Una passeggiata per Bari
Scritto da Antonio Chialastri
Bari l’ho sempre trovata una bella città. Il centro storico è pieno di vita, forse la vita serale e notturna più vivace dell’Italia che conosco. Lo struscio comincia dalle sette di sera fino a notte tarda. Ancora all’una, ragazzi fuori dai locali formano capannelli che sembrano trulli.
Bari vecchia, famosa una volta per la delinquenza spicciola, ma nella quale non ho mai incontrato nessuno che mi abbia mai minacciato, oppure guardato male, ora è una meraviglia.
La cosa che più mi colpisce di Bari è la cortesia delle persone. Sempre molto disponibili, molto cordiali e aperti. Ieri sera un signore in bicicletta che passava per i vicoli di Bari vecchia a mezzanotte si è fermato per sapere dove stessimo andando, dato che ci eravamo effettivamente persi per cercare un ristorante. Eravamo in divisa, per cui ha cominciato a chiedere da dove venivamo, dove saremmo andati il giorno seguente. Sempre con estrema cortesia, con curiosità, che è dote rara in questo periodo dove ognuno è assorbito dai propri pseudo-problemi.
Inoltre, qui c’è un rispetto per il comandante che quasi mette in imbarazzo. Mi danno del voi. “Comandante, volete un piatto di orecchiette con le cime di rapa?”.
Io non lo so come faccia Pedro, il proprietario del ristorante, anzi, della mensa dove andiamo di solito a mangiare prima della partenza, a sapere che tu sei un navigante, anche se sei in borghese. Però, pur non avendoti mai visto, lui lo sa.
È una della persone più gentili e disponibili che puoi incontrare, andando in giro per il mondo. Sempre sorridente, affabile, si è guadagnato l’affetto di quasi tutti i naviganti. Un po’ per il suo carattere, un po’ perché ha prezzi che sono imbattibili. Nessuno sa come si possa spendere meno di dieci euro per mangiare. E lui fa mangiare parecchie persone a Bari. Dicono che faccia anche molta beneficenza. Un applauso a Pedro e che Dio lo cloni.
La parte del lungomare è anche molto bella e d’estate è piena di gente, anche se il mare è decisamente sporco. Però, per una nota negativa ce n’è anche una positiva: hanno abbattuto i famosi eco-mostri, cioè due palazzoni alti più di dieci piani a ridosso della spiaggia, che erano in costruzione da parecchi anni, deturpando il paesaggio. Chissà se si può fare lo stesso lavoro anche a Roma? probabilmente rimarrebbe in piedi solo il Colosseo e San Pietro.
Abbiamo permesso ai palazzinari di edificare i propri mostri ovunque e dovunque pensando che ognuno fosse padrone di erigere il proprio inno alla barbarie. Ma lo spazio comune rappresentato dal territorio non è a disposizione di nessuno in particolare per imporre agli altri la propria concezione estetica, ammesso che ve ne sia intenzionalmente una. I piani urbanistici dovrebbero prevedere anche uno stile architettonico da rispettare e non soltanto la giungla che prende forma dall’asfalto.
Se oggi noi abbiamo le città d’arte è perché qualcuno prima di noi ci ha pensato e ha imposto una firma estetica all’epoca. Noi abbiamo abdicato alla funzione estetica, pensando che la formazione del carattere non fosse determinata anche dall’ambiente in cui si cresce.
Se vieni su nel “serpentone della Magliana”, ossia il palazzone di Corviale, lungo qualcosa come un chilometro, con soffitti che ricordano più le carceri che delle abitazioni, che cosa ne puoi sapere dell’arte, della cultura, quando non hai assorbito altro che degrado intorno a te? Che tipo di rapporti umani si possono tessere in mezzo al nulla estetico? Non che l’estetica sia tutto, anzi, ma è parte ineliminabile della formazione della personalità e del percorso di crescita individuale.
Lo dice uno che è vissuto vicino ad una ferrovia, tra il tram, la sopraelevata e sotto la rotta che porta gli aerei a Ciampino. E che ancora dice parolacce.
(12 gennaio 2011)