Circolare... circolare...

Scritto da Pietro Pallini

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A vederli venir giù, uno dietro all'altro, a intervalli regolari, sembra che gli aerei di linea in atterraggio, anche sugli aeroporti più trafficati e alle ore di punta, non vadano minimamente soggetti a intralci o ingorghi di traffico: tutti in fila, a distanza di sicurezza e senza intoppi.

Sembra facile, a un osservatore profano, incanalare tutto il traffico dentro all'apparentemente tranquilla scorrevolezza di una sequenza di avvicinamenti... in fondo il cielo è così spazioso che non deve essere poi un grosso problema quello di tenere a distanza adeguata un aereo dall'altro.

In realtà, dietro al ritmico avvicendarsi degli atterraggi c'è un lungo e paziente lavoro che inizia, addirittura, prima del decollo, quando uno o più centri di coordinamento (in Europa il più importante si trova a Bruxelles) cominciano a lavorare sui controlli di flusso per garantire uno scorrimento rapido ed efficace del traffico aereo.

Ogni volo in partenza ha un periodo di tempo ben preciso entro il quale decollare, e se per una qualsiasi ragione questa “finestra” (che noi chiamiamo slot) viene mancata, inizia un convulso lavoro di aggiustamento, spesso fonte di ulteriori ritardi.

Ma le variabili in gioco sono tante, non ultime quelle legate alle mutevoli condizioni meteorologiche, e così può capitare che anche un volo partito in perfetto orario, nel bel mezzo dello slot assegnatogli, si ritrovi poi ad essere troppo vicino a un altro al momento di iniziare le manovre di atterraggio.

Intendiamoci, non è che ci sia il reale rischio di tamponarsi, ma se si arriva tanto vicini all'aereo che ci precede da non consentirgli, dopo aver toccato terra, di uscire dalla pista, è chiaro che non potremo a nostra volta atterrare.

Ecco allora che entra in scena il controllore di avvicinamento, che può essere paragonato a un vigile all'incrocio con la sola, tutt'altro che trascurabile, differenza di non poter intimare l'alt a un jet per farne passare un altro.

E allora come fa, il pizzardone dei cieli? La prende alla larga, e già nell'ultima mezz'ora di volo comincia ad assegnare ai vari aerei velocità differenti, in modo da distanziarli gli uni dagli altri.

Se poi questo non dovesse bastare, li istruisce a percorrere traiettorie diverse da quelle prestabilite talvolta più lunghe, altre volte più corte, per arrivare a separarli adeguatamente: è quello che si chiama un vettoramento radar.

Extrema ratio, se proprio la situazione del traffico è caotica, ricorre ai cosiddetti circuiti di attesa, che sono apposite zone di cielo dove gli aerei vengono “impilati” a quote crescenti e aspettano il loro turno girando in tondo su una traiettoria che ricorda quella delle piste di atletica: due rettilinei di un minuto, raccordati da due virate a U.

Ogni volta che un aereo viene autorizzato ad atterrare, tutti gli altri scendono di un “piano” (ed è un piano alto 300 metri) per andare infine ad allinearsi, uno dopo l'altro, in quella disciplinatissima fila che, attirando l'attenzione degli automobilisti in transito nelle strade circostanti l'aeroporto, li distrae e provoca, qui sì, intralci, ingorghi e, purtroppo, anche incidenti.

(8 aprile 2010)