La termica traditrice

Scritto da Pietro Pallini

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E finalmente, dopo due mesi di pioggia e freddo che hanno impegnato tutti, meteorologi e non, nelle solite accanite discussioni sulle mezze stagioni “che non esistono più", ecco che torna il bel tempo, e con lui le cosiddette "termiche", e "termica" significa turbolenza a bassa quota.

Con l'avanzare della bella stagione il sole comincia a picchiare forte e le temperature aumentano, ma non in modo omogeneo. L'aria infatti non viene riscaldata direttamente dai raggi solari, ma dal calore riflesso dalla superficie terrestre, che omogenea non è.

Così, per esempio, una superficie asfaltata riflette verso l'alto più calore di un prato, mentre uno specchio d'acqua trattiene una grossa parte delle radiazioni solari e le utilizza nel processo di evaporazione dell'acqua. Il surriscaldamento è ovviamente più intenso a stretto contatto del terreno, dove si formano delle vere e proprie bolle di aria calda, e l'aria calda, come è noto, tende a salire.

Quando la spinta verso l'alto supera la pressione degli strati di aria fredda presenti alle quote superiori, la nostra bolla si stacca da terra e comincia a salire. Se poi il sole picchia proprio forte, allora il “decollo” delle bolle assume carattere di continuità, e si forma una corrente ascensionale: in gergo, una “termica”. E siccome l'aria che sale deve essere rimpiazzata da altra aria, al livello del suolo si creano delle raffiche di vento che dalle zone circostanti convergono verso il centro della nostra termica. E il posto dell'aria che si sposta verso il centro della corrente ascensionale è, a sua volta, preso da aria più fredda che scende dagli strati più alti dell'atmosfera.

In definitiva, tutti questi spostamenti d'aria finiscono col formare una zona relativamente ristretta in cui correnti verticali e orizzontali di vento finiscono con l'intrecciarsi tra di loro in un moto sempre più turbolento. E' facile immaginare cosa succede quando, nell'ultima parte della traiettoria di avvicinamento, si sorvola in rapida successione, un centro commerciale con i suoi piazzali pieni di macchine in sosta, un bosco, un campo da golf, un casello autostradale e un laghetto.

A volte sembra proprio che, in prossimità dell'atterraggio, l'aereo si sia infilato in una strada piena di buche, e questa improvvisa turbolenza sembra al passeggero tanto più strana se, guardando fuori dal finestrino, vede che è una giornata bellissima: cielo sereno, solo una leggerissima foschia e magari qualche piccola nuvoletta bianca bianca, quasi un batuffolo di cotone, che, come nei disegni dei bambini, si staglia nitida tra terra e cielo. “Nuvole di bel tempo”, sono chiamate, anche se poi, soprattutto nelle ore pomeridiane, crescono tanto da scatenare un bel temporalone... ma questo è un altro discorso.

Intanto il pilota è impegnato nella fase finale dell'atterraggio e, proprio all'ultimo momento, una raffichetta maligna di vento, provocata dall'ennesima termica traditrice, cambia di colpo l'assetto dell'aereo... a questo punto l'atterraggio duro è inevitabile: una bella botta sull'asfalto (meno male che gli aerei li costruiscono belli robusti), i passeggeri che sussultano sulle loro poltrone (ma a questo chi gliel'ha data la patente?) e il pilota che, mentre l'aereo rallenta e lascia la pista diretto al parcheggio, non può fare a meno di pensare di avere fatto una brutta figura immeritata.

(27 maggio 2010)

E finalmente, dopo due mesi di pioggia e freddo che hanno impegnato tutti, meteorologi e non, nelle solite accanite discussioni sulle mezze stagioni “che non esistono più", ecco che torna il bel tempo, e con lui le cosiddette "termiche", e "termica" significa turbolenza a bassa quota.

Con l'avanzare della bella stagione il sole comincia a picchiare forte e le temperature aumentano, ma non in modo omogeneo. L'aria infatti non viene riscaldata direttamente dai raggi solari, ma dal calore riflesso dalla superficie terrestre, che omogenea non è.

Così, per esempio, una superficie asfaltata riflette verso l'alto più calore di un prato, mentre uno specchio d'acqua trattiene una grossa parte delle radiazioni solari e le utilizza nel processo di evaporazione dell'acqua. Il surriscaldamento è ovviamente più intenso a stretto contatto del terreno, dove si formano delle vere e proprie bolle di aria calda, e l'aria calda, come è noto, tende a salire.

Quando la spinta verso l'alto supera la pressione degli strati di aria fredda presenti alle quote superiori, la nostra bolla si stacca da terra e comincia a salire. Se poi il sole picchia proprio forte, allora il “decollo” delle bolle assume carattere di continuità, e si forma una corrente ascensionale: in gergo, una “termica”. E siccome l'aria che sale deve essere rimpiazzata da altra aria, al livello del suolo si creano delle raffiche di vento che dalle zone circostanti convergono verso il centro della nostra termica. E il posto dell'aria che si sposta verso il centro della corrente ascensionale è, a sua volta, preso da aria più fredda che scende dagli strati più alti dell'atmosfera.

In definitiva, tutti questi spostamenti d'aria finiscono col formare una zona relativamente ristretta in cui correnti verticali e orizzontali di vento finiscono con l'intrecciarsi tra di loro in un moto sempre più turbolento.

E' facile immaginare cosa succede quando, nell'ultima parte della traiettoria di avvicinamento, si sorvola in rapida successione, un centro commerciale con i suoi piazzali pieni di macchine in sosta, un bosco, un campo da golf, un casello autostradale e un laghetto.

A volte sembra proprio che, in prossimità dell'atterraggio, l'aereo si sia infilato in una strada piena di buche, e questa improvvisa turbolenza sembra al passeggero tanto più strana se, guardando fuori dal finestrino, vede che è una giornata bellissima: cielo sereno, solo una leggerissima foschia e magari qualche piccola nuvoletta bianca bianca, quasi un batuffolo di cotone, che, come nei disegni dei bambini, si staglia nitida tra terra e cielo. “Nuvole di bel tempo”, sono chiamate, anche se poi, soprattutto nelle ore pomeridiane, crescono tanto da scatenare un bel temporalone... ma questo è un altro discorso.

Intanto il pilota è impegnato nella fase finale dell'atterraggio e, proprio all'ultimo momento, una raffichetta maligna di vento, provocata dall'ennesima termica traditrice, cambia di colpo l'assetto dell'aereo... a questo punto l'atterraggio duro è inevitabile: una bella botta sull'asfalto (meno male che gli aerei li costruiscono belli robusti), i passeggeri che sussultano sulle loro poltrone (ma a questo chi gliel'ha data la patente?) e il pilota che, mentre l'aereo rallenta e lascia la pista diretto al parcheggio, non può fare a meno di pensare di avere fatto una brutta figura immeritata.