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Come funziona la slitta

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Dopo aver analizzato la gestione dei costi del biglietto, vediamo ora di approfondire i meccanismi per rispondere alle questioni poste in apertura. Come tutte le ipotesi teoriche, anche la nostra è arbitraria ma dovrebbe aiutare a capire gli ordini di grandezza degli elementi in gioco.

Quindi, per il nostro volo Roma-Milano a pieno carico, una compagnia che utilizzi un aereo “cento posti” organizzata secondo schemi a basso costo, dovrebbe spendere circa 300€ ora per i piloti, 150 per gli assistenti di volo, 1200 per il carburante, 1000 per tasse e canoni vari, 100 in manutenzione, 60 di assicurazioni, 170 per ammortamenti, e 600 di handling, a cui aggiungere costi generali per  altri 1000€. In totale circa 5000€ + 2.000 di IVA. 7.000 in tutto a ora di volo (semplificando la tratta Roma-Milano è di circa un’ora).

Ma chi paga il basso costo? Il passeggero come sempre. E non basta, la filosofia di impiego arriva a ridurre qualsiasi tipo di servizio ritenuto un costo inutile, così al passeggero vengono tolti tutta una serie di servizi prima ritenuti indispensabili. La qualità del servizio scende sensibilmente, ancora una volta paga il passeggero con una riduzione della qualità.

Poi dal punto di vista operativo si sceglie di operare da aeroporti periferici, che costituiscono un costo aggiuntivo per gli spostamenti dei passeggeri ma un risparmio notevole per la compagnia, che spesso è oggetto di forti ribassi sulle tariffe di assistenza per aggiudicarsi il servizio e così lavoro per l’aeroporto; anche questo lo paga ancora una volta il passeggero sotto forma di spesa pubblica (addirittura anche di chi non vola!).

Ci sono inchieste anche su finanziamenti più o meno trasparenti che gli enti locali di tutta Europa erogherebbero alle low-cost per aggiudicarsi collegamenti aerei.

Un’altra tecnica per ridurre i costi e massimizzare i profitti è quella di spostare i costi del biglietto al di fuori della diretta responsabilità dell’azienda, e poi tecniche di acquisto carburanti, molto evolute per le ingenti quantità consumate da queste aziende, che trasformano quasi il trasporto aereo in una scusa per operazioni finanziarie nel settore dei carburanti.

La gestione del personale è in stile "bastone e carota", con una carota molto piccola in verità, tanto che esistono molti ricorsi per comportamento antisindacale di queste aziende, ovviamente questo a scapito ancora una volta dei passeggeri trattati ai limiti della decenza da equipaggi isterici a causa dei ritmi di lavoro e dell’oppressione alla quale sono sottoposti. Questo è anche frutto dei sistemi di addestramento e formazione ridotti ai minimi di legge e fiscalizzati al massimo in modo da raccogliere il massimo risultato e scaricare ancora una volta le responsabilità e abbassare i costi.

Quando poi ci sono dei cadaveri di mezzo ci si possono permettere i migliori studi legali e nessuno paga, le low cost sono molto legate agli studi legali.

Possiamo dire in definitiva che le “CheapSkate Airlines” adottano un sistema piramidale, comprano un aereo il più a buon mercato possibile, subappaltano la manutenzione per ridurre i costi e scaricare le responsabilità, stessa cosa per l’assistenza a terra, tagliano tutto quello che è ritenuto superfluo riducendo ulteriormente i costi, e investono i proventi dei biglietti direttamente in nuove rotte, gonfiando così il volume di vendita ed i profitti. Le quotazioni di borsa aumentano, le azioni si usano come garanzia per acquisire mutui per comprare sempre più aerei e così via. I capitali accumulati poi, dai più accorti, verranno difesi “off-shore” nei paradisi fiscali.

La gestione aggressiva delle tariffe e dei costi dovrebbero già garantire il profitto, ma le low-cost più grandi non disdegnano affatto di massimizzare i profitti acquisendo aiuti poco trasparenti dagli enti locali, se questi smettessero però non fermerebbero il modello che sopravvivrà anche con profitti minori, l’unico vero arbitro di questo sistema è l’utente: finché ci si accontenterà di viaggiare in un sistema davvero poco trasparente le “Aerolinee Slitta” prospereranno ed a pagare questo successo saranno sempre i soliti noti.

Purtroppo gli orientamenti dei consumatori sono fortemente condizionati dalle moderne e sofisticate tecniche di marketing. Quando si sente parlare, solo accennare magari, a low-cost e si crede immediatamente che i costi siano contenuti rispetto al confronto di mercato, sarebbe indispensabile una verifica della qualità del prodotto offerto, ma anche qui, essendo il sistema complicato ed a molti estraneo, la verifica è davvero blanda.

I fatti dicono che di basso per molte aziende c’è solo l’offerta della qualità, non basso costo quindi ma bassa qualità, che a certi livelli non sarebbe vendibile: punto e basta. La crisi economica globale ha portato senza dubbio ad un aumento dei tentativi di smerciare a buon mercato prodotti che non diano il senso, per quantità e qualità, di non essere all’altezza delle abitudini e delle aspettative dei consumatori. Nell’immenso segmento di mercato dei consumatori di massa, sempre meno abbienti ma sempre, o forse ancor di più, nella necessità (psicologica) di mantenere esteriormente inalterato il proprio stile di vita e di consumi, si spaccia di tutto purché a basso prezzo.

L’economia basata sul low-cost deve essere abile a camuffare l’eventuale decremento di qualità. Ma alcuni casi inquietanti avvenuti in Italia, come la commercializzazione di 70 milioni di ettolitri di vino contraffatti, ovviamente a basso prezzo, da parte di una grossa azienda del settore, o di surgelati scaduti, pongono un inquietante interrogativo: non è che si rischierà sempre più spesso di barattare il basso prezzo con la bassa, bassissima qualità, a danno della sicurezza e della salute?

(30 agosto 2010)

 

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