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Emergenza caffè

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Questo 2011 si apre con due notizie ampiamente contrastanti. Una è quella dell'incidente di Surgut, con i suoi morti e feriti, che è stato commentato su certa stampa (e mi riprometto di tornarci sopra molto presto) in maniera a dir poco indegna; l'altra ci parla invece di una comune tazza di caffè.

Una banalissima tazza di caffè (ma trattandosi di un aereo americano, immagino fosse uno di quei bicchieroni di cartone ricolmi di un liquido che la nostra coscienza latina relega al rango di “sbobba imbevibile”) che ha causato il dirottamento in emergenza di un Boeing B-777, in rotta da Chicago a Francoforte, sull'aeroporto di Toronto.

In emergenza, perché le radio dell'aereo avevano smesso di funzionare, e anche se tutti gli altri impianti di bordo continuavano a fare egregiamente il loro lavoro, pensare di affrontare una traversata atlantica senza un minimo di contatto con gli enti del controllo del traffico aereo è semplicemente inconcepibile. D'altra parte, l'atterraggio in avaria radio è una procedura codificata alla quale gli equipaggi e i controllori sono addestrati, e tutto si è concluso senza danni.

Pare che il nostro bicchierone di (chiamiamolo così) caffè sia sfuggito dalle mani del comandante del volo, spargendo il suo contenuto su quella che noi comunemente chiamiamo “piantana motore”. E' una sorta di cruscotto, situato nel mezzo della cabina, tra un pilota e l'altro, dove oltre alle “manette”, delegate al controllo dei motori, c'è una nutrita schiera di pannelli che servono in massima parte a gestire gli apparati di comunicazione.

Ci sono i tre apparati radio VHF, destinati alle comunicazioni a “breve raggio”, i due HF, che servono invece per le trasmissioni a “lunga gittata” (in oceano, appunto), l'interfonico, il radar meteorologico, il cosiddetto “transponder”, che dialoga con il sistema radar dei controllori di terra... tutti “aggeggi” il cui malfunzionamento non pregiudica certo la sicurezza immediata del volo, ma che sono tuttavia essenziali per il suo regolare svolgimento.

E tutti “aggeggi” che, come ogni altro marchingegno elettronico, mal sopportano l'immersione in un qualsivoglia liquido. Infatti di solito, quando ci facciamo portare qualcosa da bere, stiamo sempre attenti a farci passare il bicchiere dal lato del finestrino, ben lontano dalla “piantana motore”, cosa che ci obbliga talvolta a contorcimenti francamente ridicoli.

Poi, ovviamente, l'imprevisto è sempre in agguato, perché farsi un bicchiere di una qualsiasi sostanza liquida (calda o fredda che sia) mentre si è ai comandi di un oggetto semovente espone inevitabilmente a qualche piccolo inconveniente: basta una buca della strada, lo scambio di una stazioncina di campagna... o una piccola botta di turbolenza, e la frittata è fatta.

E pensare che ogni volta (e capita spesso) che rientro a casa con la camicia della divisa macchiata di caffè, mia moglie mi tratta come un bambino incapace di mangiare e bere senza sbrodolarsi.

Cosa mi direbbe se, anziché tornare a casa, fossi costretto a dirottare su un aeroporto all'altro capo del mondo? Non oso pensarci...

(6 gennaio 2011)

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