alla 77esima squadriglia di stanza a Mirafiori.

La lettera è del 15 novembre del 1935, all'inizio della campagna di Etiopia, ed è stata casualmente ritrovata: Mario Fucini, asso dell'aeronautica, rivela un piano di azioni suicide in guerra.

“Comincio con una confidenza con la quale ti chiedo, appunto, col tuo giuramento, l'assoluto segreto con chiunque. E' stato comunicato dai comandanti di zona, in un rapporto a tutti i piloti, che si dà facoltà ai piloti stessi di chiedere, indirizzando personalmente una lettera a Mussolini, di offrire col giuramento la propria vita per delle Azioni speciali nelle quali il pilota si impegni, in caso di guerra, a portare a segno col proprio apparecchio un siluro o una bomba contro una nave, cioè, pare, a colpire la nave non col solo siluro o con la sola bomba, ma con tutto l' apparecchio, lasciandoci la vita”.

Prosegue la lettera : “L' offerta deve restare segreta perché non si vuol destare emulazione su un compito che equivale a un suicidio. Nel rapporto fu detto che sono previsti provvedimenti economici per le famiglie di chi in tal modo si sacrifica. Ti avverto, e qui è il segreto che devi tenere, che io sono in questi giorni in una penosa indecisione per l'intenzione che ho di offrimi per queste azioni. La decisione la prenderò quando avrò potuto sapere se si tratta proprio di morte sicura o se il pilota ha qualche possibilità di salvezza, se, cioè, si ritiene sufficiente, per esempio, lanciare il siluro o la bomba a pochi metri dalla nave senza proprio urtarvi con l'apparecchio, ciò che non ho ben compreso nel rapporto, e che sarebbe anche poco pratico per lo scopo che si vuole ottenere, e che dovrò chiarire con molto tatto parlandone coi miei superiori, dato il segreto che è stato imposto alla cosa”.

E ancora: “Se questa offerta non la farò, non credo di cadere nel ridicolo davanti a me e a te che conosci questo segreto, perché in ogni modo so che non solo farò tutto il mio dovere, ma più assai del mio dovere, tanto da ritenere molto probabile la mia morte (il generale Fucini visse sino al 1 settembre 1977, ndr), data anche la maggiore micidialità dei mezzi di oggi e la durezza della guerra a cui ci prepariamo. A quanto pare, anche da quanto ci è stato detto in questo rapporto, e questa proposta segreta lo conferma, la guerra c’è da aspettarsela presto: io credo a primavera”.

Più avanti aggiunge: “Pare che duecento di queste domande siano già state fatte”.

Quanto alla dose notevole di ardore sacrificale necessaria, è il medesimo Fucini a ricordarla e motivarla: “ti prevengo che in questa mia intenzione non c’è la minima traccia di esaltazione impulsiva; c’è, sì, una esaltazione, ma meditata e sentita da tempo”.

Giorgio Rochat, docente di storia contemporanea all’università di Torino dice al riguardo: “Voci su una simile ipotesi nel '35, per la verità le avevo già sentite. In effetti, è sicuro che in quel periodo lo Stato Maggiore era molto preoccupato. La guerra in Etiopia era agli inizi, venivano varate le sanzioni e la Home Fleet britannica era entrata nel Mediterraneo: soltanto più tardi sarebbe stato chiaro che non aveva le munizioni necessarie per uno scontro con l' Italia. E, nelle riunioni del Comando italiano, Giuseppe Valle, il sottosegretario per l'Aeronautica, accennò a qualcosa del genere, chiamando Stormi del sacrificio gruppi di volontari disposti ad azioni suicide. Ma tracce effettive di questo progetto non sono mai state trovate”.

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(2 luglio 2010)

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