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La norma come risorsa

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Ho sotto gli occhi uno studio americano che prende in esame, a scopo esemplificativo, l’interpretazione delle check-list secondo l'ottica di diverse categorie di soggetti. Perché ad utilizzare le check-list non sono solo i piloti, ma anche il costruttore, l’operatore, l’ente regolatore.

Nei rapporti delle commissioni di inchiesta istituite a seguito di qualche incidente si riscontra spesso che l’evento è avvenuto poiché il pilota non ha applicato la procedura. Dunque, questo è la causa principale del disastro. Se avesse applicato le procedure le cose sarebbero andate diversamente. Da qui, a porre un problema del “fattore umano” (che non è un “contadino sensibile”, ma la causa principale degli eventi nefasti in aviazione) il passo è breve.

Ma siamo sicuri che sia così? Siamo sicuri che tutto si possa affrontare attraverso una procedura e che l’applicazione acritica delle norme rappresenti il baluardo contro l’incidente? Alcuni dubbi sono legittimi, e vediamo perché.

Il volo è un’attività che si svolge in un sistema complesso in cui prendono parte diversi fattori; non solo quello umano, ma anche quello tecnico, organizzativo, ambientale, etc. Non a caso, oggi si sta un po’ ripensando la catena causale che porta all’incidente, parlando più di incidente organizzativo, su cui torneremo, che di attribuzione di responsabilità specifiche all’ultimo anello della catena, il quale avrebbe dovuto impedire il verificarsi dell’evento e non lo ha fatto.

Per quello che riguarda il rapporto tra l’agente umano (il pilota) e le procedure disegnate per fronteggiare eventuali situazioni anomale e di emergenza, emergono una serie di osservazioni che ci devono far riflettere.

Invece che assumere come punto di partenza che il pilota doveva, nella situazione che ha portato al disastro, aderire a certe procedure dalle quali ha derogato, partiamo dall’analisi della normale routine per vedere se effettivamente possiamo imputare alla mancanza di disciplina operativa il nesso causale che ha portato all’incidente.

Cosa fa un pilota nelle normali operazioni di linea? Come utilizza il booklet per affrontare le emergenze? Da queste domande alcuni studiosi americani sono partiti per analizzare l’effettivo uso delle risorse di bordo da parte del pilota.

Si è visto, a seguito di questo studio, che ogni pilota ha una copia del booklet delle emergenze con annotazioni che hanno il compito di spiegare il perché delle procedure, di enfatizzare alcuni aspetti legati a problemi di interpretazione, in qualche caso di derogare all’ordine previsto dalla check-list poiché non applicabile in certe condizioni. La quasi totalità dei piloti che, ricordiamolo, erano tutti americani, cioè culturalmente improntati a seguire le norme, avevano delle indicazioni personalizzate che li portavano a derogare dalle indicazioni previste dal manuale. Ovviamente, qualora la situazione lo rendesse necessario.

Perché, per una strana quanto perversa attitudine umana, l’uomo ha bisogno di capire una cosa prima di farla. Il voler trasformare il pilota in un acritico utente che applica indiscriminatamente le norme, ha sortito l’effetto opposto, con deviazioni personalizzate, che se in alcuni casi sono efficaci, in altri possono dar luogo a fenomeni di indisciplina potenzialmente rischiosi.

Il succo dello studio americano in questione è che, da questo punto di vista, diminuisce di molto l’importanza data alla violazione delle istruzioni della procedura, per concentrarsi di più su cosa fanno realmente i piloti per districarsi in un ambiente complicato come quello del volo.

La conclusione è che per orientarsi in un ambiente intrinsecamente complesso, la risorsa fondamentale, come sa chi vola, è sempre la stessa: quella che inglesi chiamano “the artfulness of the intelligent worker”... perché le procedure, quanto più sono definite, tanto meno sono flessibili.

Così non è raro, che una regolamentazione troppo restrittiva possa mettere in seria difficoltà il singolo operatore, costringendolo a decidere fra una violazione deliberata o un atto che va nella direzione opposta rispetto agli obiettivi aziendali, siano essi obiettivi di produzione o standard di sicurezza.

(2 febbraio 2011)

 

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