Il dopo AF 447: meteo

Scritto da Franco Di Antonio

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Una parte importante dell’inchiesta sull’incidente è costituita dall’analisi delle condizioni meteorologiche in rotta, altra concausa importante dell’innesco dell’incidente: se non ci fossero state condizioni meteo avverse, e questo è lapalissiano, l’incidente non si sarebbe verificato.


Un tema è il convitato di pietra di quest’analisi: l’abitudine ormai diffusa di sorvolare o passare decisamente vicino ai fronti di perturbazioni di dimensioni rilevanti. Il costo del carburante, i sistemi radar sempre più precisi, ed i voli ai margini estremi dell’autonomia degli aerei, sono le motivazioni alla base di queste “nuove” procedure.

Storicamente, in specie per i Fronti Intertropicali, si è sempre evitato di sorvolare le formazioni temporalesche. Le deviazioni rispetto alla rotta pianificata, allo scopo di evitare i fenomeni più violenti, sono state sempre molto ampie, fino a raggiungere anche centinaia di miglia. Con i moderni sistemi meteo, i dettagli circa le formazioni temporalesche sono più precisi, e questo spinge gli equipaggi, pressati da stringenti comportamenti di conservazione del carburante, a sorvolare o passare ad una manciata di miglia dalle zone più virulente.

E’ pur vero che le quote di volo dei moderni jet sono più alte che in passato, ma i Fronti Intertropicali sono di gran lunga le formazioni temporalesche che raggiungono le maggiori quote. Insomma passare vicino alle cellule centrali dei vari “groppi” significa sfidare le norme di certificazione sul ghiacciamento delle sonde di Pitot, oltre che assicurarsi un volo dentro turbolenza estrema.

Nessuna raccomandazione viene emessa a seguito dell’inchiesta per spingere le compagnie aeree a tornare indietro su questi temi. Il BEA esprime la necessità di approfondire gli studi sulla meteorologia alle alte quote e sugli ITCZ (Inter-Tropical Convergence Zone), fenomeni poco indagati. In effetti, uno dei fenomeni che avrebbe causato l’ostruzione delle sonde con cristalli di ghiaccio, è stata l’estrema “turbolenza termica” della zona attraversata, con repentine e corpose variazioni di temperatura ed umidità (EASA.2011.OP.28 “High IWC-Ice water content of clouds at high altitude”).

Nel nostro caso l’estensione delle cellule temporalesche era approssimativamente di 200 miglia nautiche (la distanza da Roma a Bologna), ed arrivava ad un’altezza di 45.000 piedi (l’aereo volava a 35.000): non stiamo proprio parlando di un nanerottolo. E le osservazioni meteo confermavano la forte probabilità di una notevole turbolenza nella zona attraversata dal volo AF447. Nell’area dell’aerovia UN 873, incrociavano altri 3 voli: sono stati analizzati anch’essi.

L’Iberia IB6024, passò sul punto ORARO 12 minuti dopo l’AF447, il velivolo era un A340 che volava ad un livello di 370 (37.000 piedi), incontrarono fenomeni severi e quindi deviarono di trenta miglia sulla destra della rotta.

Il volo Air France AF459 seguì la rotta dell’AF447, 37 minuti dopo. Dopo varie selezioni di funzionamento del radar meteo (selezione del “gain” da CAL a MAX), e dell’inclinazione dell’antenna (-1°), l’azione evasiva intrapresa dal volo (un A330), lo portò 80 miglia a destra della rotta e a salire dal livello di volo 350 a quello 370. L’equipaggio riportò turbolenza ai bordi della zona di convergenza intertropicale.

Il volo Lufthansa LH507 passò circa 20 minuti prima dell’AF447 a livello 370, nella zona interessata dall’attività meteo. Nei pressi del punto ORARO l’equipaggio riportò che volava dentro e fuori dalle nubi, in pratica sulla sommità della formazione nuvolosa.

Dall’indagine sul volo AF447 non è stato possibile stabilire quale immagine della formazione nuvolosa si fosse fatta l’equipaggio, si ritiene che comunque avesse sufficienti informazioni sulla situazione. Infatti, il rischio associato con l’attraversamento del fronte intertropicale fu discusso diverse volte dall’equipaggio come d’altra parte fecero gli altri equipaggi dei voli in quella zona.

La preoccupazione principale dei due copiloti rimasti alla guida dell’aereo, durante il turno di riposo del Comandante, fu in ogni caso di volare più alti della sommità delle formazioni nuvolose. Nonostante le capacità aerodinamiche dell’aereo consentissero al volo AF447 di salire a FL370, i piloti non salirono per lasciarsi un margine di manovra rispetto alle prestazioni limite, come aveva detto il Comandante, con la conseguenza di restare in zona di elevata turbolenza. Questo confermerebbe l’attitudine degli equipaggi a considerare pressoché normale il volo attraverso o sopra un ITCZ, anche perché il radar rimase a lungo selezionato su Calibrated (CAL). In ogni caso, anche probabilmente grazie alla deviazione comunque disposta, la turbolenza non fu mai superiore ai livelli che di solito sopportano i voli a lungo raggio, insomma accettabile.

La decisione, che sarebbe stata fondamentale, di evitare con una corposa deviazione laterale la zona perturbata non fu mai presa in considerazione, sebbene non fosse chiaro se per questioni di gestione del carburante. Ad ogni buon conto il pilota subentrato a sostituire il Comandante cambiò la funzione del radar da CAL a MAX ottenendo un’immagine che indusse a cambiare strategia con una leggera deviazione dal sentiero stabilito (12 gradi a sinistra della rotta).

Naturalmente nessuno menzionò mai i rischi connessi con l’attraversamento di una zona ad alta densità di cristalli di ghiaccio, che potenzialmente possono ostruire le sonde di velocità. Anche questo confermerebbe la convinzione dei piloti che la perdita di tutti i riferimenti strumentali fosse “impossibile” come asserito dai costruttori.

In conclusione le condizioni meteo nell’area dell’incidente si possono riassumere così: per il periodo dell’anno, le condizioni meteo vanno considerate come “usuali”, le formazioni temporalesche presenti sulla rotta del volo AF447 erano in ogni caso imponenti, la composizione dettagliata di queste manifestazioni meteorologiche sopra livello di volo 300 (circa 10.000 metri) è poco conosciuta, con particolare riguardo alle gocce sopraffuse, in relazione ai cristalli di ghiaccio, con l’accento su questi ultimi. Altri voli nella stessa area ed a medesime quote alterarono sensibilmente la rotta per evitare le masse nuvolose all’incirca negli stessi orari.

Dall’inchiesta non è stato possibile ricostruire dettagliatamente cosa vedevano i piloti, e il BEA tra le 41 raccomandazioni pone anche all’ICAO la questione della necessità di registrare i dati video di bordo con un cockpit o un instrument video recorder che abbia regole di lettura in grado di garantire la riservatezza dei dati.

(25 gennaio 2013)