Quando il pilota è malato

Scritto da Antonio Chialastri

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I passeggeri talvolta si scandalizzano per via delle “scuse” addotte dai piloti per non volare. Che sarà mai un raffreddore per non venire al lavoro? Questo può essere visto allo stesso tempo come un complimento o come un’offesa.


Il complimento consiste nel fatto che i passeggeri (nella stragrande maggioranza dei casi) danno per scontato che l’aereo è il mezzo di trasporto più sicuro. In realtà, l’aereo non è sicuro, sono i piloti che contribuiscono a dare l’idea che non possa succedere nulla di grave e si sa che quando il rischio percepito è basso si tende a banalizzare. Quindi, da te, pilota, mi aspetto sempre il massimo. Non mi pare di aver mai avuto questo tipo di proiezioni con il macchinista delle Ferrovie, con il tranviere sotto casa, con il comandante del traghetto per la Sardegna.

La parte che invece può urtare la sensibilità del pilota è quella relativa alla messa in discussione della propria buona fede. Fare il pilota è un lavoro di vocazione, uno di quelli che si vuole fare da bambini, in cui ci si diverte mentre si lavora. Divertimento non significa ridere o scherzare: significa trarre piacere dallo svolgimento della propria attività, anche in mezzo alle difficoltà che vengono viste come problemi da risolvere.

Ebbene, dei sintomi abbastanza banali come il raffreddore non vengono percepiti dall’utenza come malattie invalidanti tali da non intraprendere il volo. Invece, sebbene l’aereo venga considerato un salotto che vola, c’è una ragione particolare.

L’occlusione dei canali interni che collegano naso e orecchie possono provocare, in condizioni estreme di mancanza di pressurizzazione o semplicemente di forte ratei di salita/discesa, dei dolori molto forti, arrivando in taluni casi alla rottura del timpano. Sono danni che fino a non molto tempo fa erano permanenti e dato che il mantenimento di una buona forma fisica è la condizione per svolgere il proprio lavoro si capisce come mai non si rischi volontariamente di andare in volo con un raffreddore.

Un’altra cosa legata al raffreddore è uno scompenso fisiologico chiamato “labirintite” in cui gli organuli che abbiamo dentro l’apparato uditivo che ci inviano le informazioni sul nostro assetto cominciano a dare i numeri. Quando siamo a terra possiamo paragonare questa sensazione alla camminata dell’ubriaco. In volo non ci possiamo permettere niente di tutto questo, perché se si seguono gli input che arrivano dal fisico si rischia di perdere il controllo dell’aereo.

Generalmente, i piloti godono di buona salute per una serie di fattori. Anzitutto sono stati selezionati dall’inizio verificando che non vi fossero delle tare permanenti per quello che riguarda fisico e mente. Vengono successivamente controllati con un check-up completo ogni anno fino a quarant’anni e poi ogni sei mesi, anche se la normativa adesso è cambiata e il controllo annuale si è esteso fino a sessant’anni. L’esame positivo delle analisi fatte dall’Ente che rilascia le licenze fa sì che il pilota si presenti sempre con una certa ansia di fronte al medico e faccia di tutto per mantenere una buona forma fisica.

Chi fa un lavoro che lo appaga pare abbia meno probabilità di ammalarsi di chi invece si intristisce in un’attività che lo sfinisce mentalmente. Fare sport diminuisce l’eventualità di complicazioni al circuito cuore-polmoni, anche se da quest’area provengono la maggior parte delle revoche delle licenze di volo.

Diciamo che quello che può capitare a bordo è imputabile per lo più a malori di tipo acuto, poiché le disfunzioni croniche sarebbero identificate in sede di check-up periodico. Quindi, dei problemi legati ad una non corretta alimentazione e qui si potrebbe aprire un vaso di Pandora da cui uscirebbe di tutto e di più. Purtroppo, noi non possiamo abituarci a mangiare tutto quello che viene messo in tavola, non abbiamo gli enzimi per tutte le spezie che vengono impiegate nelle diverse tradizioni culinarie del mondo e può capitare di incorrere in disavventure di questo tipo. Le compagnie aeree fanno preparare dei pasti ad hoc per l’equipaggio in modo che siano differenziati e che rispondano a delle norme igieniche certificate.

Un altro acciacco che si riscontra spesso è legato alla compressione della colonna vertebrale. La serie di accelerazioni verticali che subisce il velivolo, per quanto contenute, creano una pressione costante sulla colonna vertebrale che sfocia spesso in una discopatia. Avendo giocato a pallone fino ad età avanzata, ho constatato che madre Natura mi ha dotato di un sistema osseo e muscolare che ad oggi non ha ancora presentato il conto. Non ho mai avuto i crampi, anche ai tempi supplementari, non ho avuto stiramenti, né strappi muscolari.

Allo stesso modo, non ho mai avuto compressioni della colonna vertebrale e facendo un po’ di stretching riesco a rendere flessibile per quello che posso la schiena. Ecco perché non capivo i racconti di molti miei colleghi, quando mi raccontavano del colpo della strega, un blocco dell’articolazione posteriore, che si manifesta intorno ai quarant’anni senza preavviso, lasciando il malcapitato piegato in due dal dolore ed incapace di effettuare il benché minimo movimento.

In realtà, dopo aver scritto tutti questi racconti sul mondo del volo, ho avuto voglia di raccoglierli in un volume da pubblicare. Ovviamente, ho espresso i miei desideri alla lampada magica che ho a casa, chiedendo di vincere il Premio Strega.

Stamattina, piegato a metà, ho capito che il genio della lampada deve aver inteso un’altra cosa.

antonio.chialastri(at)manualedivolo.it

(10 aprile 2013)