Ma i cieli sono ancora blu?

Scritto da Roberto Malaguti

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La sicurezza nell’alto dei cieli (parte I)
La sicurezza è un bene primario. Forse non è molto chiaro a qualcuno, ma la sicurezza, intesa come la capacità di poter usufruire di un servizio, una risorsa o uno spazio fisico è alla base di tutte le altre attività sociali.


Lo spazio aereo, inteso come la porzione di cielo che sovrasta le nostre teste, o più correttamente il territorio di uno Stato, è una risorsa., né più e né meno come i terreni agricoli, le aeree industriali o residenziali, e gli specchi d’acqua di interesse economico, e come tale deve essere protetta.

L’indisponibilità dello spazio aereo è un grosso problema. L’inibizione dello spazio aereo di qualcun altro è assimilabile (e spesso considerato in pieno) un atto di guerra, al pari di un blocco navale o di una sanzione economica (anche se molti considerano queste ultime non un atto di aggressione, ma un viatico per evitarne… ma provate a vivere in un paese sotto sanzioni economiche o embargo e poi mi dite se non trattasi di aggressione vera e propria).

Molti avvenimenti recenti hanno portato allarme almeno in una parte della pubblica opinione, la domanda quindi “Lo spazio aereo Italiano, è da considerarsi sicuro?” ha una risposta positiva o negativa?

La piena disponibilità dello spazio aereo nazionale, quella che tecnicamente si definisce “Air Dominance” è il compito primario dell’Aeronautica Militare. La gestione dello stesso e il suo “sfruttamento” a fini commerciali, la sua organizzazione, la gestione delle infrastrutture necessarie e lo sviluppo delle procedure di utilizzo è invece appannaggio politico del Governo, per il tramite degli atti del Ministero dei Trasporti e delle infrastrutture. Ministero che utilizza i servizi di un’agenzia specializzata l’ENAV.

Come si garantisce allora “il diritto nazionale allo spazio aereo”? L’Italia, integrata in un complesso di organizzazioni sovranazionali (NATO, UEO, EU) assicura il controllo dello spazio aereo di sua competenza tramite una rete di sensori in grado di consentire la copertura di tutto lo spazio aereo d’interesse anche a quote relativamente basse (almeno in buona parte del territorio). Il tutto è controllato dal Centro Operativo del Comando Forze Aeree che conta su di un certo numero di vettori per la risoluzione di quelli che si configurano come minacce o possibili minacce alla sicurezza dello spazio aereo.

Questi vettori sono costituiti da velivoli pilotati ( Eurofighter Typhoon ) o teleguidati (missili). In questo momento la difesa dello spazio aereo è compito dei Gruppi Caccia su Eurofighter Typhoon dislocati a Grosseto, Trapani e Gioia del Colle. I tempi di risposta, sono molto rapidi, ma certo non più quelli dei leggendari “scramble” degli anni passati in cui a pochi minuti dall’allarme i leggendari F104 erano lanciati in volo supersonico verso i potenziali aggressori. Altri tempi, altre macchine, altre minacce.

Oggi la sfida è per certi versi molto più impegnativa di allora, nonostante lo sviluppo delle macchine e delle tecnologie a disposizione. Ad un potenziale nemico che opponeva tecnologie sostanzialmente simili e numeri preponderanti, ma un’unitarietà di tecniche ed una catena di comando certa e riconosciuta e che mirava a raggiungere obiettivi noti, oggi si è sostituito un nemico sfuggente, nascosto, tecnologicamente quasi primitivo, ma proprio per questo di difficile identificazione. Un nemico che può attaccare senza remore né dichiarazioni di guerra, obiettivi scelti su base non tattica o strategica, ma emozionale o di opportunità.

Cosa, chi e come lancia la sfida? e come chi con quali mezzi e soprattutto con quali prospettive la raccoglie? Alla prossima puntata... (continua)

(12 settembre 2015)