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Temporale estivo

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Dopo una settimana di afa insopportabile, temperature africane, ventilazione inesistente e tasso d'umidità da palude, l'annuncio di un temporale è quasi una liberazione: stasera, tornando a casa dopo dodici ore di volo, mi godrò un bicchiere di Chianti comodamente seduto al fresco della mia terrazza.

Ma il senso di sollievo dura poco, perché quando il radar di bordo inquadra il temporale in questione, mi accorgo che è molto vicino alla nostra traiettoria di atterraggio, circondato da altri piccoli cumulonembi che non promettono niente di buono.

Non sono esattamente lungo la nostra rotta ideale, ma comunque molto vicini: ci sarà da lavorare, perché nei pressi di un nucleo temporalesco c'è sempre turbolenza, vento a raffiche e improvvisi rovesci d'acqua. E infatti, quando viriamo per allinearci con la pista, ci becchiamo un bello scroscio di pioggia e il ballo incomincia.

Non sono io a pilotare: oggi sono il pilot monitoring, e devo fornire assistenza al mio collega che "guida" l'aereo. E lo fa bene, con leggere deviazioni di rotta che minimizzano, nei limiti del possibile, le botte e i sussulti che inevitabilmente accompagnano un temporale estivo.

Abbiamo già intercettato il glide path, il sentiero ideale di atterraggio, quando di colpo sembra che l'aereo abbia preso l'ascensore, perché la sua velocità aumenta e tende nettamente a salire al di sopra del sentiero ideale di avvicinamento. Il mio sguardo corre all'angolo superiore del display di navigazione, dove c'è l'indicazione del vento, e quello che vedo conferma l'ipotesi che avevo rapidamente formulato: c'è una bella raffica di vento frontale.

Lo comunico subito all'altro pilota: avrà senz'altro interpretato correttamente il comportamento dell'aereo, ma gli tornerà certamente utile conoscere con precisione la direzione e l'intensità del vento e, soprattutto, le eventuali ulteriori variazioni.

E infatti stacca gli automatismi, per evitare che il computer, nel suo tentativo di mantenersi esattamente sulla traiettoria teoricamente giusta, abbassi troppo il muso e, per contrastare l'aumento di velocità, riduca al minimo i motori.

Sa bene che, in queste condizioni, una raffica ascensionale può essere seguita da un momento all'altro da una discensionale, magari in coda, che ci farebbe ritrovare in un attimo pericolosamente sotto alla pendenza giusta, per di più con i motori al minimo. E una turbina d'aereo non brilla certo per la sua "ripresa". Meglio quindi starsene un po' più alti e veloci: tutto quello che si rischia è una riattaccata, mentre nel caso contrario ci sarebbe il pericolo di finire con l'essere bassi... troppo bassi.

Ragione di più, dunque, mentre lui continua a tenere di mira il nostro punto ideale di contatto con il suolo, per proseguire nella mia litania: "Vento frontale, dieci nodi... sta girando da destra, quindici nodi... frontale quindici... siamo leggermente alti... ora viene da sinistra... è quasi calmo... Attento, ruota in coda... dieci nodi in coda... Occhio..."

C'era da aspettarselo: stiamo passando proprio accanto al nucleo centrale del temporale e il vento ora ci soffia alle spalle e ci spinge verso terra, mentre la velocità tende a diminuire. Con la coda dell'occhio vedo il mio collega agire decisamente sulla cloche per richiamare il muso dell'aereo verso l'alto. La sua mano corre alle manette e le spinge in avanti.

Manovra impeccabile: ora siamo perfettamente "sul glide", anche se la brusca smotorata avrà senz'altro destato qualche preoccupazione tra i passeggeri. E la velocità è esattamente quella che dovremmo avere in questa fase: siamo "stabilizzati", come diciamo noi.

Pochi secondi ancora, e siamo sulla pista. Un'ultima occhiata al vento: è sempre in coda, ma nei limiti, e lo dico ad alta voce. Lui non prova nemmeno ad addolcire la traiettoria per cercare un atterraggio dolce, così il contatto col terreno è abbastanza brusco.

Anche questo provocherà qualche mugugno, "là dietro", ma la pista non è poi così lunga e non è il caso di far troppi complimenti: meglio mettere l'aereo per terra e cominciare a frenare il prima possibile. E infatti, mentre l'acquazzone comincia a scrosciare sulla fusoliera, siamo già fuori dalla pista, diretti tranquillamente al parcheggio con l'accompagnamento di un concerto di tuoni.

Ora posso ricominciare a pensare al bicchiere di Chianti che mi aspetta nel fresco della terrazza di casa mia.

(5 agosto 2010)

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