Tripoli: alcune considerazioni - 2

Scritto da Pietro Pallini

Stampa

Arrivato a una quota di 300 piedi, non riuscendo a vedere la pista 09, il volo Al Afriqiyah 771 comunica alla torre di controllo di stare riattaccando, al termine di un avvicinamento finale che nelle ultime fasi appare essere stato completamente stabilizzato.

Stando almeno alle comunicazioni radio udite anche dagli altri equipaggi presenti sull'aeroporto di Tripoli, l'A330 libico aveva infatti regolarmente riportato il sorvolo del radiofaro TW, situato a circa 4 miglia nautiche dalla pista e allineato con l'asse della stessa, ed aveva ricevuto l'autorizzazione all'atterraggio.

E invece, per radio si ode un urlo indistinto mentre l'aereo, anziché risalire in quota per riprovare ad atterrare sulla pista opposta, esce dalle nubi basse puntando verso terra con un assetto molto picchiato (quasi 40 gradi secondo alcuni osservatori, sicuramente almeno 30).

E' ipotizzabile che a urlare sia stato il pilota che, accortosi di quanto stava succedendo, nell'agire bruscamente sul suo joystick per riportare verso l'alto il muso dell'A330, ha magari premuto inavvertitamente il pulsante della radio, che si trova proprio sul joystick.

Un attimo dopo, l'aereo impatta violentemente col terreno prendendo subito fuoco.

Nell'urto, il piano verticale di coda (il timone di direzione) si stacca e rimbalza in avanti fino ad arrivare a circa 500 metri dall'inizio della pista. Gli operatori di torre non si accorgono di nulla, e l'allarme viene dato da un altro aereo, il cui equipaggio ha assistito alla scena.

Sulle prime, data la somiglianza dei nominativi radio dei due aerei (Al Afriqiyah 771 - Alitalia 871), la torre di controllo non si rende conto di cosa è accaduto, e prova addirittura a richiamare l'Al Afriqiyah 771, pensando che stia regolarmente riattaccando, come comunicato. Un ulteriore scambio di comunicazioni chiarisce l'equivoco, e in capo a pochi minuti cominciano ad affluire i (pochi) mezzi antincendio.

Seguono diversi minuti di incertezza al termine dei quali, con una procedura a dir poco disinvolta, gli operatori di torre chiedono all'aereo in attesa di decollare se la pista sia sgombra da detriti, frammenti e rottami. Ricevuta risposta affermativa, lo autorizzano al decollo, mentre gli altri aerei in attesa di atterrare vengono fatti dirottare verso altri aeroporti.

Cosa è successo negli ultimi istanti dell'avvicinamento? Perché un aereo che stava percorrendo una traiettoria che si può presumere correttamente stabilizzata si è ritrovato di colpo a puntare il muso verso il terreno con un assetto e una velocità che hanno reso impossibile qualsiasi manovra correttiva?

Tutto quello che, allo stato attuale delle conoscenze si può ipotizzare, è un disorientamento spaziale (vedi anche l'articolo Illusioni ottiche di Antonio Chialastri) dovuto alle mutevoli condizioni di luce. L'incidente è infatti avvenuto all'alba, al termine di un volo notturno, e il muso dell'aereo era puntato esattamente nella direzione del sole che stava per sorgere, con l'aggravante della presenza a bassissima quota di un consistente strato di nubi e foschia in via di addensamento.

Inoltre, i piloti di lungo raggio che sono abituati ai lunghi voli di notte conoscono benissimo quella strana sensazione, quasi di “campana di vetro”, che spesso colpisce, complice la stanchezza, proprio nei momenti conclusivi del volo, e la falsa sensazione di sicurezza che l'atterrare su un aeroporto familiare, come quello di base abituale, può indurre.

Ci vogliono professionalità, esperienza ed allenamento per non cadere in trappole simili, e occorre mettere in atto, prima e durante un volo impegnativo come quello in esame, tutta una serie di accorgimenti tesi a minimizzare l'effetto della fatica.

Anche il fattore “esperienza dei membri d'equipaggio” dovrà quindi essere tenuto nel debito conto, e a questo proposito si raccolgono diverse voci che parlano di una prassi di compagnia, una regola non scritta ma quasi sempre applicata, che prescrive la presenza a bordo di almeno un membro di equipaggio scelto tra i numerosi stranieri di grande esperienza (alcuni anche italiani) che volano per Al Afriqiyah. Ebbene, l'equipaggio di condotta del volo precipitato era composto interamente da personale libico.

L'inchiesta dovrà anche accertare se il riposo goduto dall'equipaggio a Johannesburg, prima di intraprendere il volo di ritorno, sia stato pianificato con criteri adeguati e non inficiato da elementi di disturbo.

Senza dimenticare che al giorno d'oggi, vista l'enorme diffusione di sistemi di atterraggio di precisione in grado di fornire anche un'indicazione di planata (come l'ILS, presente sulla pista opposta), i piloti sono sempre meno allenati a condurre i cosiddetti “non precision approach” in condizioni di poca visibilità.

Avendo escluso, dall'esame preliminare delle scatole nere, l'ipotesi di un attentato o di un guasto, gli investigatori dovranno quindi battere altre vie. Disorientamento? Stanchezza? Inesperienza? Errore di manovra? Scarsa dimestichezza con le procedure di non precisione? Un letale mix di questi ingredienti?

