Ci ha lasciato Maria Fede Caproni

Scritto da Pietro Pallini

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Per comprendere appieno l’importanza della figura di Maria Fede Caproni, recentemente scomparsa a Roma all’età di 84 anni, bisogna senz’altro rifarsi a due figure forti e carismatiche che hanno attraversato da protagoniste la storia dell’aviazione italiana: il padre Gianni, e la madre Timina Guasti.


Di Giovanni Battista Caproni, ingegnere, progettista e pioniere del volo, più che l’elenco dei progetti e delle iniziative industriali (che pure coprono un arco che va dagli albori dell’aviazione fino ai primi anni del dopoguerra) varrà forse rammentare l’aneddoto che lo vide protagonista nel 1951. In quegli anni l’industria aeronautica italiana, alle prese con non indifferenti problemi di ricostruzione post-bellica, scontava anche gli effetti di una percezione politica che la associava indissolubilmente al fascismo. Gianni Caproni aveva intrapreso un viaggio negli Stati Uniti, alla ricerca di finanziamenti per risollevare le sorti della sua industria, e durante quel viaggio ebbe un incontro con il presidente Harry Truman. Introdotto nello studio presidenziale, il conte ebbe la sorpresa di vedere un suo ritratto campeggiare sulla parete, accanto a quello dei fratelli Wright. Al suo stupore, Truman ribatté che quei quadri lui lì ce li aveva trovati: li aveva fatti mettere il suo predecessore Roosvelt perché “...voi siete i creatori dell’aviazione mondiale, e l’America intende rendervene merito”.

Timina Guasti, donna raffinatissima e di profonda cultura, ebbe l’intuito e la sensibilità di capire che quanto andava progettando e sperimentando il marito doveva essere in qualche modo radicato nella cultura e nell’arte: fu a questo scopo che si fece promotrice sin dagli anni Venti di una raccolta di opere d’arte, oggetti di antiquariato e ricordi (dei quali molti provenienti dalla collezione privata dell’aeronauta Gaston Tissandier) riguardanti a qualsiasi titolo il mondo allora nascente del volo umano. Oggetti anche di grandissimo valore, da integrare con testimonianze della vicenda tecnica e industriale del marito (tra i quali numerosi velivoli), fino a dare vita nel 1927 al primo museo italiano dedicato interamente all’aviazione (ed il più antico tuttora esistente al mondo), nonché primo esempio italiano di museo aziendale.

Un progetto culturale, quello iniziato da questi due autentici mostri sacri della storia dell’aviazione italiana, al quale aderì fin da giovane Maria Fede, fresca diplomata dell’Accademia d’Arte, e infaticabile collaboratrice della madre. Nel corso degli anni quella che per gli appassionati di arte e storia del volo era semplicemente “la contessa” ha saputo prendere in mano i destini dell’imponente collezione messa insieme dai genitori, e attraverso i numerosi “traslochi” subiti nel dopoguerra, da Venegono a Vizzola e poi finalmente a Trento, mantenere in vita il progetto ed ampliarlo, collegandolo ad altre iniziative simili, come il Museo Francesco Baracca di Lugo, del quale è stata per molti anni madrina.

E come il Parco e Museo del Volo di Volandia, che proprio nelle antiche Officine Aeronautiche Caproni (nei pressi di quello che oggi è l’aeroporto di Malpensa) ha la sua sede, e dove un intero padiglione raccoglie alcuni dei pezzi più importanti della collezione di oggetti d’arte che furono della madre Timina, tra i quali curiose reliquie, come un frammento della tela del pallone aerostatico lanciato nel dicembre del 1804 a Parigi nel quadro dei festeggiamenti per l’incoronazione imperiale di Napoleone, e finito dopo un volo di quasi 24 ore nelle acque del lago di Bracciano.

Una donna di grande cultura, raffinata conoscitrice della storia dell’aviazione, che non ha mai perso l’occasione, anche in età avanzata e nonostante il deterioramento delle condizioni di salute, di partecipare a iniziative culturali, manifestazioni aeronautiche, sempre portando passione, competenza e signorilità.

Un personaggio carismatico del quale gli appassionati di storia dell’aviazione di tutto il mondo sentiranno molto la mancanza.

(10 novembre 2017)