Un taxi... al volo - III

Scritto da Pietro Pallini

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(segue) III – Una volta superati i problemi ingegneristici legati alla realizzazione del “taxi volante” si potrà passare al suo lancio sul mercato, e qui sorge subito un problema che per i taxi classici non si è mai posto, perché le auto a noleggio sono nate dopo le auto private, e le infrastrutture per parcheggiarle, rifornirle e farle circolare esistevano già.


Per l’auto volante non è così, e occorrerà prevedere piazzole e postazioni di ricarica, o come abbiamo già detto, di sostituzione delle batterie, almeno fino anche le prestazioni di ricarica non permetteranno la medesima rapidità di una normale sosta dal benzinaio.

E’ un problema fondamentalmente simile a quello delle auto (terrestri) elettriche, e quindi ci si può aspettare una soluzione tecnica in tempi abbastanza rapidi, per esempio costruendo piazzole che siano fruibili da ogni genere di mezzo a propulsione elettrica, indipendentemente dal fatto che viaggi su ruote o appeso a dei rotori. Ma è pur sempre un problema per il quale una soluzione deve essere trovata, e infatti a Uber hanno già pensato ad individuare almeno due città (e una terza la stanno cercando) dove lanciare sperimentalmente il programma Elevate.

Le città partner finora individuate sono Los Angeles e Dallas e la loro scelta, a prescindere ovviamente dall’interesse dimostrato dalle amministrazioni locali, potrebbe essere dettato anche dalla “orizzontalità” dei due centri urbani, che hanno una struttura urbanistica caratterizzata da quartieri centrali ricchi di edifici a sviluppo verticale relativamente piccoli, circondati da vastissime aree urbanizzate, ma dove le costruzioni raramente superano i dieci piani. E questo ovviamente ha ricadute positive sulla gestione operativa del traffico.

Perché anche se l’immaginario collettivo vede i taxi volanti volteggiare elegantemente in una sorta di slalom tra un grattacielo e l’altro, un centro urbano come quello di New York, dove pure il progettò approderà se dovesse incontrare il successo che Uber si augura, pone problemi sicuramente maggiori, a cominciare da una congestione che fin da ora è tanto grave a terra come in cielo. Basta a questo proposito ricordare i ricorrenti episodi di collisione (o mancata collisione, perché per la sicurezza aerea anche questi contano) tra elicotteri e aerei da turismo, che hanno portato le autorità aeronautiche a limitare pesantemente e a regolamentare con severità la circolazione aerea nei cieli di Manhattan.

Chi, e con quali mezzi, coordinerà tutto questo traffico, al quale si devono aggiungere anche i sempre più numerosi droni utilizzati da privati per le attività più svariate? Riprese aeree, ispezioni esterne di edifici, assistenza alla manutenzione di impianti installati in posizioni difficilmente raggiungibili, sorveglianza di sicurezza… ma anche consegna di documenti, pacchi, o addirittura pizze calde.

E bisogna ovviamente mettere in conto anche i “buontemponi” che già da ora si divertono a giocherellare vicino agli aeroporti nel tentativo di riprendere un aereo vero da vicino, o quelli che si limitano a cercare di sbirciare l’intimità dei vicini di casa. E lo fanno con un giocattolino che si compra con poche decine di euro al supermercato senza praticamente nessun controllo, e per il quale è fin troppo facile reperire in rete software e hardware atti a consentire operazioni che vanno ben oltre i limiti di sicurezza stabiliti.

Insomma, la gestione del traffico aereo (vecchio e nuovo) sopra ai grandi centri urbani del 2020, anno in cui dovrebbe partire la sperimentazione sulle tre launch cities, è una scommessa forse ancora più grande di quella della pura e semplice (sic!) costruzione di un’auto volante sicura ed efficiente.

E figuriamoci quale sarà lo scenario nel 2023, quando dovrebbero prendere il via le operazioni commerciali di Uber in tutto il mondo. (continua)

(19 giugno 2018)