Grazie, comandante...

Scritto da Antonio Chialastri

Stampa

Ieri sono atterrato a Genova con condizioni di tempo decisamente impegnative. Non che sia una novità, a Genova, che considero la mia bestia nera. Ma non sono il solo: anche Ulisse, passando per il golfo di La Spezia trovò una tempesta tale da far scrivere ad Omero che roba così non si era mai vista.

In effetti, esiste un fenomeno meteorologico, chiamato “ciclogenesi del golfo di Genova”, per via della formazione di nubi temporalesche che si sviluppano con una certa regolarità. Questi cumulonembi sono causati dall’aria calda che lambisce il mare, la quale, incontrando i rilievi liguri è costretta a salire. Chiusa su tre lati dal golfo, questa massa di aria si avvolge su se stessa, innescando un movimento vorticoso verso l’alto che attira tutta l’umidità presente nella zona. E' così che si crea il famoso “Mostro di Camogli”, località dove hanno pensato bene di sistemare la radioassistenza per iniziare la procedura di avvicinamento per l’aeroporto Cristoforo Colombo di Genova. Ulisse è sopravvissuto.. io pure.

In partenza da Roma, il bollettino di Genova riportava vento forte da nord, pista bagnata, pioggia sull’aeroporto. Insomma, c’erano buone possibilità di dirottare sull’aeroporto di Pisa, che invece si stava comportando da aeroporto civile, nel vero senso della parola: vento calmo, buona visibilità, nubi sparse.

Nel dare il benvenuto a bordo ai passeggeri li ho informati che le condizioni di Genova erano marginali per via delle condizioni meteorologiche e che c’era la possibilità di dirottare all’aeroporto alternato; nel nostro caso, Pisa. Meglio essere onesti e sinceri, piuttosto che mettere le persone davanti al fatto compiuto, quando ormai è troppo tardi.

Inoltre, ho fatto mia la tecnica del venditore di enciclopedia che esordisce con un bel: “Signora, non si preoccupi, questa enciclopedia costa soltanto diecimila euro”. Davanti a questa affermazione, la signora tende a sbattere violentemente la porta in faccia al venditore, che però, conoscendo i suoi polli, mette il piedi tra la porta e lo stipite, sfodera una sorriso alla premier e ribatte: “Scherzavo, signora, costa solo mille euro”. In quel caso, la signora compra l’enciclopedia, perché ha appena ricevuto uno sconto di novemila euro.

Anch’io ho notato che quando i passeggeri si trovano di fronte ad una situazione percepita come pericolosa, tendono ad essere molto più gentili con l’equipaggio, innescando un circolo virtuoso.

Ad ogni modo, in seguito all’annuncio non è sceso nessuno. Dalla cabina di pilotaggio, ho intravisto gli sguardi preoccupati dei passeggeri, le mani andare istintivamente al cellulare, ipotizzando di avvisare qualcuno di questo imprevisto. Poi, chiuse le porte, è iniziato il volo: troppo tardi per pentirsi, troppo presto per preoccuparsi.

Arrivati in prossimità di Genova, il controllore di torre ci riporta che sulla parte della pista verso la città il vento è di venti nodi, con raffiche fino a trenta nodi, mentre sull’altra porzione di pista il vento è calmo. Dato che “Scherzi a parte” non è ancora arrivato a fare incursioni sugli aerei, chiediamo di ripetere il bollettino. Il controllore di torre ci conferma: un parte di pista con la bufera, mentre l’altra parte vento calmo. Pensavo di averne viste tante, ma c’è sempre da imparare.

Iniziamo l’avvicinamento in mezzo ai temporali, con vento forte che induce una discreta turbolenza, arriviamo in prossimità della pista e cominciamo la circuitazione per l’atterraggio sulla pista opposta. L’atterraggio avviene in orario, con una toccata sulla pista molto dolce, dovuta anche al manto bagnato che attutisce in qualche maniera il contatto. Applausi scroscianti dei passeggeri, che scaricano così la tensione.

Ho deciso, in uno scatto di orgoglio, di posizionarmi sulla porta della cabina di pilotaggio per assistere allo sbarco dei passeggeri: facce sorridenti, ringraziamenti a non finire, complimenti sperticati, elogi che neanche mia madre mi farebbe; insomma, tutto quello che contribuisce a dare l’ego boost, come dicono gli inglesi.

D’altra parte, quando le cose non vanno bene e ci sono ritardi che dipendono da altri enti, sono sempre io che mi prendo le lamentele dei passeggeri, le contumelie a bassa voce (ma ben percepibili) di chi ipotizza che lo stia facendo apposta, perché faccio parte di una schiera di privilegiati che guadagna troppo.

Ieri invece una signora, terrea in volto, mi ha confessato che dovrei guadagnare un milione di euro l’anno per quello che faccio... non sa che guadagno di più.

antonio.chialastri(at)manualedivolo.it

(6 ottobre 2011)