Alitalia:un problema politico

Scritto da Antonio Chialastri

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Dal punto di vista economico, la compagnia aerea di un Paese viene chiamata the canary in the coalmine: il canarino nella miniera… quello che viene portato dai minatori poiché al primo manifestarsi di esalazioni nocive è il primo a morire, permettendo ai lavoratori di evacuare il sito.


Allo stesso modo, quando ci sono le prime avvisaglie di crisi economica, uno dei primi settori ad essere colpito è proprio quello del trasporto aereo. Malattie contagiose, prezzo del petrolio, instabilità politica, minacce terroristiche, calamità naturali, più varie ed eventuali contribuiscono a colpire gli introiti delle compagnie aeree molto più di altre industrie.

Nonostante tutto, negli ultimi anni il settore del trasporto aereo commerciale ha fatto registrare utili record un po' dappertutto con qualche isolata eccezione, tra le quali l'Alitalia. In un mercato dove quasi tutti guadagnano, l'ex compagnia di bandiera ha accumulato perdite su perdite, riducendo negli anni rotte, personale, valore del marchio e bacino di utenza.

Rintracciare quali sono i motivi di tale continua decadenza - di una delle compagnie una volta punta di eccellenza dell'Italia - è un esercizio che dovrebbe appassionare gli esperti di scienze politiche, poiché mostra senza dubbio come vi sia una cronica mancanza di visione sistemica nel nostro Paese.

Una compagnia aerea di bandiera è un volano economico formidabile per un Paese che è il secondo produttore manifatturiero d'Europa e il secondo per turismo, meta per milioni di turisti da tutto il mondo ogni anno. Lasciare che muoia è un oltraggio non solo agli italiani, ma all'economia.

Eppure è proprio questo che si prospetta all'orizzonte. Una lenta eutanasia del vettore aereo nazionale lasciato prima in mano ai boiardi di Stato, poi subappaltato a privati che nessun interesse avevano a svilupparlo, né competenze per farlo. Infine, ceduta per un piatto di lenticchie a stranieri che hanno imperversato depredandola degli ultimi asset di valore (slot, pacchetto clienti, leasing, etc.).

Ora è in coma e la prospettiva, secondo le voci di offerte di acquisto fatte da diversi soggetti, è quella di un ulteriore ridimensionamento che vorrebbe dire un enorme costo sociale per la disoccupazione che crea. La riduzione dei volumi di traffico significa anche marginalizzare il nostro Paese dal punto di vista della movimentazione di persone e merci. Basti pensare che da ottobre la rotta Milano Malpensa - Roma non verrà servita da nessuna aerolinea. Nessuna.

I collegamenti con le isole saranno altresì ridotti e già si parla di problemi per Alghero, Trapani, ma anche nel Sud Italia, con Reggio Calabria e Brindisi che vedranno sensibilmente ridotti i collegamenti con il resto d'Italia. D'altra parte, non possiamo costringere nessuno a volare su aeroporti ritenuti dall'imprenditore di turno non convenienti.

Pochi giorni fa il governo (espressione di quale volontà popolare?) ha stanziato altri 300 milioni per Alitalia. Ciò è sbagliato per diversi motivi.

La motivazione data dal ministro Calenda circa l'ulteriore finanziamento accordato è possibile solo in un Paese dove la libertà di stampa è al settantesimo posto nel mondo. Infatti, i giornalisti fanno le domande, ma si dimenticano di verificare se la risposta è plausibile. Chiedere come mai sono stati dati questi soldi e sentirsi rispondere: "Per la situazione globale, con i fallimenti di Monarch, di Air Berlin e la condizione di Ryanair", presupporrebbe da parte di un vero giornalista ripetere di nuovo la domanda, o farsi spiegare cosa il ministro intende con quelle parole.

Infatti, se i concorrenti falliscono, vuol dire che c'è più mercato, più opportunità e non il contrario.

I 600 milioni accordati come prestito ponte sono sufficienti o no? Come procede l'amministrazione straordinaria? Secondo la legge, occorre stilare una relazione dettagliata sulle cause di insolvenza (entro trenta giorni) ed anche proporre un piano di ristrutturazione economica al ministro. Non c'è alcuna evidenza pubblica né del bilancio che doveva essere depositato in Tribunale per dichiarare lo stato di insolvenza, né la relazione dettagliata sulle cause del fallimento, né di uno pseudo-piano industriale che indichi quali sono gli intendimenti gestionali dei commissari.

Quindi, se non abbiamo un bilancio, non conosciamo le cause di insolvenza, non sappiamo come potranno essere spesi i 600 milioni iniziali, perché mettere altri 300 milioni? Sicuramente, la stagione invernale produce minor revenue rispetto all'estate, ma ciò non significa che automaticamente si andrà in perdita, anche perché il turismo caratteristico italiano è più sulle città d'arte che nei posti balneari, quindi meno legato alla stagionalità.

Se lo Stato non vuole perdere soldi, possibilità di collegamenti interni e internazionali, a questo punto dovrebbe nazionalizzare la Compagnia e recuperare i soldi. Diversamente, questi soldi andrebbero solo a favorire un privato (straniero) che non restituirà il dovuto e potrà fare profitto relegando il trasporto aereo italiano a colonia di interessi tedeschi o inglesi.

Per fare ciò occorrerebbe un governo forte e autorevole che si prenda la responsabilità di spiegare agli italiani che mettere i soldi in Alitalia è un modo di risparmiare e non un nuovo salasso per il contribuente.

Appunto, un governo forte ed autorevole.

(25 ottobre 2017)