John Glenn is Flying West

Scritto da Pietro Pallini

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I versi che seguono sono spesso usati per celebrare un pilota che muore. Io li ho ricevuti, con preghiera di pubblicazione, dall’amico Agostino Ferrari, al quale sono stati inviati in occasione della morte di un suo compagno di corso canadese. Mi piace oggi dedicarli a John Glenn.


Si tratta di versi che secondo alcuni sono stati composti nel 1994 per celebrare la scomparsa di E. Hamilton Lee, una delle leggende dell’aviazione commerciale americana, nato nel 1892 e affermatosi come ottimo pilota durante l’epopea dei primi voli postali attraverso gli Stati Uniti.

Conosciuto con il nomignolo di “Ham”, a lui è attribuita l’invenzione del famoso detto aeronautico secondo cui “there are old pilots and there are bold pilots, but there are no old, bold, pilots." (ci sono piloti vecchi e piloti spacconi, ma non ci sono piloti vecchi e spacconi). Quando nel 1949 si ritirò dall’attività, aveva messo insieme quasi 30.000 ore di volo, il che gli valse il soprannome di “uomo più volante del mondo”.

In alcuni siti viene indicato anche come autore di questi versi, ma pare più appropriato attribuirli a Michael J. Larkin, un comandante della TWA che proprio a Ham li avrebbe dedicati, in occasione della sua morte. Un’ipotesi che suona decisamente più plausibile se si pensa alla figura del “vecchio ragazzo che non vedevi da anni anche se ti ha insegnato a volare” che apre la terza strofa.

Flying West

I hope there's a place, way up in the sky,
Where pilots can go, when they have to die-
A place where a guy can go and buy a cold beer
For a friend and comrade, whose memory is dear;
A place where no doctor or lawyer can tread,
Nor management type would ere be caught dead;
Just a quaint little place, kinda dark and full of smoke,
Where they like to sing loud, and love a good joke;
The kind of place where a lady could go
And feel safe and protected, by the men she would know.

There must be a place where old pilots go,
When their paining is finished, and their airspeed gets low,
Where the whiskey is old, and the women are young,
And the songs about flying and dying are sung,
Where you'd see all the fellows who'd flown west before.
And they'd call out your name, as you came through the door;
Who would buy you a drink if your thirst should be bad,
And relate to the others, "He was quite a good lad!"

And then through the mist, you'd spot an old guy
You had not seen for years, though he taught you how to fly.
He'd nod his old head, and grin ear to ear,
And say, "Welcome, my son, I'm pleased that you're here.
For this is the place where true flyers come,
When the journey is over, and the war has been won
They've come here to at last to be safe and alone
From the government clerk and the management clone,
Politicians and lawyers, the Feds and the noise
Where the hours are happy, and these good ol'boys
Can relax with a cool one, and a well-deserved rest;
This is Heaven, my Son: you've passed your last test!"

Avevo deciso da tempo di pubblicare Flying West in occasione della ricorrenza della Madonna di Loreto, patrona degli aviatori, ma oggi a questa data si sovrappongono anche le celebrazioni per la scomparsa di un altro pilota che, come E. Hamilton Lee e il più recentemente scomparso Bob Hoover, è destinato a restare ben vivo nella nostra memoria: John Glenn.

Pilota dei Marines e collaudatore con all’attivo numerosi record, John jr fu arruolato tra i “magnifici sette” primi astronauti americani, e nonostante sia il stato il quinto uomo ad andare nello spazio, è proprio lui a rappresentare la figura dell’astronauta per antonomasia nell’immaginario collettivo statunitense, e non solo.

Prima di lui c’erano stati i suoi amici Alan Shepard e Virgil Grissom, ma in fondo in fondo le loro imprese erano state poco più di un “colpo di cannone” sparato verso il cielo: voli suborbitali che non potevano reggere il confronto con quell’orbita che nell’aprile del 1961 aveva consegnato a Jurij  Gagarin la corona di primo cosmonauta e all’Unione Sovietica il primato nella corsa allo spazio, e ancor meno con il giorno intero passato da German Titov a girare intorno alla terra nella sua Vostok 2 pochi mesi dopo.

Eppure, in qualche modo, le tre orbite di John Glenn rappresentavano il segnale che anche gli USA c’erano, e potevano colmare quel gap che, fin dai tempi della cagnetta Laika e del suo Sputnik, turbava i sonni dell’americano medio… è questo che ha fatto di lui l’incarnazione dell’”eroe americano dello spazio”, e lui, da bravo eroe, ha ripagato l’amore e la fiducia degli ammiratori regalando loro diversi anni più tardi un altro gesto destinato a consegnarlo per sempre alla storia: a 77 anni nello spazio ci è tornato, con lo Space Shuttle, per prendersi il record dell'astronauta più vecchio.

John Herschel Glenn è morto un paio di giorni fa nel suo Ohio natale, e anche a lui oggi mi piace dedicare i versi di Flying West.

(10 dicembre 2016)