Applausi a bordo

Scritto da Fabio Consoli

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Chissà quante volte vi sarà successo... un finale un po' turbolento, il velivolo si scuote e scarta a destra e a sinistra senza alcun apparente controllo, i motori che aumentano bruscamente di potenza per poi repentinamente diminuire.

Poi ecco la terra che si avvicina: il velivolo addolcisce la sua discesa per galleggiare per quello che sembra un tempo infinito, e infine l'atterraggio più morbido che abbiate mai visto... a questo punto, molte volte, scatta spontaneo un applauso da parte dei passeggeri/pubblico, in parte liberatorio, in parte di sincero apprezzamento dell'abilità del pilota.

Ma come definiamo noi piloti un buon atterraggio? Vi passo la definizione che mi fu data anni fa da un mio istruttore americano: "A good landing is any landing you can walk away from" (Un buon atterraggio è qualsiasi atterraggio dal quale puoi uscire sulle tue gambe).

La realtà sta un po' nel mezzo: sulla pista di atterraggio, nel punto in cui il sentiero strumentale interseca la pista stessa, vi sono due grandi barre bianche che indicano il punto di toccata ideale: riferite a questo punto sono calcolate le prestazioni di atterraggio del velivolo sul quale vi trovate; se il manuale di volo dice che a tal peso vi servono tot metri di pista per fermare il velivolo, è da questo punto che questa distanza viene calcolata.

Allora molto della "delicatezza" dell'atterraggio dipende da quanta pista davanti abbiamo a disposizione per fermare il velivolo: in pratica, la bontà dell'atterraggio è in qualche modo inversamente proporzionale alla lunghezza della pista. Per fare un esempio, difficile sentire qualcuno applaudire dopo un atterraggio a Lampedusa: la pista è corta e non ci si può permettere di "cincischiare" per fare un atterraggio morbido correndo il rischio di dover frenare eccessivamente per evitare di uscire a fondo pista. Il velivolo viene "sbatacchiato" a terra il prima possibile per potere sfruttare tutta la pista rimanente per fermarsi.

Un altro fattore di cui tener conto è la presenza di acqua sulla pista. Un atterraggio su una pista bagnata dalla pioggia presenta il pericolo del fenomeno di aquaplaning. In pratica, le ruote del velivolo possono slittare su una sottilissima pellicola di acqua che ne provoca il bloccaggio durante la frenata, e conseguente rischio di scoppio, oppure degrada enormemente la capacità frenante del velivolo e ne rende problematico il controllo direzionale.

Allora, non abbiate fretta di giudicare la bontà di un pilota in base ai suoi atterraggi: chiedetevi prima quanta pista vi sia rimasta davanti per fermarvi in sicurezza ed apprezzate un bel touch down deciso nel punto esatto in cui si suppone che un velivolo debba toccare terra.

Un'ultima nota: a Mykonos ho fatto un atterraggio veramente duro (un po' troppo anche a fronte delle ragioni di cui sopra)... beh, mi hanno applaudito lo stesso, ma per la prima volta ho percepito una vena ironica in quell'applauso. Allora ho fatto il mio annuncio standard dopo un atterraggio particolarmente pesante: "Signori e signore, abbiamo colpito l'isola di Mykonos e ho il piacere di comunicarvi che, per fortuna, non l'abbiamo affondata".

(25 settembre 2010)

Chissà quante volte vi sarà successo... un finale un po' turbolento, il velivolo si scuote e scarta a destra e a sinistra senza alcun apparente controllo, i motori che aumentano bruscamente di potenza per poi repentinamente diminuire. Poi ecco la terra che si avvicina, il velivolo addolcisce la sua discesa per galleggiare per quello che sembra un tempo infinito, e infine l'atterraggio più morbido che abbiate mai visto... a questo punto, molte volte, scatta spontaneo un applauso da parte dei passeggeri/pubblico, in parte liberatorio, in parte di sincero apprezzamento dell'abilità del pilota.

 

Ma come definiamo noi piloti un buon atterraggio? Vi passo la definizione che mi fu data anni fa da un mio istruttore americano: "A good landing is any landing you can walk away from" (Un buon atterraggio è qualsiasi atterraggio dal quale puoi uscire sulle tue gambe).

 

La realtà sta un po' nel mezzo: sulla pista di atterraggio, nel punto in cui il sentiero strumentale interseca la pista stessa, vi sono due grandi barre bianche che indicano il punto di toccata ideale: riferite a questo punto sono calcolate le prestazioni di atterraggio del velivolo sul quale vi trovate; se il manuale di volo dice che a tal peso vi servono tot metri di pista per fermare il velivolo, è da questo punto che questa distanza viene calcolata.

 

Allora molto della "delicatezza" dell'atterraggio dipende da quanta pista davanti abbiamo a disposizione per fermare il velivolo: in pratica, la bontà dell'atterraggio è in qualche modo inversamente proporzionale alla lunghezza della pista. Per fare un esempio, difficile sentire qualcuno applaudire dopo un atterraggio a Lampedusa: la pista è corta e non ci si può permettere di "cincischiare" per fare un atterraggio morbido correndo il rischio di dover frenare eccessivamente per evitare di uscire a fondo pista. Il velivolo viene "sbatacchiato" a terra il prima possibile per potere sfruttare tutta la pista rimanente per fermarsi.

 

Un altro fattore di cui tener conto è la presenza di acqua sulla pista. Un atterraggio su una pista bagnata dalla pioggia presenta il pericolo del fenomeno di "aquaplaning". In pratica, le ruote del velivolo possono slittare su una sottilissima pellicola di acqua che ne provoca il bloccaggio durante la frenata, e conseguente rischio di scoppio, oppure degrada enormemente la capacità frenante del velivolo e ne rende problematico il controllo direzionale.

 

Allora, non abbiate fretta di giudicare la bontà di un pilota in base ai suoi atterraggi: chiedetevi prima quanta pista vi sia rimasta davanti per fermarvi in sicurezza ed apprezzate un bel "touch down" deciso nel punto esatto in cui si suppone che un velivolo debba toccare terra. 

 

Un'ultima nota: a Mykonos ho fatto un atterraggio veramente duro (un po' troppo anche a fronte delle ragioni di cui sopra)... beh, mi hanno applaudito lo stesso, ma per la prima volta ho percepito una vena ironica in quell'applauso. Allora ho fatto il mio annuncio standard dopo un atterraggio particolarmente pesante: "Signori e signore, abbiamo colpito l'isola di Mykonos e ho il piacere di comunicarvi che, per fortuna, non l'abbiamo affondata".