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I mostri del Caspio - I

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Prima parte - Bartini: un genio italiano   Stavo interessandomi all’incidente capitato ad un Tupolev Tu154M a Mosca lo scorso 4 dicembre 2010, atterrato con due motori in avaria su tre, quando ho notato che la destinazione del volo numero N2-372 sarebbe dovuta essere Makhachkala, nel Daghestan.

Avevo solo una vaga idea di dove fosse il Daghestan, a nord del Caucaso e confinante con la Cecenia, ma nessuna idea della sua capitale, cioè Makhachkala. Incuriosito, mi sono messo sull’onda dell’incredibile Google, scoprendo che la città e il suo aeroporto giacciono sulle rive occidentali del Mar Caspio: Kaspiysk per la precisione, la zona dell’aeroporto.

Fare una visitina virtuale è stato inevitabile e nella zona portuale dalle foto satellitari sono emerse sagome inconfondibili di grossi aerei. La memoria mi è andata con un lampo ai famosi “mostri del Caspio”, e avvicinando la vista con successivi ingrandimenti ho avuto la conferma che si trattava dei mitici Ekranoplani. Era molto tempo che non affrontavo più questo tema, in verità semisconosciuto in occidente e poi abbandonato anche in patria dopo la caduta del sistema sovietico. Una storia veramente interessante che coinvolge anche il genio italico.

Già, perché gli italiani, ad iniziare da Forlanini per passare a Crocco e Ricaldoni, sono stati pionieri negli aliscafi e negli idrovolanti, e Mario Calderara, primo italiano a conseguire un brevetto di pilota, costruì nel 1911 la più grande macchina volante dell’epoca: un idrovolante, appunto, per altro uno dei primi al mondo.

Tra i milioni di italiani emigrati all'estero, principalmente verso le Americhe, non potevano mancare costruttori aeronautici e aviatori di grande valore come Giuseppe Mario Bellanca negli Stati Uniti o il Marchese Cesare Pallavicino in Argentina. Anche in Unione Sovietica hanno operato alcuni progettisti aeronautici italiani di altissimo livello.
È il caso anche del “costruttore capo” Roberto Oros di Bartini che, nel rispetto della tradizione russa di utilizzare il patronimico e di quella bolscevica di abolire il nobiliare “di”, era meglio noto in Unione Sovietica come Roberto Ljudvigovič Bartini. Gli “ekranoplani” realizzati in Unione Sovietica negli anni ‘60 furono frutto della genialità di questa importante figura di progettista aeronautico, poco conosciuto in Italia ma tanto noto all'estero al punto di essere citato dal britannico Jane’s già nel 1938.

Roberto Oros di Bartini, nato a Fiume (all’epoca nell’impero austroungarico), il 14 maggio 1897 da famiglia nobiliare e passato a miglior vita a Mosca il 6 dicembre 1974, divenne ufficiale dell'esercito austroungarico nel 1916, e fu inviato a combattere sul fronte orientale nel corso della Prima Guerra Mondiale. In seguito all'avanzata zarista in Galizia fu catturato e restò prigioniero in Russia fino al 1919. Durante la prigionia abbracciò l’idea marxista-leninista.

Tornato avventurosamente in Italia nel 1920, s’iscrisse alla facoltà d’ingegneria aeronautica del Politecnico di Milano, lavorando nello stesso tempo come operaio e facendo attività politica. Nel 1922 frequentò la scuola di pilotaggio della Compagnia Nazionale Aeronautica di Giovanni Bonmartini, che aveva allora sede sull'aeroporto romano di Centocelle, e ebbe come istruttore il futuro primatista di quota Renato Donati. Nel settembre dello stesso anno conseguì il brevetto di pilotaggio. (continua)

(9 aprile 2011)

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