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Tortura intercontinentale

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L’alterazione dei cicli circadiani, dovuta al cambio di clima, di fuso e di microclima a bordo è una delle principali fonti di disturbo del riposo, e quindi di peggioramento dell'umore, con importanti ricadute sullo stato di salute in generale.

Chi parte da Roma in inverno e passa tutta la notte in volo per raggiungere Johannesburg, scoprirà a destinazione che il proprio orologio segnerà la stessa ora dei suoi amici che sono rimasti a Roma; ma nella stagione opposta. Un altro pilota che parte di giorno da Roma per andare a New York arriverà intorno alle otto di sera (di Roma), ma l’orologio dell’aeroporto segnerà le due del pomeriggio: il fisico vede ancora luce, quando vorrebbe un po’ di penombra. Chi parte invece lo stesso giorno alle 23 da Roma con destinazione Buenos Aires arriverà dopo quindici ore in Argentina alle 10 di mattina locali. Però in un’altra stagione. Ha lasciato il freddo umido della capitale, catapultato al caldo afoso di Baires.

Difficile organizzare correttamente il riposo in queste condizioni, ma c'è di più. Il passaggio dei fusi comporta infatti anche una diminuzione delle difese immunitarie, che a loro volta provocano un’esposizione alle malattie aumentata, sia perché è più facile prendere qualche virus, sia perché siamo esposti a più tipi di virus in giro per il mondo. A tutto questo bisogna aggiungere il microclima di bordo, fatto da ossigeno a densità ridotta, da aria secca perché de-umidificata, che secca le mucose e rende ancora di più esposti i naviganti alle malattie.

Il tutto viene peggiorato dalla postura obbligata per molto tempo. I medici americani che l’hanno studiata per primi, analizzando i passeggeri di lungo raggio che la manifestavano, hanno coniato il termine “deep vein thrombosis”. Non basta. Il pilota deve stare davanti ai monitor dell’aereo per otto ore consecutive. Peccato che per i dipendenti pubblici abbiano emanato delle direttive che proibiscono l’esposizione ai terminali per più di due ore, dopodiché vi è necessità di un break. Oltre ai terminali, vi sono altri tipi di radiazioni come quelle cosmiche, volando ad alta quota, fuori la tropopausa, ad alte latitudini, che vanno sommate a quelle dell’aereo, prodotte ad esempio dal radar meteorologico. E comunque stare in una gabbia elettrica non fa bene.

E non dimentichiamo che ogni notte dormiamo in un letto che non è il nostro. Uno studioso (sempre americano) ha calcolato quanti acari ci sono in un cuscino d’albergo: on ve lo dico, altrimenti vi spaventate, dormite male, e poi vi innervosite.

Con tutto ciò, il lavoro del pilota non è considerato usurante. E' giusto: dovrebbe essere rubricato come lavoro massacrante. Anzi, la metafora corretta per il nostro lavoro è “incaprettamento”, una antica e violenta pratica che consisteva nel legare il prigioniero con una corda abbastanza corta al collo e alle caviglie. La necessità di allungare le gambe comportava una morsa sempre più stretta intorno al collo fino a giungere all’asfissia. Proprio questo desiderio smodato di viaggiare, piacevole per chi fa un lavoro di vocazione, comporta gli effetti collaterali che riscontriamo, quando contiamo gli anni che ci rubano rispetto all’aspettativa di vita.

Quando si sente dire che la percentuale di malattie dei naviganti è sensibilmente più alta della media nazionale, la risposta da dare è: nulla di strano. La cosa strana è che la percentuale di malattie, tra i piloti, sia così bassa: molto più bassa della media nazionale. Comunque, vi sono delle normative che sono palesemente inadeguate a garantire una buona alternanza tra sonno e veglia. Perché non bisogna dimenticare che la prestazione richiesta è sempre la stessa; sia che abbiamo dormito, sia che siamo stanchi per una notte tormentata dalle zanzare, dai rumori, dal letto rigido, dal cuscino troppo alto.

La visione riduttiva che concepisce il pilota che cancella il volo perché non idoneo ad intraprenderlo in sicurezza appartiene più al mondo delle favole che alla dura realtà. Anche il chirurgo che ha dormito male verrà ad operarvi se vi trovate in urgenza, perché sente il suo compito come soverchiante. È orientato alla missione e al servizio che sente di dover dare. Perché non credo che nessuno, sotto ai ferri, chieda al chirurgo se ha dormito bene. Anche perché, con l’anestesia in corpo, l’addormentato è lui…

Il pilota, allo stesso modo, tende a portare a termine la missione, anche se ha dormito male, esplicitando al collega che quel giorno deve avere più attenzione proprio per la forma fisica degradata. E del resto, pensate al contrario... per prima cosa viene in mente il titolo sui giornali: volo cancellato perché il pilota non ha dormito.

Di solito è arduo aspettarsi manifestazioni di solidarietà da passeggeri inferociti.

(19 dicembre 2010)

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