Sono solo canzonette - II

Scritto da Antonio Chialastri

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(segue) II - In effetti, c’è una sorta di provincialismo a sentire scimmiottare in un brutto inglese la musica che non ci appartiene. Si canta in inglese spesso perché non ci sono testi adeguati in italiano, è più facile inserire le parole nella ritmica e perché si punta sulla parte armonica più che sui significati.


In realtà, i nostri campioni di vendite non sono coloro che hanno scelto la strada del rock, ma quelli che hanno puntato sul sound italiano. Il campione di vendite assolute, con centocinquanta milioni di dischi venduti è Adriano Celentano, seguito da Mina, poco sotto, poi da Pavarotti con centoventi milioni. Al quarto posto Patty Pravo con centodieci milioni di dischi, seguita ex-aequo da Al Bano, Toto Cutugno, i Pooh e Giorgio Moroder (per quelli che non masticano di musica, è colui che ha inventato la disco-music).

Uno potrebbe fare un salto sulla sedia sentendo che Toto Cutugno ha venduto così tanto, anche considerando che nel mondo si contano veramente su una mano gli artisti che hanno venduto più di lui. Eppure, è famosissimo in Bulgaria e in tutto l’Est, per non parlare della Russia, ma anche l’Australia, la Finlandia e tanti altri Paesi. Addirittura la canzone l’Italiano è stata tradotta in non so quante lingue (incluso l’ebraico e il finlandese) per cantare inni nazionali.

Il suo segreto è essere semplice ed arrivare immediatamente. Come sa qualsiasi artista, la cosa difficile è fare le cose facili. E noi italiani, questo sound ce lo hanno messo nel DNA, per cui produciamo spontaneamente arte anche quando non sappiamo di farla.

Per capire il successo di questi nostri artisti, occorre fare alcune riflessioni. Per vendere tanti dischi, devi aver cantato tanti anni. In secondo luogo, la musica deve essere apprezzata nei quattro mercati discografici che alimentano il bacino delle vendite. Questo mercato si basa su quattro capisaldi: il mercato interno italiano, il mercato per gli stranieri, il mercato per gli italiani all’estero (che sono più o meno quanti noi), e il mercato dei cantanti italiani all’estero. In quest’ultimo caso, chi viaggia si sarà sicuramente imbattuto in qualche cantante italiano, sconosciuto nel Belpaese, ma con un successo strepitoso nei Paesi dove si sono stabiliti.

In terzo luogo, il periodo storico più fertile dal punto di vista delle vendite è stato quello che va dagli anni ’70 – quando si sono cominciati a vendere i riproduttori da casa, gli hi-fi, gli stereo, le cassette e più tardi i lettori CD – agli anni ’90, oltre i quali c’è stato l’avvento dei file venduti su Internet. Oggi, un artista guadagna molto con le serate, con le partecipazioni a manifestazioni canore, con i passaggi televisivi, con le quote di I-tunes, ma meno con i dischi.

L’Italia, tra l’altro, è il Paese con più festival musicali l’anno. Se uno fa la conta, ci accorgiamo che sono quasi uno al giorno. In Messico, ce ne sono due e negli Stati Uniti, la patria del jazz e del rock, sono pochissimi i festival musicali.

Lo stesso Festival della canzone italiana a Sanremo, che noi snobbiamo come se fosse una sagra della salsiccia in Umbria, è seguito in cinquantaquattro Paesi nel mondo. Vuol dire che un terzo dell’umanità è collegata per sentire le nostre canzonette. Ma per un turco che vede Sanremo, noi non vediamo il festival di Ankara, né quello di Marrakech. Quindi, gli altri sono interessati a noi, ma noi non ricambiamo questo interesse. Siamo abituati troppo bene.

Le canzoni italiane più famose nel mondo sono “Nel blu dipinto di blu” di Domenico Modugno, “Azzurro” di Paolo Conte, cantata da Celentano, è “’O sole mio”, di Capurro e Capua (che morirono in povertà). Io spesso mi mettevo al pianoforte, durante le soste in luoghi sperduti, e inesorabilmente arrivava qualcuno del posto a chiedermi una di queste tre.

“Volareee, ooh, ooh” è forse il ritornello più riuscito della musica italiana. Non a caso, Modugno ha venduto ventidue milioni di copie con questa canzone. Tradotto al giorno d’oggi, è come aver incassato duecentocinquanta milioni di euro. Neanche il piano Marshall ha portato tutti quei soldi in Italia.

Alla faccia delle canzonette.

(9 febbraio 2016)