Aviocampo Capronia

Scritto da Franco Di Antonio

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Che il nome Caproni, in Italia, sia sinonimo di aerei è cosa scontata. Meno nota è la storia singolare di un complesso di officine aeronautiche in terra d’Africa di cui ci da conto, nel numero uno del 2006 dei quaderni della Rivista Aeronautica, anche un articolo a firma Gregory Alegi.

L’Eritrea era colonia italiana già dal 1890 quando nel 1935 iniziarono le operazioni belliche per l’occupazione dell’Etiopia. L'Abissinia venne conquistata a maggio del ‘36, tutte le colonie italiane del Corno d'Africa furono quindi unificate nella cosiddetta Africa Orientale Italiana (AOI).

In Eritrea, in prossimità di nodi strategici, ove le aziende durante le operazioni militari avevano dislocato le proprie sedi logistiche, sorsero quasi dal nulla nuovi agglomerati urbani come Decamerè e Nefasit. Il caso più affascinante era certamente quello di Mai Edagà, (nei pressi dell’abitato di Decamerè), detta Capronia, perché si era sviluppata intorno alle officine aeronautiche della Caproni nella piana di Gúra, dove già esisteva un aviocampo, come si diceva all’epoca.

Grazie alla sottoscrizione di un contratto pluriennale, soprattutto per la difficile manutenzione delle centinaia di trimotori Ca.133 (vero cavallo da soma dei reparti da trasporto coloniali), la ditta Caproni installò il suo nuovo stabilimento nella citata piana nel 1938. Ai pochi tucul preesistenti si erano aggiunti oltre ai capannoni industriali, case e villette per gli impiegati, i tecnici e gli operai italiani, nuovi tucul per la manodopera indigena, la mensa aziendale, la scuola, l’asilo nido, l’infermeria, l’ufficio postale, il dopolavoro, la chiesa, negozi e grandi serbatoi d’acqua. Una piccola città capace di vita autonoma, costruita con criteri di assoluta modernità, secondo un razionale piano urbanistico. Quasi un’utopia assimilabile alla città dell’uomo di Adriano Olivetti.

Altrettanto moderno era l’impianto urbano della vicinissima Decamerè, sorta una trentina di chilometri a sud di Asmara, con i tipici villini riecheggianti l’eclettismo italiano, sugli esempi del quartiere Coppedè di Roma o del quartiere della missione italiana in Cina presso Tientsin o Tianjin (guado del fiume del paradiso), oggi in corso di valorizzazione con un progetto italo-cinese.

Durante il dominio italiano, specie negli anni trenta, l'Eritrea fu la colonia maggiormente ammodernata: furono costruiti migliaia di km di strade, ponti, e la ferrovia Massaua-Asmara (oggi ripristinata a fini turistici). Le città furono sistemate anche con la creazione di numerosi quartieri italiani. Bisogna sottolineare che l'Eritrea, rispetto all'Etiopia e alla Somalia Italiana, fu la colonia con la più forte presenza di italiani. Infatti nel censimento del 1939 solo ad Asmara furono censiti 53.000 Italiani, su una popolazione totale di 98.000 abitanti.

Terminato il conflitto abissino, sorse a Decamerè (o Dekemhare cioè Deccà Maharè, figli di Maharè), importante snodo strategico nella viabilità dell’AOI, una città di notevoli dimensioni, con moderni edifici pubblici, in stile '900, tipici del Razionalismo italiano:  magazzini, officine, soprattutto di assistenza automobilistica, stabilimenti vari, e vigneti. Inoltre, alberghi, numerosi ristoranti, tabarin, posta, telegrafo, telefono; cinematografo; Banco di Napoli e Banca Nazionale del Lavoro. Le migliaia di baracche e costruzioni di ventura, improvvisate nel 1935-36 dall'Intendenza A.O., da ditte di autotrasporti e di officine di riparazione per autoveicoli, da rappresentanze delle principali industrie italiane e da commercianti di ogni ramo, vennero trasformate in edifici generalmente di architettura modernissima.

Il clima, data la minore altitudine, era più gradito a molti rispetto a quello di Asmara, sicché la città raggiunse già nel 1938 circa 12.800 abitanti, di cui oltre la metà italiani stabili e più di quattromila fluttuanti, e continuò a svilupparsi negli anni successivi fino all'occupazione inglese nel 1941. Decamerè divenne anche il rinomato centro dei divertimenti e della residenza dell’alta società italica orbitante intorno ad Asmara. Due squadre di calcio, in prima e seconda divisione, giocheranno per Decamerè e Capronia.


E’ del 1938 una guida turistica che ci parla della zona, la “Guida dell’Africa Orientale Italiana” edita dalla Consociazione Turistica Italiana (oggi Touring Club) e prodotta in oltre mezzo milione di esemplari. Nella guida di straordinaria modernità, oltre ai percorsi naturalistici ed automobilistici vengono descritti anche “Itinerari aerei”.

In quello da Asmara ad Assab e Dire Daua (un percorso di 780 Km. da coprire in circa 6 ore), si dice: “rotta facile con buoni punti di riferimento. ( Linea dell'“Ala Littoria”, partenze mart. e ven. L. 1.185; per Assab ore 3, ecc.), partenza da Asmara, Aeroporto U. Maddalena, pag. 207. Dopo pochi min. di volo si lascia l'altipiano eritreo, su cui si vede a destra Decamerè e a Sud di questa i campi d’aviazione, quasi uniti, di Gúra e Mài Edagà; si prosegue incrociando una serie di valli selvagge e di dorsali e massicci che si elevano fin oltre i 3000 m.; si scorge a destra Saganéiti, poi Addì Caièh, caratteristico per la simmetria dei tucul bianchi; con bel tempo, si distingue anche Senafè”.

Nella descrizione della carrozzabile da Asmara ad Enticciò si dice: “km. 30 da Asmara, a Decamerè, pavimentata e bitumata; carrozzabile km. 68 da Decamerè al Bélesa, più stretta e tortuosa, ma buona… Da Asmara a, km. 39, Decamerè, pag. 286. Dal bivio presso l'Ufficio Postale nella vecchia Tappa, si prende a d.(destra) in direzione S (sud), lasciando a d. la Residenza e a sin. la città. Km. 39.8 bivio a d. per Corbària e Teramnì, pag. 197. Si scende leggermente nella vasta e verdeggiante piana di Gúra; nella piana ebbe luogo la battaglia di Gúra (7 mar. 1876), in cui Hassan Pascià: con 25000 Egiziani fu sconfitta dal Negus Giovanni. Si lascia a sin. una nuova chiesa copta, poi l'Aeroporto di Gúra, il più grande campo d'aviazione che sia mai esistito nel continente, il quartier generale della nostra Armata aerea nel conflitto italo-etiopico del 1935-36. La piana è limitata a S da uno sbarramento di colline, ai cui piedi sono officine aeronautiche, dette Caprónia”.

Ancora oggi è visibile la pista in terra battuta da dove spiccò, a maggio del ’41, l’ultimo volo il Vicerè Amedeo, Duca d’Aosta, diretto alla sua fatale prigionia. In quell’occasione gli fu concesso di pilotare per l’ultima volta.

Dal ’41 al ‘52 inizia la lenta agonia dell’ex colonia, con la fine dei commerci e la vendita a pochi soldi delle case, poi demolite per recuperare i materiali. Avverrà così il rimpatrio di tutti gli italiani, almeno di quelli che non caddero sotto i numerosi assalti dei ribelli Scifta.

(26 novembre 2010)