Filosofia aeronautica - I

Scritto da Franco Di Antonio

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Anche se l'accostamento dei due termini, “filosofia” e “aeronautica” può sembrare ardito, si può a giusto titolo parlare di scelte filosofiche citando le teorie di base a cui si uniformano le valutazioni degli ingegneri progettisti circa le tecnologie da impiegare per progettare e costruire un aereo.


Nell’epoca pionieristica si adottarono tecniche e teorie a disposizione dei sognatori che volevano volare ad ogni costo. Fondamentalmente, legno e tela per le strutture, qualche conoscenza di fluidodinamica per le superfici alari, e l’innovazione tecnologica di quei tempi per la propulsione: il motore a scoppio o “ciclo Otto”. Con l’evoluzione dei mezzi aeronautici si è proceduto a vere e proprie scelte nell’adozione di certe tecniche piuttosto che altre.

Procedendo sempre,nelle prestazioni di volo, alla ricerca del più veloce, del più grande, del più distante, del più alto, si sono introdotti materiali sempre più robusti a parità di peso, motori sempre più potenti, profili alari sempre più prestanti. Siamo arrivati ai giorni nostri in cui il limite delle prestazioni degli aerei non è più nei materiali e nelle tecnologie ma negli esseri umani.

Alla fine degli anni ’80 si è così arrivati alla produzione di aeroplani “digitali”. Il McDonnel Douglas MD-11, per il lungo raggio, e l’Airbus A-320, per il medio raggio.

Le scelte “più estreme” riguardarono l’aereo europeo. La digitalizzazione del progetto fu totale, dal progetto degli stabilimenti di costruzione, alla cellula della fusoliera, dai materiali, fino ai sistemi di controllo del mezzo. Si passò dalla storica concezione degli aerei con aerodinamica intrinsecamente stabile (che tendevano cioè a riassumere spontaneamente le normali condizioni di volo in caso di perturbazione), ad aerei con aerodinamica intrinsecamente instabile.

La motivazione di questa scelta è data dalla necessità di costruire cellule più leggere, e quindi in grado di resistere alle sollecitazioni di volo grazie ai “comandi attivi”. Tradotto in parole più semplici, un aereo instabile non è pilotabile da un essere umano e quindi ha bisogno di sistemi informatici per rimanere in condizioni stabili di volo. Questo ha introdotto in aeronautica tutta una serie di tecniche prima sconosciute, come l’uso degli algoritmi per stabilire le capacità di controllo dei software sui sistemi di condotta degli apparecchi.

Se si pensa che dentro questi aerei ci sono un centinaio di elaboratori elettronici si capisce bene che non può esistere un pilota in grado di capire tutto quello che fanno questi sistemi di computazione. Soprattutto diventa impossibile conoscere, se non in maniera appena approssimativa, le logiche e le filosofie che sottendono i vari elaboratori.

Questo fatto ha introdotto in aviazione il problema del confronto tra computer e piloti, sempre più spesso si scopre che ci sono aree dove i sistemi digitali non sanno cosa fare, mentre i piloti non sanno cosa sta accadendo e quindi non possono intervenire.

Al limite, come sostengono alcuni, sarebbero più semplici aerei del tutto senza piloti: si eviterebbe tutta la problematica dell’interazione uomo-macchina ed i sistemi sarebbero pensati in modo da agire anche in caso di avarie e mancanze di programmazione, cosa che in teoria ora spetta ai piloti.

(continua)

(10 settembre 2012)