Multitask fallimentare 2.0.2

Scritto da Silvana Lovera

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(segue) II - E mentre sei lì, che cerchi come al solito di fare sempre del tuo meglio, e neppure sai  se domani avrai ancora un lavoro, e ancora meno sai se l’Italia avrà ancora una compagnia aerea… ecco, allora ti accorgi di provare dei sentimenti di tristezza, ansia, depressione.


Senti sbriciolarsi i valori in cui credevi, li vedi lì gettati a terra, miseramente calpestati, abortiti, falliti anche loro e senti salire emozioni di rabbia, disgusto che ti vorticano dentro mentre cerchi di rimanere saldo sui tuoi nervi e in contatto con la realtà.

Pensi con forte irritazione a tutto il multitasking ossessivo-compulsivo di questi ultimi anni, a ciò a cui hai rinunciato, a ciò che hai subito mentre ti dicevano che con un forte commitment avresti assicurato un futuro solido alla tua azienda.

Ti tornano in mente: i capitani coraggiosi… falliti; i beduini di Etihad… falliti; il corso di training nel deserto per imparare, noi italiani dagli arabi, l’arte del bon-ton nell’accoglienza dei passeggeri a bordo… umiliante; il prurito sulla pelle della lana caprina delle nuova divisa, simbolo di un’ideologia fallimentare, che ti porti addosso ad ogni volo… rimasto purtroppo. Niente di niente nessuno sforzo è servito a produrre un risultato di gestione buono. Tutto ci ha condotto solo ad un altro fallimento con ulteriori incubi notturni, tensioni nelle relazioni familiari e sociali, salute precaria, roba che non viene fuori nel salotto buono televisivo di Porta a Porta, per capirci ma solo all’IML (Istituto di Medicina Legale).

Poi ogni volta che esci da casa c’è la pressione sociale 2.0. Si incontra sempre qualcuno dal salumiere che commenta, con qualche stilettata: “E allora come va st’ Alitalia eh! Ah sì oggi sembra, secondo GoogleNews, che vi venderanno a Lufthansa”, anzi no, Air France, no Delta… E tu: “Maddai...”, mentre già pensi al “piede straniero sopra il cuor!”.

Cerchi di rilassarti un attimo dal parrucchiere, ma qualcuno afferma: “Ho letto in un tweet che vi ripigliano gli arabi”, e tu: “Noooo, questo è troppo, è insostenibile!”. O infine qualche politico t’incoraggia: “Dai forza che O’ Leary, dalla sua pagina Facebook (fake, si spera) comunica che vi vuole far firmare un bel contrattino dove tu paghi per andare a lavorare… Contenti no? l’importante oggi è avere uno straccio di lavoro, non importa se in cambio avrai un esaurimento nervoso o non verrai pagato, dai sù, sù col morale”. E tu: “Bang ”(intendetelo come vi pare: sparo ideale autodiretto o eterodiretto).

Ripeto: tutto ciò non sembra interessare le parti sociali che vorrebbero liquidare la pseudo compagnia di bandiera e passare di mano questa bomba ad orologeria prima che deflagri nel pieno delle prossime elezioni politiche.

Il termine multitasking non ha bisogno di grandi definizioni, deriva dal settore informatico e si riferisce alla capacità di un sistema computazionale di processare molti input simultaneamente per produrre degli output. Il multitasking umano dovrebbe essere maneggiato con più cautela nei processi lavorativi perché gli umani hanno chi più chi meno delle risorse limitate a disposizione. Il funzionamento dei classici processi cognitivi superiori (percezione, attenzione “selettiva”, attenzione “divisa”, “attenzione sostenuta” memoria etc.) è connaturato a emozioni e sentimenti insiti in ogni comportamento, in ogni processo decisionale, in ogni performance lavorativa.

Alcuni studi evidenziano come il nostro cervello, spinto a lavorare oltre certi limiti, in sovraccarico con il multitasking, aumenti esponenzialmente il rischio di errori e dimenticanze, diminuendo la produttività, boicottando i processi creativi e limitando spesso la qualità ottimale delle performance lavorative. Questo avviene in primis perché il cervello ha dei potenziali evocati e correlati agli eventi fisiologici, l’attenzione e la memoria di lavoro sono alla base dei processi di elaborazione e del comportamento e non sono infiniti. Di conseguenza se il datore di lavoro e i sindacati firmano per farti fare millecinquecento cose bene contemporaneamente, mi dispiace ma non è possibile. Nemmeno Einstein, che era Einstein, si dilettava in attività multitasking ma stava tutto il giorno a pensare alla relatività e faceva al massimo qualche linguaccia per scaricare la tensione o prendere una pausa: non esistevano ancora facebook, né netflix a distrarlo.

In secondo luogo l’ansia eccesiva elicitata dal fare miriadi di cose congiunte è nociva per la prestazione cognitiva e di conseguenza per l’azione. L’ansia è uno stato umorale che potrebbe essere rappresentato con una curva gaussiana, in un grafico che ci mostra come al suo aumentare o al suo scendere, al di fuori della normale curva fisiologica, decade la performance. Quindi se l’ansia è fisiologica si tramuta normalmente in eu-stress, siamo acuti, attivi e produttivi, pochi errori (specie se vi è molta automazione nell’attività espletata) ma se essa si abbassa o alza troppo, in questo caso un grafico ci mostrerebbe che l’ansia è inversamente proporzionale alla performance, tenuto conto del grado di implicazione dei processi cognitivi nell’elaborazione delle informazioni nel contesto lavorativo di riferimento.

Come assistente di volo mi sono spesso domandata perché un tempo esistevano tutta una serie di indennità lavorative e i carichi e i ritmi di lavoro erano piacevolmente ancora umani. Poi ad ogni rinnovo contrattuale o fallimento spariva una qualche indennità e il multitasking psico-fisico 2.0, proliferava ai livelli di guardia, causando in modo direttamente proporzionale l’aumento di stati ansiosi e di stress cattivo.

Dai che adesso tolgono anche l’indennità di volo… ma tranquilli metteranno in busta paga l’indennità da “fallimento aziendale cronico” utile per comprare gli ansiolitici e “updatare” gli smartphone, almeno fino all’arrivo alla pensione.

Ah, il multitasking fallimentare, che boccata di salute!

(25 gennaio 2018)