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Volare fa male

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Che l’attività di volo possa nuocere alla salute può sembrare un’affermazione lapalissiana, ma andando ad approfondire la questione si scopre che in verità l’organizzazione sanitaria e del lavoro del nostro Bel Paese non riconosce malattie professionali per gli equipaggi di volo. Come è possibile?

Le risposte sono varie, e vanno dallo scarso impegno sulla questione da parte delle organizzazioni di rappresentanza dei dipendenti delle compagnie aeree, fino alla complicata tipologia di ambiente che gli scienziati devono affrontare quando studiano le specifiche di questo settore di lavoro.

In realtà, l’interesse nello studio di un ambiente di lavoro tanto singolare non è mai mancato, tanto che gli studi sulle varie nocività che comporta il volo commerciale sono innumerevoli e trattano una varietà sconfinata di danni causati dalle varie tipologie di aggressioni che il corpo umano subisce.

Per contro, le procedure burocratiche per arrivare al riconoscimento che questo ambiente comporti malattie professionali in percentuali significative sono lunghe e complesse, e fino ad oggi non hanno portato a soluzioni soddisfacenti, sia in termini di prevenzione che di recupero in caso di cronicizzazione di talune patologie, ed ancor meno in termini di riconoscimento di indennizzi ed esenzioni per le cure.

Possiamo citare per esempio i danni che ricevono i naviganti aerei alla spina dorsale, secondo i maggiori congressi mondiali sul tema, passati i 40 anni e le diecimila ore di volo per una persona continuativamente impegnata in attività aeronautiche, sia da seduto, sia in piedi (Piloti ed Assistenti di Volo), è sicuro che ci saranno danni ai dischi intervertebrali con le relative sofferenze. Ciò è confermato dall’esperienza quotidiana di ognuno di noi che ha nell’argomento mal di schiena e sciatalgia uno dei temi di maggior successo nelle conversazioni interpersonali.

Naturalmente i guai fisici variano da individuo ad individuo e rappresentano una piaga ben diffusa, anche se lungi dall’essere stereotipata. Quindi questo ragionamento è applicabile ad una serie molto lunga di tipologie di danni e malattie, le quali sono sì studiate ed osservate attentamente, ma isolatamente, cioè ogni singola nocività viene studiata nella sua peculiarità. Il risultato è che le varie nocività prese da sole non sono seriamente invalidanti.

Studi che abbiano valutato l’effetto combinato delle varie nocività mescolati con lo stress e l’ambiente dell’aereo e le condizioni operative ed ambientali sono rarissimi ed ignorati; a quanto mi risulta in Italia uno studio del genere è stato fatto solo dal CNR ed è stato commissionato (pensate un po’) dall’Aeroflot negli anni ’80. Giace sicuramente ignorato in qualche cassetto. In verità secondo tale studio (credo portato avanti dal prof. Michele Zampino), l’effetto combinato appare serio. In teoria per recuperare i danni causati da un’ora di volo ci si dovrebbe riposare per 24 ore, ma capite bene che nessuno si sognerebbe mai di tenere fermo un aeronavigante 24 ore, dopo un voletto di un’ora soltanto!

Si dirà naturalmente che tutto ciò è solo un’esagerazione scientifica, pur tuttavia il tema delle sinergie che le varie nocività esercitano sul degrado del fisico umano insieme al particolare ambiente di lavoro è completamente ignorato e forse sarebbe il solo a poter portare a qualche riconoscimento di malattia professionale.

(8 novembre 2010)

 

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