Mayday Fuel - III

Scritto da Antonio Chialastri

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(segue) III - La responsabilità ultima della quantità di carburante presente a bordo al momento di intraprendere un volo ricade dunque sul Comandante: a lui la decisone, su di lui il peso di tutta una serie di responsabilità di ordine tecnico, professionale e legale di cui non tutti sono consapevoli.


Vediamo anzitutto come l’ICAO considera l’emergenza carburante. Gli eventi vengono classificati secondo gravità come accident, serious incident e incident. L’Annesso 13, che regola le investigazioni aeronautiche afferma che devono essere oggetti di investigazione aeronautica sia gli accident sia i serious incident (la differenza tra i due è che mentre nel primo è successo qualcosa, nel secondo avrebbe potuto succedere altrettanto, ma solo la fortuna ha giocato un ruolo nell’evitare conseguenze più gravi).

L’emergenza carburante è considerata serious incident. Inoltre, è previsto che sia l’accident sia il serious incident siano trascritti sulla licenza del pilota. Quindi, in linea puramente teorica, il pilota si ritrova ad avere la propria licenza non più vergine per via di questo evento. Poi, quando cercherà lavoro in giro per il mondo si troverà a dover fare i conti con una piccola postilla (no remarks on license) messa da quasi tutte le compagnie che cercano piloti. È un modo come un altro di complicarsi la vita, ma c’è chi è più propenso al rischio di altri e bisogna accettare questo giocare con la sorte, fintanto che tutto finisce bene.

Il secondo aspetto un tantino più grave riguarda le conseguenze penali di un’emergenza carburante. Infatti, una volta che si finisce sui giornali si apre uno scenario interessante. Un passeggero presenta un esposto ad un magistrato che è tenuto ad aprire un fascicolo per “attentato alla sicurezza dei trasporti”. Non tutti sanno che nel nostro codice penale esistono diversi tipi di reato, tra i quali “disastro aeronautico” (accident) e “attentato alla sicurezza dei trasporti” per gli eventi da pericolo, tra i quali rientra, per la stessa definizione dell’ICAO, l’emergenza carburante.

Il codice penale, all’art. 432 riporta:
“Chiunque, fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti, pone in pericolo la sicurezza dei pubblici trasporti per terra, per acqua o per aria, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Si applica la reclusione da tre mesi a due anni a chi lancia corpi contundenti o proiettili contro veicoli in movimento, destinati a pubblici trasporti per terra, per acqua o per aria.
Se dal fatto deriva un disastro, la pena è della reclusione da tre a dieci anni”.

Il giudice che convoca il Comandante chiederà, magari molto cordialmente, come sono andati i fatti. Sicuramente ci sarà stato un imprevisto, una irregolarità operativa che ha comportato un’alterazione dei piani, portando a consumare più del previsto. La prima domanda che sorge spontanea al giudice sarà: “Scusi, ma avete avuto tutti questo problema o solo lei ha dichiarato emergenza?”. Già il fatto di dire “Solo io” mette il malcapitato in una brutta luce. La seconda domanda spontanea sarà: “Ma scusi, ma lei non poteva imbarcare più carburante?”. Quasi certamente il Comandante risponderà ingenuamente di sì, suggerendo inconsciamente al giudice la terza domanda spontanea: “E perché non lo ha fatto, se ne aveva la possibilità?”. A questo punto il Comandante non si è accorto che sta sudando e probabilmente ascoltando le proprie parole si renderà conto che le assurdità che i manager gli hanno raccontato fino a quel momento non servono a tirarsi fuori dalla situazione in cui si trova: “Per risparmiare, signor giudice”.

Sono parole che ricordano molto i famosi processi in cui gli imputati si giustificavano con “Eseguivo gli ordini”. Affermare che per risparmiare soldi si mette in pericolo la vita dei passeggeri è una specie di suicidio legale.

Ovviamente, il giudice è una persona di buon senso ed allora andrà a ritroso a cercare i riferimenti documentali in cui la compagnia aerea ha invitato i Comandanti ad imbarcare il minimo carburante. Ebbene, non esiste nessuna pezza d’appoggio scritta per il semplice motivo che una policy per sua natura è orale. Non c’è niente di scritto che intimi al Comandante di imbarcare il minimo quantitativo.

Ecco cosa si intende per pressioni organizzative. Un profano potrebbe non capire cosa spinga un Comandante a mettere a repentaglio la propria licenza, la propria fedina penale, e in casi estremi anche la vita per risparmiare carburante.

Il volo commerciale è caratterizzato dal fatto che ha dei paletti molto più larghi del volo militare, dove il raggiungimento dell’obiettivo è tutto. Interpretarlo come un continuo esercizio di prove di ardimento non porta vantaggi né al singolo, né ai passeggeri, né alla Compagnia.

È necessario quindi tornare a riposizionarsi in quella fascia di tolleranza rispetto al rischio che eviti brutte sorprese, mantenga i margini di sicurezza adeguati per il tipo di operazioni che si stanno svolgendo e soprattutto ci si cominci a chiedere se quello che viene chiesto è etico o non è accettabile dalla coscienza professionale del pilota.

Per quello che riguarda il livello di rischio indotto dalla fuel policy c’è da fare un discorso a parte, che è molto lungo, e che mi riprometto di affrontare in un prossimo futuro.

(12 gennaio 2018)