Voli da e per Milano - XIV

Scritto da EmmeEffe

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XIV - (segue) Molte delle espressioni divertenti che ci capita di sentire durante i nostri voli abbiamo l'abitudine di raccontarcele e perciò se ne sentono di tutti i colori e le frasi più comiche sono quelle pronunciate dai famosi “broccolini”, cioè gli emigrati italiani residenti a New York.


Spesso si tratta di uomini e donne, magari di una certa età, che non parlano né inglese né italiano, ma una perfetta sintesi di slang americano e dialetti italiani misti.

“I've got na panza that's come n'air bag” oppure, con riferimento alle scarpette di stoffa che vengono distribuite ai passeggeri nei voli di lungo raggio: “Inside this shoes non me c'entra manco na uàllara!", oppure ancora: "You jump back to me", dal romanesco "M'arimbarzi”. E riferendosi ad una donna molto bassa e troppo grassa, non è raro sentirli dire: "It’s easier to jump her than to turn around her”, (fai prima a saltarla che a girarle intorno).

Meritano attenzione anche le espressioni in inglese maccheronico a cui si lasciano andare spesso i nostri passeggeri e che sono semplicemente la traduzione alla lettera di alcuni luoghi comuni o di alcune espressioni dialettali italiane come: "Neither to the dogs", (manco ai cani), "I know my chicken" (conosco i miei polli), "Better an egg today than a chicken tomorrow" (meglio un uovo oggi che un pollo domani), "One hand washes the other and both together wash the face" (una mano lava l'altra ed insieme lavano il viso), "Never watch the mouth of a horse, you've been receiving as a present" (a caval donato non si guarda in bocca).

Il mio interesse verso le storie degli emigranti italiani all’estero mi ha spinto molto spesso a soffermarmi, a parlare con loro quando, durante i voli di lungo raggio, ci vengono a chiedere qualcosa da bere nel galley e ci dicono che non riescono a prendere sonno.

Un particolare molto interessante e molto ricorrente nelle storie degli emigranti italiani all'estero riguarda le ostilità nei loro confronti non da parte dai loro datori di lavoro ma da parte degli operai, originari del posto, assieme ai quali lavorano.

"Voi italiani lavorate troppo e così facendo costringete anche noi a faticare di più per non essere licenziati”, questa è l'osservazione che spesso i nostri emigrati, provenienti in maggioranza dal sud dell'Italia, si sentivano fare dai loro colleghi di lavoro australiani o americani o venezuelani.

Un’altra cosa che mi ha colpito è l'unione ed il reciproco aiuto che c'è tra gli italiani all’estero; per loro non importa da quale regione d'Italia tu provenga, basta che sei italiano,e se hai bisogno di aiuto cercheranno di dartelo. Si incontrano tra di loro e continuano a frequentarsi e ad aiutarsi reciprocamente formando delle vere e proprie società, all'interno di quella che li ospita, che hanno anche un rilevante potere politico ed economico, dato che una grossa fetta degli italiani all’estero ha raggiunto la ricchezza: la maggior parte di questi “ricchi" sono partiti come braccianti e nel tempo sono diventati imprenditori.

Tanto per fare un esempio qualunque, quasi tutte le piantagioni di canna da zucchero del nord Australia sono di proprietà degli italiani che negli anni 30 e 40 del secolo scorso raggiunsero queste terre per lavorare come tagliatori di canna: nel tempo, con i soldi che risparmiavano compravano la terra e si mettevano in proprio. (continua)

(14 dicembre 2017)