Mi faccia il tagliando

Scritto da Antonio Chialastru

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Quello che ho speso per fare il tagliando della macchina di mio figlio mi ha spinto a riflettere sui costi della manutenzione degli aerei. Se tanto mi dà tanto, ogni pezzo di ricambio –e non puoi andare a prenderlo dal rottamatore– costa un occhio della testa. E in effetti è proprio così.


Non tutti sanno, tra l’altro, che un aereo di linea è composto da circa un milione di parti, considerando ovviamente viti, suppellettili, parti di motore, strumenti, etc. Ogni parte ha un’etichetta che ne comprova la provenienza e la destinazione. Sembra il classico percorso burocratico, ma in realtà ha una sua logica volta a garantire la sicurezza. In primo luogo, perché esiste un fiorente mercato clandestino di pezzi di ricambio “taroccati” che possono essere potenzialmente pericolosi.

E non tutti sanno che tutto ciò che riguarda l’aereo viene certificato -sì, anche la carta igienica di bordo- e la certificazione costa. Quindi, a parità di pezzi di ricambio, quello certificato costerà molto di più di quello “tarocco”.

Inoltre, il magazzino dei ricambi di una compagnia aerea contiene molti pezzi, ma non tutti. In primo luogo perché tenere fermi dei pezzi rappresenta un costo, come hanno insegnato in giapponesi quando hanno inventato la total quality, che nei suoi capisaldi ha il just in time, cioè ogni cosa deve essere consegnata quando serve e non molto prima o molto dopo.

Si capisce così, come mai vengano immagazzinati soltanto i pezzi più soggetti ad usura oppure quelli che, in caso di avaria, non permettono di far partire l’aereo. Ma vediamo nel particolare come funziona il ciclo dei pezzi di ricambio.

L’equipaggio ha a disposizione a bordo il Quaderno Tecnico di Bordo (QTB) che in inglese si chiama Aeroplane Technical Logbook (ATL). Al termine di ogni volo, l’equipaggio registra se ci sono state eventuali anomalie, indicando i sintomi riscontrati. Quindi, segnalerà qualcosa del genere: “Apparizioni saltuarie di una luce avviso di avaria durante la fase di crociera”. A questa osservazione il tecnico di manutenzione deve dare, al termine di un’analisi del sistema, una risposta scritta.

Così come un dottore fa con il suo paziente, anche piloti e tecnici si comportano allo stesso modo. Il pilota riporta i sintomi; il tecnico effettua la diagnosi (“Trovata spina di collegamento lenta”) e la relativa terapia (“Serrato l’attacco della spina; adesso è ok”). Se non può aggiustarla, deve consultare un manuale che indicherà la possibilità di partire con l’impianto inoperativo.

Infatti, in un aereo solitamente ci sono ampie ridondanze che permettono di ovviare all’inconveniente di un sistema attraverso l’azione di altri meccanismi di protezione. Questo elenco di apparati che possono essere inoperativi si chiama MEL (Minimum Equipment List). In questa lista sono incluse anche delle raccomandazioni sulla condotta dell’aereo o sull’utilizzo degli impianti rimanenti. Ad esempio, se un impianto di condizionamento non è efficiente, si raccomanda di non superare una certa quota per evitare che in caso si perda anche l’altro impianto l’aereo si trovi in assenza di pressurizzazione.

Se un impianto invece è necessario per effettuare il volo, vuol dire che o si aggiusta o l’aereo non parte. Ci sono anche alcune assurdità come quella del posacenere sulla porta esterna della toilette passeggeri, che per un’errata interpretazione della normativa, può impedire di effettuare il volo.

Personalmente, mi capitò mentre stavo facendo l’esame finale per diventare comandante. Ero a Parigi e l’assistente di volo mi riportò che il posacenere era mancante. “Grazie, ma è un volo non fumatori” le risposi. Ma il comandante esaminatore mi fece notare che consultando la lista degli equipaggiamenti minimi richiesti, risultava che il posacenere era un item richiesto per il volo.

Avrei dovuto cancellare un volo con centosessanta persone che non avevano altra alternativa che rimanere a Parigi, perdere le eventuali coincidenze, causare un danno a tutti per una norma senza senso che evidentemente non era stata aggiornata. Se tutti i voli sono ormai non fumatori, che senso ha cancellare un volo per il posacenere?

Mi assunsi dunque la responsabilità di partire. L’esaminatore fortunatamente era del mio stesso avviso. D’altra parte, il lavoro del pilota richiede per la maggior parte l’uso del buon senso del padre di famiglia che deroga dalle norme se intuisce che ciò non può costituire pericolo.

Allo stesso modo, però, il pilota può rifiutare di decollare anche se la normativa potrebbe concedere la possibilità di partire, se ritiene che le inefficienze non siano compatibili con il mantenimento di un livello di sicurezza adeguato. Ad esempio, se la pressurizzazione non funziona, è tecnicamente possibile effettuare il volo, però uno dei due piloti è interamente impegnato a regolare continuamente la valvola che mantiene la pressurizzazione ad un determinato valore. Quindi, il comandante deve valutare se le condizioni meteorologiche ed operative sono tali da non avere un aggravio di energia da spendere. Quindi, se c’è brutto tempo previsto a destinazione, è meglio non affrontare il volo sapendo che uno dei piloti è assorbito dalla gestione manuale di un impianto. In questo caso, la decisione è più conservativa.

Infine, alcune risposte divertenti date dai tecnici australiani su voci aperte sul quaderno tecnico di bordo dai piloti.

Il pilota riporta: “Scoperto topo a bordo”. Risposta: “Installato gatto”.

Il pilota scrive: “L’aeroplano si comporta male”. Risposta: “Abbiamo detto all’aereo di fare il bravo e di rispettare le buone maniere”.

Ancora il pilota: “L’atterraggio automatico è particolarmente duro”. Risposta: “Questo aereo non ha l’atterraggio automatico”.

Se è vero che il tecnico di manutenzione è un po' il medico dell'aereo, ebbene, in questi casi ha utilizzato la terapia del buon umore.

antonio.chialastri(at)manualedivolo.it

(7 marzo 2013)