L'astronave madre

Scritto da Pietro Pallini

Stampa

E' così che in Alitalia venne scherzosamente definito il Boeing 747 all'epoca del suo ingresso in linea. Ormai dismesso il mitico Jumbo, la qualifica di astronave madre è stata ereditata dalla nuova ammiraglia, il bimotore B777, anch'esso destinato a rotte intercontinentali.

Nelle grandi compagnie i piloti iniziano la loro carriera su tratte di medio raggio per poi passare, man mano che l'esperienza aumenta, su aerei di categoria superiore. Una serie di passaggi macchina, solitamente regolata da una lista di anzianità aziendale proprio per tenere nel debito conto il cammino formativo, che consente di entrare finalmente nel cockpit dell'aereo più prestigioso e complesso della flotta. Una volta arrivato in cima alla piramide, il pilota è pronto per affrontare il corso comando. E da comandante ripartirà dall'aereo più piccolo, percorrendo ancora una volta quella scala che lo porterà, ricco di esperienza e di ore di volo, a comandare infine l'astronave madre.

Normale quindi che i giovani piloti attendano con ansia il momento dell'abilitazione al B777. E altrettanto normale che, come in questi giorni, serpeggi tra loro il malumore se qualcuno, non rispettando tempi e modi del normale iter di carriera, si ritrova sull'astronave madre scavalcando un discreto numero di colleghi.

Pare infatti che dalla prossima settimana inizi il corso di addestramento sul B777 un pilota (che chiameremo Federico M) il quale fino all'anno scorso aveva davanti a sé in lista di anzianità quasi un migliaio di colleghi.

Di questi mille, una buona parte (ma non tutti) sono stati tagliati fuori dalla cassa integrazione che ha colpito 860 tra comandanti e primi ufficiali. Il nostro Federico M però, pur appartenendo a un settore in dismissione come quello dell'MD80 nel quale il ricorso alla CIGS è stato particolarmente elevato, è riuscito a conservare il proprio posto di lavoro grazie a un provvidenziale cambiamento di base operativa da Roma a Milano.

Esattamente come provvidenziale fu la dimenticanza che nel 2002 gli consentì, in periodo di crisi post 11 settembre e assunzioni bloccate, di vedere trasformato il suo contratto da tempo determinato a indeterminato. In quell'occasione Alitalia dimenticò di notificare a Federico M il mancato rinnovo contrattuale entro i termini previsti, notifica che invece arrivò puntualmente ad altri suoi colleghi d'avventura.

Verrebbe da pensare che si tratti di un tipo particolarmente fortunato.

O che CAI, avvalendosi di una clausola contrattuale che lascia alla compagnia la discrezionalità del 25% su assunzioni, avvii al comando e passaggi su macchine di categorie superiori, abbia voluto premiare un professionista particolarmente dotato e capace, un'aquila che già nel 2002 la vecchia Alitalia aveva occhiutamente favorito.

E magari è davvero così, anche se qualche mala lingua potrebbe invece sospettare che, piuttosto che di astronave madre, in questo caso sia più giusto parlare di astronave padre.

Eh sì, perché il padre del nostro Federico M si chiama Altero, e quella M del cognome sta per Matteoli.

(7 novembre 2009)