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SonderKommando Elbe

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I kamikaze giapponesi sono entrati nella leggenda, e purtroppo hanno fatto scuola fino ai giorni nostri. Ma il loro esempio si ritrova anche dove forse non te lo aspetti: nella efficiente e teutonica Luftwaffe durante la seconda guerra mondiale, ma i kamikaze tedeschi volarono una sola volta.

La versione tedesca del “vento divino” è decisamente meno esaltante di quella giapponese. Fu un vero spreco di aerei e piloti, ma tanto inconcludente e priva di risultati da sfiorare quasi il ridicolo.

Alla fine del 1944, la Luftwaffe era ormai l’ombra della possente macchina distruttiva che era all’inizio della guerra, e non riusciva più a difendere i confini nazionali. I bombardamenti alleati avevano raggiunto il culmine dell’intensità e dell’efficacia. Il giovane colonnello Hajo Hermann della Luftwaffe, propose un’idea audace: fare decollare centinaia di caccia Messerschmitt Bf 109, non con l’obiettivo di sparare ai bombardieri americani ed inglesi, ma di speronarli, soprattutto nella zona debole della coda.

L’idea era quella di cogliere di sorpresa gli alleati, e di impressionarli al punto tale da convincerli a sospendere i bombardamenti in Germania. In questo modo si sperava di guadagnare il tempo necessario, almeno sei settimane, per costruire un numero sufficiente dei nuovi caccia a reazione Messerschmitt Me 262 e quindi riprendere il controllo dei cieli.

Nacque così un’unità segreta della Luftwaffe chiamata “SonderKommando Elbe”. Sonderkommando Elbe  significa squadra (Kommando), speciale (Sonder), Elba (Elbe), dal nome del fiume che scorre nel nord della Germania e che costituiva l’ultima barriera prima di Berlino. Le possibilità di sopravvivere a queste missioni di speronamento non erano elevate, però si pensava che i piloti potessero lanciarsi col paracadute o immediatamente prima della collisione oppure subito dopo, e questo poneva una certa differenza rispetto alla tecnica nipponica dove la sopravvivenza non era nemmeno sperata. Il colonnello Hermann era convinto che almeno una parte dei piloti potesse sopravvivere agli impatti, gettarsi dal proprio aereo distrutto, e quindi ritornare alla base per ripartire per una nuova missione.

Il 7 marzo del 1945 venne  pubblicata una richiesta di volontari che si sarebbero dovuti addestrare per missioni "speciali e particolarmente pericolose”.  Ma per mancanza di carburante il loro addestramento fu sommario ed approssimativo.

Adolf Hitler in persona diede l’autorizzazione a procedere. La data del primo attacco fu fissata per il 7 aprile 1945. Furono 180 i caccia mandati a scontrarsi contro una forza immensa: 1300 bombardieri e 800 caccia di scorta. Ma a quel punto la guerra era stata già persa e la probabilità di capovolgere la situazione, contro un nemico nettamente superiore in numero ed armamenti, era praticamente inesistente. Quella missione era folle ed illogica, ed ebbe come unico risultato quello di mandare a morte certa molti piloti coraggiosi.

La missione del 7 aprile 1945 rimase l’unica missione del SonderKommando Elbe. I risultati furono disastrosi. Dei 180 piloti tedeschi decollati quel giorno, 60 tornarono indietro per problemi meccanici, e almeno 47 vennero abbattuti dai caccia di scorta americani. Solo pochissimi piloti riuscirono ad abbattere un bombardiere nemico, alcuni riuscirono perfino a sopravvive all’impatto ed a salvarsi col paracadute.

L’aviazione americana cercò di nascondere l’episodio, e non ammise mai che si trattava di attacchi pianificati. Nei rapporti ufficiali gli attacchi vennero attribuiti a piloti poco esperti o ad aerei fuori controllo. Si stima che solo 22 o 24 bombardieri vennero abbattuti.  Solo 24 bombardieri persi dagli Alleati, che avevano una capacità produttiva di migliaia di aerei al mese. Un vero disastro che segnò la prematura fine del SonderKommando Elbe.

E’ evidente la differenza con i kamikaze giapponesi. Il sacrificio di un pilota giapponese aveva come risultato il grave danneggiamento o l’affondamento di una grande nave da guerra americana. Un calcolo ragionieristico che aveva la sua spietata logica. Al contrario, lo speronamento e l’abbattimento di un bombardiere americano, non incideva minimamente sulla potenza aerea americana, supportata da una immensa capacità produttiva.

Per usare parole direttamente espresse dai protagonisti, si può descrivere l’iniziativa del colonnello Hermann con le parole del generale tedesco Baumbach, comandante dei bombardieri, che la definì “vollig idiotisch”, cioè “estremamente idiota”.

Per la cronaca, venti giorni più tardi l’Armata Rossa entrava a Berlino, mettendo fine all’avventura nazista.

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(16 luglio 2010)

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