Il dilemma delle carrette russe

Scritto da Franco Di Antonio

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L’8 settembre dello scorso anno una incredibile serie di avarie costrinse un Tupolev TU-154M di Alrosa Airlines a uno spettacolare atterraggio d’emergenza su una pista per elicotteri abbandonata da tempo. L'incidente è emblematico della situazione dell'aviazione civile ex-sovietica.

Tutte le pompe del carburante, gli strumenti di navigazione, e gli apparati radio si guastarono in rapida sequenza, lasciando i piloti senza mezzi di navigazione e con pochissima autonomia di volo. Ma, chissà come, il comandante del volo si ricordò dell’esistenza di una pista nei pressi della zona dove combattevano con le micidiali avarie. L’equipaggio riuscì a mettere a terra l’aereo, che terminò la sua corsa dopo la fine della pista, dentro un boschetto della sconfinata Siberia, nei pressi di Izhma, salvando tutti gli 81 occupanti.

Che l’atterraggio abbia avuto del miracoloso è stato poi confermato dal fatto che nei sei mesi successivi l’aereo è stato riparato e riportato in volo dalla stessa superficie (solo 1300 metri di lunghezza), da un equipaggio di piloti collaudatori messi a disposizione dall’Istituto Statale di Ricerche Aeronautiche GosNII.

L’industria aeronautica russa è ferma da circa 20 anni, ha bisogno di mettersi al passo con il mercato globale, quasi tre quarti delle macchine utensili sono prive di controllo numerico e usurate fino all’immobilizzazione. E benché il settore aeronautico sia tra i più avanzati in Russia, negli ultimi dieci anni circa la metà delle macchine utensili è stata importata dall’occidente accumulando un ritardo ai limiti della sopravvivenza, soprattutto dal punto di vista dei tempi di produzione e della realizzazione della componentistica e dei motori.

Per il mercato interno occorrono rapidamente velivoli in grado di svolgere il lavoro dei robusti e spartani velivoli dell’era sovietica, per il quale i modelli occidentali non sono adatti. Occorre infatti un basso peso per ruota a causa delle piste su cui si è costretti ad operare, ed una progettazione che tenga conto del terribile clima che per gran parte dell’anno interessa la quasi totalità del territorio.

Gli aerei di nuova costruzione hanno ritardi incolmabili o produzioni in numero insufficiente: il Tu-334, l’An-148, il Superjet 100, l’Irkut MS-21, e tutti gli altri saranno spazzati via anche dal mercato russo se alcuni tipi occidentali saranno “customizzati” per lo scenario russo/siberiano.

Il Presidente Medvedev pensa di mettere a terra gli aerei dell’era sovietica, allo scopo di evitare gli incidenti, ma questo lascerebbe senza collegamenti le zone più remote dell’immensa federazione: secondo alcuni analisti il bando dei vecchi aerei potrebbe isolare da 50 fino a 300 centri produttivi. Per esempio la flotta di Tu-134 consiste ancora in più di 90 aerei. L’Antonov An-24 non è più in produzione dal lontano 1979, ma non esiste un aereo delle stesse caratteristiche sul mercato occidentale. L’unico assimilabile è l’ATR-42 franco-italiano, ma al momento poco adatto ad operare in quei climi.

Intanto, dopo l’ultimo incidente, è stata messa a terra la flotta di An-12, il tipo più vecchio del lotto. L’editore di un autorevole mensile aeronautico russo, Oleg Panteleyev, sostiene che si tratta di fatti privi di consistenza e che gli aerei ex-sovietici, prodotti con presupposti bellici, se fossero ben mantenuti, sarebbero in grado di affrontare ancora a lungo il duro lavoro a cui sono assegnati. La scelta logica sarebbe piuttosto l’ammodernamento delle strutture aeroportuali e manutentive, ma tempi e costi sembrano scoraggiare anche la semplice ipotesi di lavoro.

Il capo dell’Aeroflot, Vitaly Savelyev, ritiene che entro il 2020 il 40% della flotta di aerei civili utilizzati in Russia potrebbe essere prodotto dall’industria nazionale, e che la Russia in teoria avrebbe le capacità di lanciare la produzione di alcuni tipi di aereo in grado di sostituire la vecchia flotta ex-sovietica. Purtroppo, secondo l’editore di Aviaport, il rateo di produzione attuale è veramente basso, e questo è il punto sul quale il governo dovrebbe invece di cercare scorciatoie semplici come mettere a terra i vecchi aerei. Rimane, ad ogni buon conto, insoddisfatta la domanda di aerei in grado di raggiungere le zone impervie ed isolate della federazione mantenendo ratei di sicurezza di livello internazionale.

Una rapida occhiata all’entità del problema ci rivela che dal 1989 il rateo annuo di incidenti è più che raddoppiato e che la quasi totalità degli incidenti è avvenuta in Russia e nei paesi asiatici vicini.

Negli ultimi 5 anni si sono avuti 8 incidenti a carico del Tupolev 154 con 467 morti, 24 incidenti per l’Antonov 12 con 134 morti, 21 incidenti per An 24/26 con 235 vittime, 4 incidenti per Tu-134 con 53 morti, 13 incidenti per Ilyushin 76 con 68 perdite, e 40 per An-2 con 49 morti. Un totale di 1.006 morti in 110 incidenti. In soli cinque anni e in sostanza a carico di un solo sistema l'impatto drammatico.

Nel 2011 il sistema aviatorio mondiale ha subito finora 20 incidenti, ben 10 dei quali ai tipi d’aerei citati sopra. Su un totale di 370 morti, 77 sono a carico degli aerei russi, che negli incidenti hanno tuttavia mostrato un tasso di sopravvivenza medio per i passeggeri di oltre il 30%.

Magra consolazione, perché i numeri sono spietati e denunciano uno stato delle cose inaccettabile: arduo il dilemma che si pone ai governanti della Federazione Russa.

(16 settembre 2011)