A testa in giù (riflessioni)

Scritto da Pietro Pallini

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Le autorità giapponesi hanno classificato l'incidente occorso al Boeing B-737 nei cieli di Hamamatsu all'inizio di settembre come “serious incident” e questo, anche se non ci sono stati né morti né feriti gravi, è perfettamente in linea con i criteri di indagine sugli incidenti aerei.

I quali incidenti, in inglese, non sono semplicemente incidenti, ma si dividono in accident e incident. Nel primo caso si parla di morti o di aereo distrutto, nella seconda fattispecie rientrano invece eventi di minore gravità, che pur non avendo comportato perdite di vite o mezzi, avrebbero potuto tuttavia provocare danni ben più gravi e per il quale si intraprendono delle azioni correttive in termini di prevenzione, addestramento, procedure e progettazione.

Ma vediamo più da vicino la dinamica dell'incidente, che, come abbiamo già detto, è stata causata dall'azionamento di un interruttore al posto di un altro. Ebbene, i due interruttori in questione, sebbene abbastanza diversi come forma, vengono azionati nello stesso modo e sono entrambi dotati di una molla che li riporta in posizione neutra quando vengono rilasciati. Inoltre si trovano a pochi centimetri di distanza l'uno dall'altro, nella piantana centrale, quella che sta in mezzo ai due piloti e, particolare non secondario, in posizione arretrata rispetto ai sedili dei piloti stessi, al di fuori del loro campo visivo normale.

It's unsafe design in my opinion”, stigmatizza un pilota in un forum internazionale, e continua così: “Per quello che è la mia esperienza, l'interruttore della porta viene azionato quasi automaticamente. Qualcuno bussa alla porta, getti un'occhiata alla telecamera, vedi il comandante, magari nello stesso tempo ti chiamano per radio... allunghi il braccio dietro la schiena e giri l'interruttore... la porta non si apre? giri di nuovo...”

Che è esattamente quello che è capitato: il pomello è stato azionato per 4 secondi, rilasciato, e azionato nuovamente per 6 secondi, provocando il brusco capovolgimento dell'aereo. Due interruttori troppo simili (e troppo vicini) tra di loro e un gesto fatto così tante volte da essere ormai meccanico: secondo la famosa legge di Murphy, prima o poi doveva succedere che qualcosa andasse male, e infatti è successo.

A questo punto, ovviamente, qualcuno si chiederà perché l'apriporta sia posizionato proprio lì. Ebbene la risposta è di una semplicità agghiacciante: il dispositivo di apertura automatica è stato aggiunto in cockpit solo da qualche anno, dopo l'adozione delle porte blindate a seguito dei fatti dell'11 settembre, e in quasi tutti gli aerei è stato montato... dove c'era posto.

Inizialmente l'apriporta non c'era, come non c'erano le telecamere di sorveglianza, e tante compagnie avevano risolto il problema disponendo che, in caso di assenza di uno dei due piloti, un assistente di volo si recasse in cockpit col compito di verificare, attraverso uno spioncino, l'identità della persona che bussava, per poi aprire manualmente la porta blindata. E' una pratica ancora usata, ma l'avvento delle telecamere la sta facendo cadere in disuso, infatti All Nippon Airways non la prevede.

In compenso, ANA obbliga i suoi piloti, quando sono soli in cockpit, a indossare la maschera a ossigeno qualora si trovino a una quota superiore ai 25.000 piedi. Lo scopo di questa procedura è di essere già pronti a reagire a una eventuale depressurizzazione dell'aereo, che dovrebbe essere fronteggiata senza l'aiuto dell'altro membro di equipaggio, ma ha una controindicazione che forse è stata sottovalutata: la maschera finisce col limitare ulteriormente il campo di visione periferico del pilota. A maggior ragione se è notte, e la cabina di pilotaggio è immersa nell'oscurità.

Perché l'incidente è avvenuto alle 22:50, al termine di una giornata di lavoro e tra l'altro abbastanza vicino all'inizio di quella finestra del ciclo circadiano inferiore in corrispondenza della quale le prestazioni umane calano sensibilmente e gli effetti della fatica maggiormente si fanno sentire. Come dice un altro pilota di linea: “Sono cose che possono succedere, se sei stanco o stressato e il design del cockpit è tale da trarti in inganno.”

Non a caso, il Japan's Transportation Safety Board nella sua relazione preliminare, tra gli aspetti che dovranno essere ulteriormente approfonditi, indica le modalità di turnazione, i criteri addestrativi, la famosa procedura delle “maschere a ossigeno” e, appunto, il design del cockpit.

(7 ottobre 2011)