Iscrizione Newsletter

Iscriviti alla Newsletter



Login

Lo stress del passeggero

Attenzione: apre in una nuova finestra. PDFStampaE-mail

Fare il passeggero di un aereo, dicevamo, è un'attività stressante, e quando mi capita di farlo cerco  di rilassarmi chiudendo gli occhi e seguendo le varie fasi del volo solo tramite i rumori e le sensazioni trasmesse dallo schienale della poltrona, fino ad arrivare ad addormentarmi davvero.

Mi risveglia bruscamente l'immancabile "Signore e signori, il comandante informa che stiamo iniziando la discesa verso l'aeroporto di...".

Richiudo ostinatamente gli occhi e provo a riaddormentarmi, ma poco dopo quelli tornano alla carica: "Siete pregati di riporre il tavolinetto e di riportare lo schienale della poltrona in posizione eretta...", e siccome mi sono guardato bene dal toccare sia l'uno che l'altro, provo stoicamente a continuare a dormire.

Ma ormai, complice anche il passeggero del sedile dietro al mio che pare stia riponendo il suo tavolinetto a pugni e a calci, l'incantesimo è rotto e come una ciliegina sulla torta arriva finalmente il rumore del carrello che esce. Inutile continuare a far finta di niente: ora i miei occhi sono completamente spalancati e lo "stress del passeggero" si impadronisce di me.

Un'occhiata all'orologio: "Sì... siamo in orario", anche se non me ne importa niente, visto che ho davanti a me dieci giorni di vacanza. Un'altra rapida occhiata alla cappelliera reprimendo a stento l'istinto di alzarmi (proprio ora che è vietatissimo) e recuperare lo zainetto per guadagnare qualche minuto (guadagno inutile, perché tanto mi aspettano sempre i famosi dieci giorni di vacanza), e poi finalmente la grande paura si materializza nella mia mente: la valigia, che fine avrà fatto la mia valigia?

E' rimasta all'aeroporto di partenza? E' partita per chissà dove? O si sarà persa nel transito? Già, il transito... quante volte ho consigliato ad amici e parenti di evitare i transiti stretti, quelli sotto ai 45 minuti, quelli che l'agenzia di viaggi ti assicura che "non ci sono problemi, tanto sono tedeschi e lì funziona tutto" e poi invece non funziona niente, proprio come da noi. E oggi ci sono cascato: 40 minuti di transito, e per giunta eravamo anche un po' in ritardo.

Perché tu puoi correre, ti puoi precipitare al tuo gate, ma la valigia? ...figurarsi se ce l'hanno fatta a imbarcarla... E ho un bel ripetermi che ormai, con i codici a barre, lo smistamento bagagli è diventato rapido ed efficiente. Mi manca la sicurezza derivante dall'aver portato personalmente il mio bagaglio sotto bordo, come quando sono in servizio, e appena comincia lo sbarco devo farmi violenza per non farmi largo a gomitate tra gli altri passeggeri e precipitarmi ai nastri.

Un rapidissimo saluto ai colleghi, e poi via, a passo di marcia verso la sala di riconsegna bagagli, dove ovviamente il nastro è ancora fermo... ma quanto ci mettono? E quando finalmente si mette in moto, sguardo puntato verso quelle strisce di caucciù che si spostano per far passare di tutto: passeggini, sacche da golf, pacchi legati con lo scotch... e poi valige, valige di ogni foggia e colore, valige grandi e valige piccole, valige rigide e valige morbide, con l'occhio che va subito a cercare le etichette per avere la certezza che, sì... vengono dall'aeroporto giusto... sono proprio quelle del mio volo... ma la mia?

Perché la mia non passa? Eppure quella rossa, quella con quel ridicolo adesivo verde mela, è già la seconda volta che la vedo passare: dov'è la mia valigia?

E poi, alla fine, come è naturale, eccola spuntare dal "buco maledetto" e venire sobbalzando verso di me. La recupero rapidamente, mi faccio largo tra gli altri passeggeri ancora in attesa con un vago sorriso di trionfo stampato sulle labbra, e mentre mi avvio verso l'uscita, finalmente, mi rilasso.

Però, che stress fare il passeggero... meglio, molto meglio, pilotare.

(22 luglio 2010)

 

RSS
RSS