Alitalia vs Economia - 1

Scritto da Massimo Gismondi

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L’etimologia della parola economia è: οῖκος che vuol dire casa e νομος che vuol dire gestione o regola, ovvero gestione della casa. Oggi il dizionario ne dà la seguente definizione: l'insieme delle attività relative alla produzione di ricchezza ed alla gestione del reddito.

Il presidente Colaninno, al festival dell’economia di Trento ci ha illustrato quali attività ha intrapreso per produrre ricchezza attraverso l’operazione Alitalia-CAI.

La sua prima affermazione riguarda la presenza o meno di un mercato, ovvero di potenziali clienti sul territorio presidiato, cioè l’Italia; elemento, questo, ovviamente essenziale per poter intraprendere qualsiasi impresa economica. Apprendiamo, quindi, nel corso dell’intervista, che da e per gli aeroporti della nostra nazione hanno viaggiato circa 110 milioni di passeggeri, immaginiamo nel 2008, visto che le statistiche 2009 non risultano ancora disponibili.

Nel 2007 questo numero era di 136,2 milioni con una crescita, nel periodo 2002-2007, del 48% ed un CAGR (Compounded Annual Growth Rate) nello stesso periodo, dell’8,2%... le percentuali più alte d’Europa (fonte ICCSAI), mentre nel 2008 l’ENAC dice che il totale dei passeggeri che hanno viaggiato in Italia è di poco inferiore a 133 milioni.

Quindi il mercato sembra essere addirittura superiore a quanto dichiarato dal Presidente Colaninno, per cui la ragione essenziale per fare business, nel momento della decisione se acquistare o meno la “good company” c’era ed era piuttosto consistente e, tutto sommato c’è ancora.

Di questo mercato la vecchia Alitalia, da sola, ne deteneva 26,6 milioni ed Air One circa 7 milioni, quindi un totale di circa 33 milioni. La domanda, quindi sorge spontanea: perché fare scelte che hanno portato ad una diminuzione della quota di mercato?

A nessuno, infatti, sfugge il concetto che per trasportare passeggeri ci vogliono gli aeroplani.

Il piano Fenice, però, prevedeva la riduzione dei velivoli in flotta da 238 (somma degli aeromobili Alitalia ed Air One) a 151, (operazione prontamente attuata) ovvero una riduzione del 37% della flotta che nessuno, neanche un ragioniere di Bancaintesa, poteva pensare di compensare con una migliore utilizzazione degli aeromobili rimasti.

I velivoli di lungo raggio, infatti, difficilmente possono fare più di due voli al giorno (un’andata ed un ritorno), avendo una tratta media intorno alle 11-12 ore, e l’impiego di quelli di corto e medio raggio è legato alle necessità dei passeggeri che difficilmente hanno bisogno di volare prima delle sei del mattino o dopo le 23.00.

Il “buon investimento per il ritorno economico” di cui parla il Presidente Colaninno, quindi, a parere dei consulenti di Bancaintesa e degli imprenditori che hanno partecipato all’impresa, probabilmente prescindeva dal trasporto aereo in sé e per sé, visto che hanno rinunciato (immagino volontariamente) ad una grossa fetta di mercato. Evidentemente si aspettano il ritorno economico attraverso altre vie.

Difficile anche pensare che i soci e la stessa Bancaintesa, quest’ultima con oltre 50 miliardi di Euro di patrimonio netto, potessero avere difficoltà nel reperire altri 4-500 milioni per acquisire tutti i velivoli della vecchia Alitalia e mantenere così il proprio posizionamento sul mercato e rendere l’investimento ancora più remunerativo.

La controprova sta nel numero di passeggeri trasportati nel 2009 dalla CAI (che ricordo è composta da Alitalia + Air One) che è pari a soli 21,8 milioni, con un calo, quindi, del 34% se si tiene in considerazione anche la quota di passeggeri dell’Air One; un dato ben lontano da quel 5% di calo del PIL avutosi nello stesso periodo, ovvero nel 2009.

Altri elementi che si discostano notevolmente dal piano Fenice sono:

Del resto una compagnia aerea nazionale che ha cancellato completamente dal suo network la Cina e l’India -con i loro quasi 3 miliardi di persone, l’expo di Shangai 2010, il traffico merci che ne consegue ecc.- difficilmente può essere considerata una compagnia aggressiva sul mercato e capace di recuperarne qualche quota.

Difficile, quindi, capire il riferimento del Presidente Colaninno all’ampiezza del mercato, per quanto questa sia un elemento ovviamente essenziale di valutazione.

Leggi la seconda  e la terza parte dell'articolo

(14 giugno 2010)