Il passaggio di consegne

Scritto da Antonio Chialastri

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Il passaggio di consegne, in un ospedale, è una fase molto delicata, perché l’omissione di alcune informazioni può comportare un grave rischio per il paziente: allergie non comunicate, quadro clinico in evoluzione, dosaggi delle terapie, modalità di somministrazione e così via.


In aereo, il passaggio di consegne avviene quando l’equipaggio che ha appena volato sull’aereo scende e l’equipaggio montante sale a bordo. In quella sintetica fase, ai piedi della scaletta dell’aereo, i quattro colleghi si scambiano velocemente delle informazioni: Hai scritto qualcosa? Come è a venir giù? A casa?

Per un ascoltatore estraneo al mondo dei piloti, sembra quasi un linguaggio cifrato, come quando dalle intercettazioni telefoniche dei mafiosi si registrano frasi come: arriverà un cavallo che porterà la Zia Carmela dal parrucchiere... a parte il fatto che bisogna proprio essere dei fessi per parlare in questo modo senza sospettare che un ascoltatore non mangi la foglia: infatti, noi sappiamo che solo i mafiosi che parlano così vengono intercettati ed arrestati.

Quelli più smagati usano qualcosa di più naturale che abbia almeno una sintassi, oppure si mettono a cantare una canzone di Tiziano Ferro, che con ampio uso della paratassi, non sfigurano. Il problema è che l’intercettore ad un certo punto si chiederà: Ma come minchia parla forbito 'sto mafioso? E anche lì comincia un percorso virtuoso che porterà la Polizia ad arrestarlo dopo venti anni di latitanza a casa sua.

Per tornare alle comunicazioni tra piloti, le tre frasi vogliono dire:
Hai riportato qualche anomalia tecnica sul quaderno tecnico di bordo (il registro di tutte le anomalie tecniche che i piloti riscontrano durante il volo, che devono essere riparate prima della partenza)?
Che condizioni meterologiche hai incontrato durante la fase finale di arrivo all’aeroporto (che per noi sarà la parte iniziale del volo in uscita)?
Alla base di armamento la situazione è tranquilla o ci sono dei ritardi dovuti a traffico aereo, a condizioni meteorologiche, ad alterazioni dell’operativo?

Il contesto comunicativo deve essere stringato non per via delle intercettazioni, ma perché il livello acustico è tale che con i motori degli aerei nelle piazzole adiacenti, con il frastuono di tutti i mezzi che passano -carichi di bagagli, merci, o passeggeri- è difficile anche sentire il volume della voce umana.

Tra l’altro gli assistenti di volo formano un crocicchio a se stante, in cui si parla di un po’ di tutto, dalle ferie, ai viaggi fatti, dalle nuove situazioni familiari ai mille hobby che vengono coltivati al di fuori dell’orario di lavoro.

A volte, cambia l’equipaggio mentre sono ancora a bordo gli ultimi passeggeri che hanno ridotta mobilità ed hanno bisogno della squadra di addetti che verrà a prelevarli per portarli in aerostazione oppure su un altro aereo in coincidenza per un’altra destinazione. Dato che non possono rimanere da soli a bordo senza nessuno ad accudirli, come segno di cortesia tra colleghi, si dice “Vai pure, staremo noi con questi passeggeri fino all’arrivo della squadra”. Tutto ciò non al fine di andare a casa, ma per permettere all’equipaggio che scende di recarsi in un’altra piazzola dove prenderà un altro aereo con cui effettuare il volo successivo.

Sono rilassati, si vede che non hanno fretta, che la loro attività è centrata sulla relazione e non sulla performance. E la relazione richiede tempo, tant’è vero che è considerato  gesto di scortesia liquidare velocemente qualcuno mentre ci sta parlando.

I piloti, invece, sono target oriented, mirati all’obiettivo; fare le cose per bene ed in tempo. Cappello in testa, postura rigida, comunicazioni ridotte all’osso, pochi fronzoli. Tutto quello che dovevo sapere l’ho saputo, adesso a bordo che sistemiamo tutto prima dell’arrivo dei passeggeri.

In realtà, come dicevano i Romani, in medio stat virtus. Una aurea via di mezzo tra pensare alla relazione e ottenere il risultato sarebbe l’ideale per chiunque voglia fare sia il pilota che l’assistente di volo nel futuro.

Un lungo lavoro è stato fatto sulle competenze non tecniche, ma ancora tanto ne rimane, soprattutto per i piloti che hanno un’estrazione più orientata alle discipline tecniche. Tuttavia, con l’addestramento, anche i comportamenti possono essere modificati.

O, almeno, così piace pensare a mia moglie.

antonio.chialastri(at)manualedivolo.it

(19 aprile 2013)