Chiedimi dell'aereo malese

Scritto da Antonio Chialastri

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Da un po' di tempo in qua sto frequentando l'ambiente medico, fortunatamente non da paziente, ma perché da qualche anno c'è un processo di adeguamento della medicina agli standard aeronautici: sono diverse le organizzazioni mediche che si stanno rivolgendo ad esperti del nostro settore.


Vogliono capire come mai l'aviazione abbia questo record di sicurezza e cosa possono imparare e trasferire nel loro dominio. Ebbene in questi giorni, durante un meeting a Savona, ho avuto modo di immergermi in un mondo che non è il mio, ma che mi affascina moltissimo. È più quello che imparo di quello che insegno.

Quando però la sera si va a cena, immancabilmente ci si trova a discutere del “dietro le quinte” dei vari ambienti. Così, quello che i medici non dicono ufficialmente si può sapere in due modi: a tavola o davanti alla macchinetta del caffè. Lo stesso avviene per i piloti, che raccontano ciò che succede dentro le cabine di pilotaggio. Quindi, dopo aver appreso dei cosiddetti “eventi sentinella”, che si possono paragonare agli incidenti aeronautici gravi, la mia ipocondria si è notevolmente rafforzata e per vendicarmi ho cominciato a stuzzicare coloro che parlano con tanta disinvoltura di sangue e umori corporei.

“Chiedetemi dell'aereo malese” è stata la mia provocazione durante una cena luculliana e improvvisamente si sono tutti sollevati, perché mi hanno confessato che non osavano chiedere, ma erano sulle spine. Ognuno sperava che il proprio commensale cominciasse a porre qualche domanda al pilota, ma dato che nessuno si esponeva, anche gli altri, pur rosi dalla curiosità, tacevano in attesa. Così ho scatenato una ridda di domande sull'aereo malese.

Il problema è che io non ho la più pallida idea di cosa possa essere successo. Avrò studiato circa duecento incidenti, il cui final report, cioè la relazione finale che  individua cause e fornisce suggerimenti, è mediamente un tomo di duecento pagine, ma non ricordo precedenti di questo tipo.

Sì, ci sono stati piloti che si sono suicidati, altri che hanno dirottato l'aereo mentre il comandante era andato in toilette, altri che sono precipitati per errori, per missili lanciati da aerei da caccia russi, chi ha perso il sistema di pressurizzazione ed è svenuto, lasciando esaurire il carburante a bordo.

Insomma, errori di tutti i tipi, attentati che hanno richiesto molto acume per essere portati a termine, rotture strutturali, collisioni in volo mentre il controllore di volo dormiva, decolli in mezzo alla nebbia mentre in pista c'era un altro aereo; la lista degli incidenti che hanno causato una certa apprensione per la loro dinamica è bella sostanziosa. Ma che un aereo evaporasse non si era ancora mai sentito.

Le ipotesi fatte sono le più disparate e quindi faccio prima a confutare o stimolare un ragionamento sulla plausibilità del perché un aereo di linea con più di duecento persone a bordo sia sparito.

Prima ipotesi; il pilota si è suicidato. Bene, ma uno non si suicida a rate. Se vuole  farla finita, come accadde al pilota del volo Egyptair 990, che si inabissò precipitando dalla quota di crociera, una volta che il Comandante esce dalla cabina di pilotaggio porta a termine il proprio insano proposito. Non sette ore dopo. E qualcuno si è anche insospettito perché il Comandante aveva a casa un simulatore di volo molto sofisticato. Mi sarei meravigliato se avesse avuto “Il piccolo chimico”, ma un simulatore può averlo usato per prepararsi agli esami.

Seconda ipotesi; l'aereo è stato abbattuto. Anche lì, si potrebbe obiettare che nel momento in cui l'aereo ha fatto perdere le proprie tracce, ammettendo che sia stato abbattuto per errore, il raggio di ricerca è molto limitato, diciamo un'area di duecento miglia quadrate, tra l'altro anche in una zona di mare molto trafficato. Abbatterlo a duemilacinquecento miglia a sud-ovest dell'Australia, dove sono stati identificati alcuni oggetti da un satellite, non ha letteralmente senso, a meno che non si voglia impedire ad un aereo di linea di schiantarsi contro il pack dell'Antartide. Va bene i cambiamenti climatici, ma sarebbe un eccesso di zelo.

Terza ipotesi: l'aereo ha preso fuoco, mandando l'impianto elettrico in avaria. È abbastanza interessante, perché effettivamente ci sono buone probabilità che con fuoco ad una barra elettrica, vi sia fumo che può impedire ai piloti di vedere ed agire correttamente ed in più l'alimentazione elettrica deve essere spenta per evitare ulteriori corto circuiti. Questo spiegherebbe perché il transponder non ha inviato più la posizione dell'aereo agli schermi del controllore di volo. La domanda che mi faccio però è: quanto può durare un incendio a bordo? Per quanto sia, i motori pare che abbiano continuato a trasmettere informazioni alla base di armamento per ore dopo l'ultimo riporto radio.

Quarta ipotesi: perdita di pressurizzazione che ha colto di sorpresa l'equipaggio. Però, dopo l'incidente al volo Helios, tutti gli equipaggi sono allertati sul fatto che ci possa essere questa eventualità e sanno come intervenire. Inoltre, l'aereo non cambia rotta, ma va in automatico verso la destinazione.

Insomma, non paiono plausibili né ipotesi di incidente – se con questa definizione intendiamo un aereo che precipita nello stesso momento in cui perde il contatto radio – né l'ipotesi del dirottamento volontario, né quella di un errore di navigazione.

Non capisco soltanto come mai le autorità si siano affrettate a dichiarare l'aereo disperso e informare le famiglie della morte dei loro cari. Fino a che non siamo sicuri, la speranza va comunque alimentata, anche perché la perdita di una persona è un evento destabilizzante sotto molti profili e non c'è motivo di infliggere dolore gratuitamente se non si hanno prove certe.

A meno che le autorità malesi non abbiano ragionevoli convinzioni sul fatto che  l'evento abbia una causa dolosa. In questo caso, forse, è bene interrogarsi sul carico pagante, sia tra i passeggeri sia analizzando il cargo trasportato.

Oltre, ovviamente, ad analizzare il profilo psicologico dei piloti. E su quello c'è sempre da trovare qualcosa, altrimenti avrebbero fatto un altro lavoro.

(22 aprile 2014)