Un taxi... al volo - II

Scritto da Pietro Pallini

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(segue) II - Un uovo di Colombo, quello che possiamo definire “auto volante”, che inizia ad essere covato già nei primi anni del secolo scorso dal pioniere del volo Glenn Curtiss, con il progetto dell’Autoplane, passa per l’Aerobile di Waterman (1933), viene legittimato da una dichiarazione di Henry Ford nel 1940, e prende forma compiuta subito dopo la II Guerra Mondiale.


uber3Due i progetti di auto volante che effettivamente arrivarono a volare negli Stati Uniti (Convaircar, nel 1947, e Aerocar nel 1949), e anche in Italia, benché se ne sia persa ormai la memoria, il progetto Aerauto, dell’ingegner Pellarini (immagine a sinistra), prese il volo tra la fine del 1949 e l'inizio del 1950 per un giro d’Italia lungo ben 4000 km, dei quali la metà percorsi in volo, e il resto su strada.

In anni più recenti altri progetti hanno via via rilanciato il tema dell’auto volante, da Skycar a Terrafugia e ad Aeromobil, ma il grosso scoglio è sempre stato costituito dalla pesantezza dei propulsori (motori a combustione interna) e dall’ingombro delle ali, che tra l’altro richiedevano non indifferenti artifici ingegneristici per essere ripiegate durante l’impiego su strada.

Del resto, l’idea di un possibile decollo verticale, benché l’elicottero sia ormai un’altra realtà aeronauticamente consolidata, si scontrava con problematiche di ingombro ancor più penalizzanti, viste le dimensioni (e la rumorosità) dell’ala rotante deputata a fornire sostentamento e trazione, e fermi restando i limiti di peso imposti dai propulsori tradizionali.

La vera rivoluzione, in questo campo, l’hanno fatta i materiali compositi e i nuovi conduttori elettrici, che hanno reso possibile il matrimonio tra leggerezza strutturale e motorizzazioni elettriche affidabili, leggere, relativamente parche nei consumi e silenziose. E naturalmente la possibilità di gestire per via informatica la stabilità e la manovrabilità di quello che inizialmente sembrava essere solo un sofisticato giocattolino, o un arma da spie e/o corpi speciali: il quadricottero, o come viene sempre più genericamente chiamato (anche se il concetto non è esatto), il drone.

Che è poi, quello del drone, un altro concetto presente in aviazione fin dai primordi, visto che già durante la prima guerra mondiale veniva utilizzato per missioni di bombardamento lo Hewitt-Sperry, un aereo radiocomandato detto anche “bomba volante”. Da allora i militari si sono sempre più serviti di UAV (Unmanned Aerial Vehicle), soprattutto per missioni dull, dirty and dangerous (noiose, sporche e pericolose).

Niente di nuovo dunque sotto il sole: solo la possibilità di riunire molti concetti e oltre un secolo di progresso aeronautico in un solo mezzo volante, capace però, almeno in apparenza, di rivoluzionare i trasporti urbani.

Da un punto di vista puramente strutturale l'unica sfida che probabilmente resta ancora aperta (e non per molto) è quella dell'autonomia, fin qui pesantemente condizionata sia dalle limitazioni di capacità degli accumulatori sia dalla loro velocità di ricarica. Non è un caso che la punta di diamante della ricerca si concentri oggi su un segmento di mercato, quello dei taxi, che ipotizza la costruzione di un mezzo piccolo e destinato all'utilizzo su brevi percorrenze e tempi corti. E non è tutto, visto che si prende anche in considerazione l'ipotesi di una sostituzione dell'intero pacco di batterie piuttosto che quella di una sua ricarica veloce tra un volo e l'altro.

Allargando invece lo sguardo alle ipotesi di impiego operativo commerciale, i nodi ancora da affrontare sono quelli legati alle variabili ambientali e umane: regolazione del traffico e pilotaggio. (continua)

(7 giugno 2018)