La lezione di un incidente

Scritto da Pietro Pallini

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Anche se ci vorrà del tempo per analizzare correttamente le cifre ed approfondire le cause (e le concause) dei singoli eventi, dal punto di vista della sicurezza il 2013 appena concluso è incontestabilmente quello che i nostri padri latini avrebbero chiamato un "annus mirabilis".


E, come ci è già capitato di dire, ne segue un altro che già poteva essere definito "felice". E' ovviamente ancora troppo presto per dire se siamo di fronte a una tendenza permanente o a due semplici coincidenze, tanto più che, come ben sa chi si occupa seriamente di sicurezza del volo, il quadro completo della situazione si ottiene andando oltre la semplice elaborazione statistica dei numeri riguardanti gli incidenti mortali e le loro vittime.

A volte, tra un incidente mortale e un semplice "atterraggio duro", la discriminante è talmente sottile da spingere gli esperti a considerare i due eventi come assolutamente simili, e dunque degni della medesima attenzione e delle stesse indagini. E questo anche se, come dicevamo poco fa, di questi accadimenti "minori" le statistiche (o almeno quelle più superficiali e quelle che l'industria aeronautica ama sbandierare) non si occupano.

Sì, è vero, l'opinione pubblica è colpita dalle grandi tragedie e, ovviamente, a quelle chiede di porre un rimedio, ma spesso (e soprattutto, volentieri) si imparano più cose da un mancato incidente, se non altro perché in quest'ultimo caso è più facile avere accesso ai dati del volo e alle testimonianze dirette di chi, piloti in primis, ne è stato protagonista. Ed è senz'altro più facile chiedere a un pilota perché ha fatto (o non ha fatto) una determinata manovra, che non cercare di scoprirlo analizzando rottami e registratori di voci e dati. I mancati incidenti, dunque, e anche gli incidenti meno gravi, quelli che fanno poco titolo sui giornali, sono una fonte insostituibile nella costante ricerca di sicurezza.

E' il caso dell'incidente occorso il 6 luglio 2013 al volo Asiana 214, da Seoul a San Francisco, al termine di un viaggio che gli esperti sono soliti definire "uneventful", cioè assolutamente normale, senza nessun accadimento degno di nota, durante un atterraggio che si svolgeva in condizioni meteo che normalmente un pilota definirebbe "tempesta di sereno": visibilità ottima, temperatura fresca, vento debole e qualche rara nuvoletta in cielo.

Eppure all'ultimo momento qualcosa è andato storto, perché anziché posarsi più o meno dolcemente sulla pista, il Boeing B-777 (perfettamente funzionante) è finito sotto al suo sentiero ideale di avvicinamento, perdendo velocità fino al punto di colpire con la coda una diga frangiflutti posta poche decine di metri prima della pista. Dopo essersi spezzato in due, l'aereo è rimbalzato sulla pista, ha preso fuoco e si è finalmente arrestato sul prato dell'aeroporto. Il bilancio è stato di tre morti.

Un incidente che fa tornare alla mente, almeno per ciò che riguarda l'epilogo, quello di Palermo, dove il 24 settembre 2010 un A-319 di WindJet era anch'esso "atterrato corto" ed era rimbalzato sulla pista, scivolando successivamente di lato verso il prato. Le analogie si fermano qui, perché le condizioni generali di volo erano in realtà sostanzialmente diverse.

Ma si fermano qui anche e soprattutto perché dal volo di Palermo la comunità aeronautica non ha a tutt'oggi potuto trarre alcun giovamento, nel senso che l'inchiesta tecnico-formale è ancora lungi dall'essere terminata e, soprattutto, poco o nulla si sa del suo progredire. A San Francisco invece, già nei primi giorni dopo l'incidente il National Transport Safety Board è stato prodigo di particolari (fin troppo, secondo alcuni), e a distanza di pochi mesi ha organizzato un public hearing, durante il quale sono state messe a disposizione le prime rilevanze delle indagini.

E da questi dati emerge un quadro che, al di là della pura e semplice formuletta di rito "fattore umano, dunque errore dei piloti" tanto cara ai media generalisti, fornisce a chi di sicurezza si occupa per davvero un perfetto esempio di quanto e fino a che punto singoli eventi di scarsa (o nessuna) importanza se presi singolarmente, possano tutti insieme condurre a un disastro.

In questo senso, tutte le componenti del modello investigativo SHELL sono presenti nell'incidente dell'Asiana 214, e proprio per questo torneremo ad occuparcene in modo più approfondito nelle prossime settimane.

(3 gennaio 2014)