Il volo della rondine

Scritto da Pietro Pallini

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L'estate pare finalmente essersi decisa ad arrivare, e a ricordarmelo ci pensano le rondini fuori dalla finestra della mia stanza: è bello starsene qui a osservare l'intrecciarsi dei loro voli mentre cacciano freneticamente gli ultimi moscerini nella luce limpida del tramonto nei cieli di Siena.

Purtroppo, a volte capita che me lo ricordino anche dal finestrino dell'aereo, e può succedere, ahimè, che troppo prese nella ricerca affannosa del cibo, non si accorgano del grosso intruso motorizzato che viene a invadere il loro cielo. Un tonfo sordo, una macchia scura sul parabrezza, e per il povero uccellino non c'è più niente da fare.

Volatili di taglia così piccola non costituiscono un pericolo reale per un aereo, e anche se capita che finiscano dentro ai motori non fanno grosso danno: per quello ci vogliono bestie più grandi, come le oche (che hanno causato lo spettacolare atterraggio nel fiume Hudson di cui si sono ampiamente occupati i media), o i gabbiani, dotati di una struttura ossea particolarmente coriacea.

Le rondini, poverine, no... non sono in grado di danneggiare un motore, e anche il rischio di rottura del vetro del finestrino anteriore in seguito a un urto, nonostante la forte velocità, è estremamente remoto grazie all'elasticità del vetro stesso. E questa elasticità è frutto del riscaldamento.

Sì, perché i parabrezza degli aerei sono costituiti a strati (almeno tre), e tra ognuno di questi strati c'è una sottile lamina di metallo (tanto sottile da risultare trasparente) la quale, alimentata elettricamente, ha la stessa funzione che sui lunotti delle automobili è affidato a quei familiari e a volte complicatissimi ghirigori di resistenze elettriche.
Quella più esterna ha il compito primario di impedire la formazione di ghiaccio sul parabrezza,  mentre quella più interna, meno potente, serve a scongiurare il deposito di condensa: a differenza dei vetri dell'automobile, quelli dell'aereo non si appannano mai, e così la visibilità è assicurata.

Ma il loro compito non si esaurisce qui, perché volando ad alta quota, dove la temperatura può scendere fino a cinquanta gradi sotto zero, l'eccessivo raffreddamento finirebbe col rendere troppo rigidi, e quindi troppo fragili, i vetri.

E se a dodicimila metri il rischio di impatto con corpi estranei è praticamente pari a zero, durante la discesa anche un uccelletto piccolo come la nostra povera rondine potrebbe, se non proprio sfondare il parabrezza, ridurre comunque in frantumi lo strato più esterno, impedendoci così di vedere fuori.

E' per questo che il riscaldamento è sempre in funzione, anche in piena estate... peccato però che tutta questa elasticità non serva a garantire anche la sopravvivenza del malcapitato pennuto.

(10 giugno 2010)