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Apriti cielo!

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La crescente liberalizzazione delle regole nell’ambito del trasporto aereo globale si accinge ad innescare una nuova possibile evoluzione nel mercato dei voli a lungo raggio, è prevedibile che le compagnie organizzate per produrre a costi economici possano ora approdare sui voli intercontinentali più lunghi.

Sarà una ripetizione del formidabile sviluppo delle cosiddette LCC (Low Cost Carrier), oppure un tentativo senza seguito?

Tutto ebbe inizio nel 1978 con il celebre “Airline Deregulation Act” del governo statunitense, anche spinto dal successo dell’iniziativa “Skytrain” del mitico Sir Freddie Laker, proprio sui collegamenti lungo raggio tra USA e Regno Unito nel 1977. Ai primi degli anni ’80 l’iniziativa dello Skytrain fu fatta fallire (una sentenza di tribunale attestò la verità del complotto), però l’idea era stata lanciata, così fu seguita da altri anche con buon successo.

Uno tra tutti, il miliardario Sir Richard Branson, che con la sua Virgin Atlantic tanto aveva appreso dall’esperienza di Freddie Laker, per altro suo buon amico. L’esperienza Virgin in ogni caso si attestava su di una strategia detta “Low Fare”, piuttosto che su quella “Low Cost”, cioè basse tariffe piuttosto che basso costo. La differenza consiste in una ottimizzazione sia del modello di vendita che delle tipologie di tariffe piuttosto che in un modello organizzativo spinto alla riduzione dei costi di produzione in ogni area possibile, tipico delle LCC. La scelta fu dettata principalmente dalle caratteristiche delle linee di lungo raggio che hanno costi difficilmente comprimibili e fortemente condizionanti le tariffe, come per esempio il costo per sedile già molto basso e l’incidenza dei consumi di carburante riducibili in maniera molto ristretta dati i lunghi tempi di volo e le dimensioni degli aerei. Altro tema è la ridotta possibilità per i voli lungo raggio di accedere ad aeroporti di secondo livello (necessità di piste adeguate, dogane e assistenza a terra adeguate).

In base a quanto sperimentato negli Stati Uniti a partire dalla seconda metà degli anni ’80 anche in Europa iniziò la politica di “Deregulation” nel trasporto aereo, cioè furono varate norme Comunitarie volte alla graduale liberalizzazione di rotte, tariffe e permessi di decollo (i famosi “Slot”), una sorta di privatizzazione degli spazi aerei. Le autorità comunitarie pensarono che dando vita ad un sistema più concorrenziale e lasciato libero di interagire col mercato si sarebbe potuta raggiungere una maggior efficienza ed una riduzione dei costi a favore degli utenti. In effetti crebbe l’offerta di voli ed il numero delle città collegate da servizi aerei, diminuì il costo medio dei biglietti e si vide l’ingresso sul mercato di nuovi vettori. Su periodi più lunghi però si ebbero anche l’abbandono delle rotte cosiddette di utilità sociale, cioè quelle a minor valore remunerativo.

Tre successivi interventi normativi portarono alla graduale acquisizione di un mercato liberalizzato per il trasporto aereo dal 1992. In pratica venivano riconosciuti ai vettori tutti gli otto principi di libertà dei collegamenti aerei. Questo è stato il trampolino di lancio delle LCC e la causa della chiusura di molte compagnie di bandiera in Europa e delle cosiddette “Major” negli States, a cui si è supplito con un corposo processo di fusioni ed incorporazioni.

Oggi i vari sistemi continentali hanno deciso di armonizzarsi con la politica del cosiddetto “Open Sky”, cioè la politica dei cieli aperti, ovvero completamente liberalizzati su scala planetaria, e si va verso la totale libertà di impresa per il trasporto aereo in tutti e cinque i continenti abitati. Questo nuovo mercato potrebbe dare il via ad uno sviluppo delle strategie Low Cost anche sulle tratte di lungo raggio. Infatti dal marzo 2008 è in vigore un OSA (Open Skies Agreement) sul nord Atlantico tra Nord America e Unione Europea che per successivi aggiornamenti del trattato liberalizzerà completamente l’attività di trasporto aereo, considerando un unico immenso paese l’area compresa tra Europa, nord Atlantico e nord America.

L’Europa in questo caso si è fatta motore di un ulteriore allargamento della liberalizzazione aeronautica con simili accordi in Asia ed Australia. In Asia, Singapore guida il movimento di liberalizzazione con diversi accordi OSA sia in Africa che Asia e in Sud America. La ASEAN (Association of Southeast Asian Nations) si accinge a varare un simile trattato sul Pacifico e seguiranno presto sia Australia che Africa.

L’occasione è troppo ghiotta perché i guru del trasporto aereo economico non tentino di approfittarne. La Virgin ha acquisito un 20% del pacchetto della nuova compagnia low cost intercontinentale Air Asia X con sede in Malaysia. Si pensi che il primo Airbus 330 acquisito dalla compagnia è stato battezzato Semangat Sir Freddie in onore del famoso pioniere dei voli a basso costo transoceanici. Un altro vettore europeo low fare, Air Berlin, con l’acquisizione del vettore charter di lungo raggio LTU è entrata nel mondo del “long haul”, e per di più ha aderito ad uno dei principali sistemi di alleanze, lo “One World”, che ruota intorno alla British Airways ed ai suoi sistemi informatici di prenotazione-vendita, altra novità notevole per il mondo low-cost che vende i biglietti essenzialmente via internet.

Secondo un rapporto della Commissione Europea, nei prossimi cinque anni «Open Skies» farà volare sopra l'Atlantico circa 26 milioni di passeggeri in più e l'aumento del traffico aereo porterà un risparmio per i consumatori compreso tra i 6 e i 12 miliardi di euro. Benefici anche per l'occupazione: nel quinquennio saranno creati circa 80mila nuovi posti di lavoro, a cui vanno aggiunti 15 mila occupati in più all'anno nel settore cargo.

(14 dicembre 2010)

 

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