All'inchiesta l'ardua risposta.

Leggi la prima parte dell'articolo

(12 giugno 2010)

Arrivato a una quota di 300 piedi, non riuscendo a vedere la pista 09, il volo Al Afriqiyah 771 comunica alla torre di controllo di stare riattaccando, al termine di un avvicinamento finale che nelle ultime fasi appare essere stato completamente stabilizzato.
Stando almeno alle comunicazioni radio udite anche dagli altri equipaggi presenti sull'aeroporto di Tripoli, l'A330 libico aveva infatti regolarmente riportato il sorvolo del radiofaro TW, situato a circa 4 miglia nautiche dalla pista e allineato con l'asse della stessa, ed aveva ricevuto l'autorizzazione all'atterraggio.
E invece, per radio si ode un urlo indistinto mentre l'aereo, anziché risalire in quota per riprovare ad atterrare sulla pista opposta, esce dalle nubi basse puntando verso terra con un assetto molto picchiato (quasi 40 gradi secondo alcuni osservatori, sicuramente almeno 30).
E' ipotizzabile che a urlare sia stato il pilota che, accortosi di quanto stava succedendo, nell'agire bruscamente sul suo joystick per riportare verso l'alto il muso dell'A330, ha magari premuto inavvertitamente il pulsante della radio, che si trova proprio sul joystick.
Un attimo dopo, l'aereo impatta violentemente col terreno prendendo immediatamente fuoco.
Nell'urto, il piano verticale di coda (il timone di direzione) si stacca e rimbalza in avanti fino ad arrivare a circa 500 metri dall'inizio della pista. Gli operatori di torre non si accorgono di nulla, e l'allarme viene dato da un altro aereo, il cui equipaggio ha assistito alla scena.
Sulle prime, data la somiglianza dei nominativi radio dei due aerei (Al Afriqiyah 771 - Alitalia 871), gli uomini della torre non si rendono conto di cosa è accaduto, e provano addirittura a richiamare l'Al Afriqiyah 771, pensando che stia regolarmente riattaccando, come comunicato. Un ulteriore scambio di comunicazioni chiarisce l'equivoco, e in capo a pochi minuti cominciano ad affluire i (pochi) mezzi antincendio.
Seguono diversi minuti di incertezza al termine dei quali, con una procedura a dir poco disinvolta, gli operatori di torre chiedono all'aereo in attesa di decollare se la pista sia sgombra da detriti, frammenti e rottami. Ricevuta risposta affermativa, lo autorizzano al decollo, mentre gli altri aerei in attesa di atterrare vengono fatti dirottare verso altri aeroporti.
Cosa è successo negli ultimi istanti dell'avvicinamento? Perché un aereo che stava percorrendo una traiettoria che si può presumere correttamente stabilizzata si è ritrovato di colpo a puntare il muso verso il terreno con un assetto e una velocità che hanno reso impossibile qualsiasi manovra correttiva?
Tutto quello che, allo stato attuale delle conoscenze si può ipotizzare, è un disorientamento spaziale (vedi anche l'articolo Illusioni ottiche di Antonio Chialastri) dovuto alle mutevoli condizioni di luce. L'incidente è infatti avvenuto all'alba, al termine di un volo notturno, e il muso dell'aereo era puntato esattamente nella direzione del sole che stava per sorgere, con l'aggravante della presenza a bassissima quota di un consistente strato di nubi e foschia in via di addensamento.
Inoltre, i piloti di lungo raggio che sono abituati ai lunghi voli di notte conoscono benissimo quella strana sensazione, quasi di “campana di vetro”, che spesso colpisce, complice la stanchezza, proprio nei momenti conclusivi del volo, e la falsa sensazione di sicurezza che l'atterrare su un aeroporto familiare, come quello di base abituale, può indurre.
Ci vogliono professionalità, esperienza ed allenamento per non cadere in trappole simili, e occorre mettere in atto, prima e durante un volo impegnativo come quello in esame, tutta una serie di accorgimenti tesi a minimizzare l'effetto della fatica.
Anche il fattore “esperienza dei membri d'equipaggio” dovrà quindi essere tenuto nel debito conto, e a questo proposito si raccolgono diverse voci che parlano di una prassi di compagnia, una regola non scritta ma quasi sempre applicata, che prescrive la presenza a bordo di almeno un membro di equipaggio scelto tra i numerosi stranieri di grande esperienza (alcuni anche italiani) che volano per Al Afriqiyah. Ebbene, l'equipaggio di condotta del volo precipitato era composto interamente da personale libico.
L'inchiesta dovrà anche accertare se il riposo goduto dall'equipaggio a Johannesburg, prima di intraprendere il volo di ritorno, sia stato pianificato con criteri adeguati e non inficiato da elementi di disturbo.
Senza dimenticare che al giorno d'oggi, vista l'enorme diffusione di sistemi di atterraggio di precisione in grado di fornire anche un'indicazione di planata (come l'ILS, presente sulla pista opposta), i piloti sono sempre meno allenati a condurre i cosiddetti “non precision approach” in condizioni di poca visibilità.
Avendo escluso, dall'esame preliminare delle scatole nere, l'ipotesi di un attentato o di un guasto, gli investigatori dovranno quindi battere altre vie. Disorientamento? Stanchezza? Inesperienza? Errore di manovra? Scarsa dimestichezza con le procedure di non precisione? Un l