Il gioco dei pacchi... bomba

Scritto da Aldo Cagnoli

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Non c'è dubbio che il mondo, almeno nella gran parte delle sue relazioni umane sia governato dal principio di causalità. Un determinismo sociale e tecnologico, dove ogni innovazione sociale è collegata ad una spinta sociale, un mondo dove i bisogni umani sono  determinanti per l’emergere di nuove tecnologie.

Causa-effetto, principio regolatore dei rapporti sociali, compreso un fenomeno aberrante e apparentemente irrisolvibile come il terrorismo.

Certo, in linea con le nuove teorie scientifiche, partendo dal rivoluzionario principio di indeterminazione di Heisenberg, non vi è dubbio che l’elemento casualità sia senz’altro una variabile non trascurabile anche nel complesso scenario delle relazioni sociali; ma il principio di azione e reazione, se ci riferiamo nello specifico al terrorismo ed alle situazioni di disagio sociale e di strumentalizzazione nel quale germoglia, ne rappresenta il punto cardine.

Pensiamo all’educazione dei nostri bambini, poi adolescenti. Anche nei più ubbidienti c’è una continua ricerca nell’eludere i controlli imposti dalla società, dalla famiglia, dalla scuola. Gli ordini ed i suggerimenti sono elusi, “studiando” nuove strategie, a tratti anche ingegnosamente sofisticate per agire in modo antagonista. Dalle false giustificazioni  scolastiche alle fughe serali durante le gite, alle prime affascinanti e furtive sortite con i fidanzatini...

La nostra illusione è il controllo totale, ovviamente impossibile.

L’unica strada per evitare o  ridurre questo interminabile principio di azione-reazione, è quello di partecipare attivamente ed in modo complice ma fermo alla loro crescita, conquistando se possibile anche la loro fiducia. Il male non si combatte con il male: così si reprime momentaneamente, ma non gli impediamo di germogliare.

Torniamo al problema terrorismo.

I messaggi di Bin Laden trasmessi periodicamente da Al Jazeera, non sono nient'altro che dei messaggi in codice per attivare le varie cellule di Al Qaeda dormienti, semi autonome e sparse per i vari continenti. Attaccano in genere durante i periodi di festività, e anche questa specificità ha una logica spietata, razionale, quasi commerciale; ci tornerò sopra.

31 ottobre 2010, Festa di Halloween negli Usa, ed ecco i primi pacchi bomba imbarcati su aeromobili cargo provenienti dallo Yemen. I primi di novembre, in Europa festa di Ognissanti, ed i pacchi bomba continuano ad arrivare nelle maggiori capitali del vecchio continente.

Stavolta, come nel 2006 a Londra, il lavoro dell'intelligence ha permesso di sventare gli attacchi. L'intelligence argina la minaccia, in alcuni casi la blocca, ma quali sono le soluzioni strutturali per il futuro? Penso a dei piccoli interventi rivoluzionari ed a basso costo. Isolare le fonti di comunicazione dei terroristi.

Trasmettere su Al Jazeera, al posto dei messaggi di Bin Laden, le manifestazioni di solidarietà e di collaborazione, che esistono, in essere tra le diverse religioni.

Leggere in diretta TV qualche passo del Corano meno reclamizzato, come alcuni passi del libro di Maometto, che una delle rare figure innovatrici della Chiesa, il cardinal Martini, legge a Gerusalemme: “Non è espressione di pietà volgere il viso a Oriente o a Occidente. E' pietà, invece, credere al Dio, credere al giorno finale e agli angeli e alla scrittura e ai profeti; è pietà impoverirsi -per suo amore- e largheggiare in beni verso i parenti, gli orfani, gli emarginati, i pellegrini, i mendicanti; è pietà sciogliere le catene ai prigionieri...“

Il terrorismo nasce principalmente in alcune aree geografiche ben note con la forte pressione e strumentalizzazione di alcune correnti islamiche più radicali, ma soprattutto dalle condizioni di disagio e di emarginazione che sono state create e non risolte.

Si alimenta proprio sulle debolezze della nostra società occidentale, si rinvigorisce dalle macerie dell'economia di mercato che forse ha  toccato il suo fondo con il crollo della new economy americana e con il lungo strascico di incertezza che ha lasciato da ormai due anni.

Il sistema capitalistico come è concepito oggi, con le regole incerte ed aleatorie su cui si fonda, si sta avvitando su se stesso.

L'unico modo scelto di amministrare in questo stato di incertezza, dominato dalla paura, è quello di contenere i costi, di tagliare in modo lineare. Se non si fa differenza è chiaro che a pagare sono sempre gli stessi. Non si investe, non si creano i presupposti per innovare, non si pensa.

Allora i media ci parlano continuamente di sicurezza, ma poi in un modo un po’ masochista diventa lecito ed indispensabile tagliare anche questa: il personale costa, l'addestramento dello stesso è diventato troppo oneroso, spesso è autogestito con corsi nozionistici ed approssimativi “smarcati” via web.

E' così che nasce nella testa dei terroristi l'idea, criminologicamente parlando estremamente intelligente, di agire quando è più facile mimetizzarsi, ovvero durante le festività. Se aumentano i passeggeri negli aeroporti, nelle stazioni e nei porti, e gli addetti alla sicurezza sono numericamente gli stessi, con l'obbligo di dover mantenere lo stesso livello di efficienza, è ovvio che diventa più facile incunearsi nelle maglie dei controlli di sicurezza.

Ma nel complesso, nonostante i rischi, questo è solo un minimo problema: il dramma vero è rappresentato dalla mancanza di idee vere e dall'incapacità di strutturare un percorso risolutore credibile, da politiche estere sbagliate che non risolvono il problema terrorismo alla radice e che spesso non riescono nemmeno ad arginarlo.

(20 dicembre 2010)