Aquile e polli

Scritto da Pietro Pallini

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Ci sono dei voli che uno dovrebbe avere la saggezza di evitare, e non mi riferisco alla difficoltà puramente tecnica, alla durata (con il dispendio di energie che logicamente ne consegue), o a condizioni meteorologiche particolarmente avverse, perché tutto questo fa parte delle regole del gioco.

Le compagnie, in funzione delle esigenze dettate dalla rete da coprire, organizzano un set di cosiddetti “avvicendamenti”, vale a dire una combinazione di voli che saranno poi effettuati, nell'arco di uno o più giorni, da un equipaggio. Ora, anche se quello che noi chiamiamo “ufficio turni” è di solito attento (o almeno dovrebbe esserlo) a comporre turni equilibrati dal punto di vista dell'affaticamento fisico e della complessità tecnica, è pur sempre vero che è praticamente impossibile avere avvicendamenti assolutamente equivalenti.

Così, in pieno inverno, sarà senz'altro preferibile vedersi impiegati su un volo diretto verso un qualsiasi aeroporto del Mediterraneo piuttosto che avere come destinazione Mosca o Helsinki e, indipendentemente dalla stagione, una tratta di nove ore sarà preferibile a una che invece ne richiede dodici, così come volare di giorno sarà meglio che passare una nottata sveglio ai comandi. Senza contare che alcune direttrici richiedono sempre, vuoi per le caratteristiche delle zone sorvolate, vuoi per le peculiarità degli aeroporti dove si va ad atterrare, una attenzione particolare: valga per tutti l'esempio del vecchio aeroporto di Hong Kong, quello dove si atterrava con una virata a bassa quota in mezzo ai grattacieli.

Ma, come dicevo, tutto questo fa parte delle regole del gioco e generalmente nell'arco di un anno di attività il carico di lavoro finisce con l'essere sempre più o meno equamente ripartito. Più o meno... perché anche in questo campo l'italica arte di arrangiarsi e l'antico vezzo delle “amicizie” a volte saltano fuori e, chissà perché, ci sono sempre quei cinque o sei individui che hanno turni migliori degli altri.

Ma non è nemmeno di queste piccole miserie umane che mi voglio occupare, perché oggi mi trovo ad affrontare un problema che è squisitamente umano. I due che sono in cockpit con me sono tipici esponenti di due categorie di piloti completamente diverse tra di loro: da una parte il pilota anziano, ormai alle soglie della pensione, che è aeronauticamente nato con aerei della passata generazione e guarda con granitica diffidenza tutte le “diavolerie” computerizzate che affollano oggi la cabina di pilotaggio di un aereo di linea, e dall'altra il giovincello fresco di studi che in quelle stesse “diavolerie” nutre invece una fiducia incrollabile.

Per la “vecchia aquila”, l'altro è un “giovine pollo” incapace di pilotare un aereo senza l'ausilio dei computer. Il “giovine pollo” invece pensa che la “vecchia aquila” sia una specie di residuo di un tempo ormai passato. E fin dal primo momento, al briefing, hanno cominciato a becchettarsi reciprocamente...

E io, che li conosco bene tutti e due e so che, pur nella loro differenza, sono entrambi fior di professionisti, adesso ho la poco allettante prospettiva di passare le prossime dieci ore di volo, la giornata di sosta fuori base, e le altre dieci ore del ritorno a cercare di far quadrare il cerchio di una improbabile riconciliazione generazionale.

No, no... ve l'ho detto... ci sono dei voli che uno dovrebbe avere la saggezza di evitare...

(19 maggio 2011)