Tutte quelle disgrazie - II

Scritto da Pietro Pallini

Stampa

II – (segue) Il tempo, come dicevamo la volta scorsa, è denaro. E per una compagnia aerea addestrare, riaddestrare e controllare (o farlo fare da ditte specializzate) i propri piloti ha un costo, al quale si va a sommare la forzata assenza dall’attività di linea dei piloti impegnati al simulatore.


Tanto più che l’elenco di manovre che abbiamo stilato nella prima parte dell’articolo non è certo esaustivo: per esempio la manovra di discesa rapida in seguito a una depressurizzazione, gli equipaggi di lungo raggio devono farla almeno due volte perché i primi ufficiali abilitati a volare in equipaggi rinforzati hanno l’obbligo di eseguirla almeno una volta all’anno dalla posizione del comandante (a sinistra) e senza nessun aiuto da parte di chi sta seduto a destra.

La ragione di tale apparentemente inutile esibizione è semplicissima: l’avaria in questione potrebbe manifestarsi mentre il comandante sta godendo del suo turno di riposo e uno dei due piloti rimasti in cockpit sta magari espletando una irrimandabile necessità fisiologica. Lo scenario peggiore è quello che vede presente in cabina di pilotaggio il primo ufficiale che non siede nel posto che gli è abituale, ed è proprio questo che viene simulato.

Un’altra cosa che può apparire bizzarra è la richiesta sempre più pressante da parte delle autorità aeronautiche di inserire nelle sedute di simulatore una parte dedicata al cosiddetto upset recovery. Si tratta di far assumere all’aereo una cosiddetta “posizione inusuale”, vale a dire di porlo in perdita di velocità (molto vicino allo stallo), o viceversa di accelerarlo fino a sfiorare i limiti di progetto, magari anche in virata accentuata, e di addestrarsi a rimetterlo in linea di volo.

Sono manovre che si imparano durante i corsi base, ma che nella pratica di tutti i giorni non si fanno poi quasi più, anche perché le protezioni elettroniche di cui godono oggi gli aerei sembrerebbero rendere remota la possibilità di doversi trovare in condizioni del genere…

...sembrerebbero, appunto, perché poi succede che un Airbus A-330 di una compagnia come Air France precipiti, tra le altre cose, anche perché i piloti non hanno saputo riconoscere la “posizione inusuale” nella quale si trovavano.

E mentre l’addestramento basico delle nuove leve dei piloti è sempre più (ancora una volta questione di costi) orientato al volo di linea, ci si va accorgendo che i nuovi programmi di Multicrew Pilot Licence, pur riuscendo a fornire la preparazione minima per occupare il posto di copilota su un aereo in un tempo relativamente breve, sono senza dubbio carenti per quello che riguarda la formazione di una solida esperienza basata sulla realtà. Di qui la necessità di aumentare ulteriormente le manovre da effettuare periodicamente sui simulatori, sia a fini addestrativi che a fini di controllo di idoneità (il famigerato check al simulatore) fiscale.

E qui, purtroppo, casca l’asino, perché come abbiamo già detto tutto ha un costo. Lo ha per le compagnie più attrezzate e con una grossa tradizione addestrativa, che gestiscono simulatori e programmi in proprio, e lo ha per tutte le altre, che debbono rivolgersi ad organizzazioni comunque certificate e debitamente autorizzate per svolgere questo tipo di attività. In ambo i casi poi si deve considerare che l’effettuazione dei simulatori sottrae risorse alla normale attività di linea.

Insomma, più si va avanti e più cose ci sono da fare dentro a un simulatore: una sorta di bulimia addestrativa che mal si concilia con la ricerca della riduzione delle spese a tutti i costi che assilla compagnie grandi e piccole, tradizionali e low-cost, di ogni parte del mondo.

Il risultato è che se fino a qualche anno fa, soprattutto nelle compagnie più qualificate dal punto di vista addestrativo, un pilota medio poteva contare su almeno quattro sedute annue al simulatore, di cui due di riaddestramento (recurrent training) e due di controllo (proficency check) di quattro ore ciascuna, oggi da molte parti di recurrent training se ne fa uno solo, e spesso dentro al famoso “scatolone montato su martinetti” di piloti ce ne sono tre… o anche quattro.

Organizzazioni professionali, esperti di sicurezza e diverse autorità aeronautiche hanno già lanciato l’allarme: se tutte-quelle-disgrazie non succedono a sufficienza dentro ai simulatori, c’è il rischio di vederne qualcuna anche fuori...

(28 gennaio 2017)