Aeronauticamente emergenti - III

Scritto da Pietro Pallini

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(segue) III - Alla luce di quanto fin qui descritto, non c'è dunque da stupirsi che le statistiche pongano l'Indonesia agli ultimi posti per quello che riguarda la sicurezza aerea, ed una ulteriore conferma pare venire da un'altra classifica, quella “indipendente” del sito australiano AirlineRatings.com.


Questa classifica si basa su diversi fattori, tra cui beninteso i risultati degli audit di sicurezza delle varie organizzazioni ufficiali come l'EASA (la già citata black list EU), l'americana FAA, e la IATA (l'associazione internazionale dei vettori commerciali), integrati dalle statistiche di incidentalità degli ultimi anni e dagli eventi incident/accident dell'ultimo anno.

Ebbene, se come abbiamo già riportato la compagnia aerea più sicura è stata nel 2015 la Qantas, tra le dieci linee aeree meno sicure figurano, per lo stesso periodo di tempo, ben nove compagnie indonesiane, tra le quali anche Batik Air, protagonista dell'ultima uscita di pista di cui abbiamo fatto cenno nella seconda parte dell'articolo.

Che “ultima” ormai non è più, visto che il 21 dicembre scorso un Embraer ERJ-195 (bigetto da 120 posti) di Kal Star, altra compagnia indonesiana compresa nella bottom ten di AirlineRatings.com, ha subito la stessa sorte durante un atterraggio sotto il temporale a Kupang: anche qui fortunatamente pochi danni alle persone, e un aereo da buttare via.

E non è solo per la necessità di rimpiazzare gli aerei andati distrutti che le compagnie indonesiane figurano tra i clienti più attivi dei vari produttori, con la Boeing (e i suoi B-737) in testa alla classifica dei fornitori. A rimpinguare l'elenco degli ordini fermi e delle opzioni è soprattutto il tasso di sviluppo del settore, che come in tutto l'Estremo Oriente, sta conoscendo uno sviluppo notevole; le varie compagnie indonesiane, grandi e piccole, hanno piazzato ordini per decine di nuovi aerei di breve e medio raggio.

Trattandosi, appunto, di un paese definito come “aeronauticamente emergente” e con una certa importanza strategica e commerciale, ci si potrebbe dunque aspettare che le autorità aeronautiche e le forze politiche stiano con tutti i mezzi cercando di migliorare la situazione.

Ebbene, non è così, perché a fronte di un numero tanto elevato di incidenti gli interventi di miglioramento delle infrastrutture arrivano col contagocce, e spesso i fondi assegnati spariscono misteriosamente.

Le compagnie aeree, dal canto loro, vengono da più parti accusate di usare modelli di turnazione pesanti, mentre fonti anonime interne adombrano il sospetto di una cultura industriale tendente a scoraggiare ogni comportamento, dall'imbarco di carburante extra alla diversione all'alternato, capace di generare livelli di sicurezza migliori, ma anche un aumento dei costi.

Dulcis (si fa per dire) in fundo, anche ogni invito a rimettere in discussione i metodi di selezione, addestramento, controllo e riaddestramento degli equipaggi viene pervicacemente, e sempre adducendo il motivo dell'aumento di costi, ignorato.

E del resto, di che si dovrebbero preoccupare le compagnie, visto che chi è preposto ad esercitare il controllo su di loro, ministro dei Trasporti in primis, all'indomani del già ricordato incidente di Batik Air del novembre scorso, ha sbrigativamente chiuso l'argomento dichiarando che “...visto che su 10 aerei atterrati quel giorno solo uno era andato fuori pista, la colpa era senz'altro da attribuire ai piloti.”?

Come se un rateo di incidenti del 10% fosse tranquillamente accettabile nel trasporto aereo...

(10 gennaio 2016)